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Corte di Cassazione, sez. V
Ordinanza n. 21865 del 07/09/2018
RITENUTO che l'Agenzia delle Entrate ricorre, con un motivo, per la cassazione della sentenza n. 36/32/10, depositata il 22/3/2010, della Commissione tributaria regionale della Lombardia, che ha confermato la decisione di primo grado con la quale erano stati annullati, su ricorso della W. s.r.I., gli avvisi di accertamento per mancate ritenute IRPEF, con riferimento ai compensi erogati dalla predetta contribuente alla società di diritto svizzero S., operante come agenzia di "Model Management", direttamente a modelli e modelle non residenti, per prestazioni video eseguite in Italia, relativamente agli anni di imposta tra il 2000 ed il 2003, sul rilievo che "le prestazioni dei modelli in sfilate e servizi fotografici non sono prestazioni di artisti dello spettacolo, in quanto non contano le capacità artistiche dei modelli ma solo la loro attitudine a presentare il prodotto per la commercializzazione attraverso pose e atteggiamenti", per cui il compenso da essi percepito non è soggetto ad imposizione in Italia, trattandosi di attività di lavoro autonomo, in applicazione dello schema di convenzione OCSE, "che prevede la tassazione del reddito da lavoro autonomo solo nello Stato di residenza e non nello Stato dove si è percepito il compenso, come previsto dal combinato disposto degli artt. 7, 14 e 17 dello schema OCSE"; che la società intimata resiste con controricorso;
CONSIDERATO
che con il motivo d'impugnazione la ricorrente denuncia, in relazione all'art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 23, comma 1, lett. d), e 23, comma 2, lett. d), d.p.r. n. 917 del 1986, giacché la CTR non ha considerato che i compensi percepiti dalle controparti contrattuali della società W., siano esse persone fisiche (modelli e modelle) o giuridiche (la intermediaria elvetica società S.), soggiacciono in ogni caso alla autorità impositiva dello Stato italiano, tant'è che la stessa sentenza impugnata dà atto che i compensi sarebbero assoggettabili a ritenuta IRPEF del 30%, essendo riferibili ad attività di lavoro svolta in Italia, mentre lo schema di convenzione OCSE è un modello normativo astratto che di per sé non costituisce fonte di diritto, né è idoneo a derogare il diritto interno, limitandosi piuttosto a prevedere linee guida cui i singoli Stati generalmente si attengono nel negoziare gli accordi bilaterali finalizzati ad evitare la doppia imposizione fiscale; che, invero, per verificare la legittimità dell'esercizio della potestà impositiva dello Stato occorre esaminare prima la norma interna e poi il disposto convenzionale, ed in base all'art. 3 del d.p.r. n. 917 del 1986, i soggetti non residenti sono tassati esclusivamente sui redditi prodotti nel territorio dello Stato, con un chiaro collegamento di natura reale che fa leva sulla circostanza che le relative attività vengono svolte in Italia, mentre l'elencazione di tali redditi è contenuta nel successivo art. 23, secondo il quale - per quanto qui d'interesse - sono prodotti in Italia i redditi di lavoro autonomo derivanti da attività esercitate nel territorio dello Stato (art. 23, comma 1, lett. d), d.p.r. n. 917 del 1986); che l'art. 14 del modello di Convenzione OCSE prevede, in tema di lavoro autonomo, che "i redditi che un residente di uno Stato contraente ritrae dall'esercizio di una libera professione o da altre attività di carattere indipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che detto residente non disponga abitualmente nell'altro Stato contraente di una base fissa per l'esercizio delle sue attività. Se egli dispone di una base fissa, i redditi sono imponibili nell'altro Stato, ma soltanto nella misura in cui sono imputabili a detta base fissa"....."con l'espressione libera professione si comprende le attività indipendenti di carattere scientifico, letterario, artistico, educativo, pedagogico, nonché le attività indipendenti dei medici, avvocati, ingegneri, architetti, dentisti e contabili"; che, in tema di redditi percepiti dagli artisti (e sportivi), il paragrafo 1 dell'art. 17 stabilisce che il reddito percepito da un artista di teatro, del cinema, della radio o della televisione o un musicista (nonché da uno sportivo), per la sua attività personale esercitata nell'altro