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Corte di Cassazione, Sez. V
Ordinanza n.21872 del 07/09/2018
RITENUTO CHE
1. La società M. s.p.a. impugnava l'avviso di accertamento relativo ad Irpeg, Irap ed Iva per l'anno di imposta 2003 con cui erano stati contestati costi indeducibili e plusvalenze non dichiarate. La CTP di Torino accoglieva il ricorso con sentenza che era confermata dalla CTR del Piemonte sul rilievo, per quanto qui ancora interessa, che gli stampi rinvenuti presso la società M. S.p.A., utilizzati nel 2002 e venduti al committente nel 2003, costituivano beni merce e non già beni da trattare fiscalmente come immobilizzazioni soggette ad ammortamento che, in quanto venduti nel 2003, avevano generato plusvalenza tassabile. Ciò in quanto la società non avrebbe potuto utilizzare gli stampi per lavorazioni diverse da quelle commissionate dal proprio cliente e, una volta ultimata la lavorazione, erano stati trasportati presso la committente che ne aveva pagato il prezzo, sicché gli stampi dovevano considerarsi fin dall'origine di proprietà del committente che li aveva concessi in comodato all’appellata per il tempo necessario alle lavorazioni.
2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l'agenzia delle entrate formulando un motivo. La contribuente si è costituita in giudizio con controricorso illustrato con memoria.
CONSIDERATO CHE
1. Con l'unico motivo di ricorso l'agenzia delle entrate deduce difetto di motivazione, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., in quanto la CTR non ha motivato in ordine al rilievo formulato dall'Ufficio secondo cui gli stampi prodotti nel ciclo produttivo 2002 erano di proprietà della contribuente, la quale successivamente li aveva venduti (nel 2003) realizzando la plusvalenza. Durante il periodo in cui gli stampi erano stati utilizzati per le lavorazioni, dunque, essi erano strumenti volti alla produzione sicché dovevano essere trattati come beni strumentali.
2. Osserva la Corte che il motivo è inammissibile poiché il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede dì legittimità ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ., sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