Stato, può essere tassato in questo altro Stato, per cui il soggetto può essere tassato sia nello Stato di esecuzione dell'opera o della prestazione, sia in quello di residenza, pertanto, a differenza degli altri lavoratori autonomi, disciplinati dall'art. 5 del modello OCSE, unitamente alle imprese, la tassazione dei redditi dell'artista (o dello sportivo) può avvenire in uno Stato per il solo fatto che la prestazione è ivi resa, a prescindere dalla sussistenza di una stabile organizzazione che l'art. 14 del modello richiede affinché il lavoratore autonomo possa essere tassato nello Stato in cui eroga la prestazione; che il diverso trattamento si giustifica con l'esigenza di assoggettare a tassazione, nello Stato in cui si manifestano, prestazioni artistiche che per la loro intrinseca natura permettono di conseguire notevoli redditi in un arco temporale molto ristretto, e al fine di prevenire condotte elusive il paragrafo 2 dell'art. 17 citato stabilisce inoltre che, quando il reddito derivante dalle attività svolte dall'artista (o dallo sportivo) sono imputate ad un altro soggetto (la star company), i redditi possono comunque essere tassati nello Stato nel cui territorio viene erogata la prestazione e nel quale traggono origine;
che, tanto premesso, la ratio decidendi della sentenza impugnata ruota attorno all'affermazione che l'attività di modelli e modelle non rientra, nel caso si specie, nell'ambito di applicazione dell'art. 17 del modello di Convenzione OCSE, trattandosi di attività destinata alla realizzazione di video pubblicitari e non di spettacoli artistici (intesi in senso lato), che si tratta dell'attività, di carattere personale, propria dei prestatori autonomi, che quindi il compenso erogato dalla società w. ricade nell'ambito del reddito di lavoro autonomo, che va esclusa l'imponibilità ai fini IRPEF, ed il correlato obbligo in capo al sostituto di effettuazione della ritenuta alla fonte sul compenso corrisposto al non residente, in ragione della "esistenza delle convenzioni schema OCSE", trovando, dunque, applicazione il principio di deroga al sopra ricordato criterio di territorialità, altrimenti operante, previsto dall'art. 14 del Modello OCSE nel caso di assenza di una base fissa del professionista;
che la censura erariale non coglie nel segno, in quanto l'applicabilità della disciplina convenzionale basata sul Modello OCSE, e con essa la circostanza che i percettori dei redditi risiedevano in Stati, tra i quali la Svizzera, i quali avevano concluso con l'Italia convenzioni di tale genere, è circostanza data per scontata sia negli avvisi di accertamento, sia nel giudizio di merito;
che neppure può essere posta in discussione, in questa fase di legittimità, l'affermazione del giudice di appello, frutto di motivata valutazione degli elementi fattuali acquisiti al giudizio non adeguatamente contrastata dall'Agenzia delle Entrate, che le prestazioni rese (in Italia) da modelli e modelle non sono qualitativamente inquadrabili tra quelle di natura propriamente artistica, e che "l'intermediario", identificabile nella società di diritto elvetico S., non avendo costituito (in Italia) "una stabile organizzazione", non disponeva "di un proprio rappresentante fiscale";
che, sulla base di quanto precede, la sentenza impugnata (del tutto correttamente ha fatto applicazione della Convenzione tra la Repubblica Italiana e la Confederazione Svizzera, recepita con I. n. 948 del 1978, la quale, conformemente al Modello OCSE, prevede, all'art. 7, che "gli utili di un'impresa si uno Stato contraente sono imponibili solo in detto Stato, a meno che l'impresa non svolga la sua attività nell'altro Stato per mezzo di una stabile organizzazione ivi situata", ed, all'art. 14, che "i redditi che un residente di uno stato contraente ritrae dall'esercizio di una libera professione o di altre attività indipendenti di carattere analogo sono imponibili solo in detto Stato, a meno che detto residente non disponga abitualmente nell'altro Stato contraente di una base fissa per l'esercizio della sua attività.";
che le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo;
P.Q.M.
LA CORTE, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in C 5.000,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed accessori di legge.
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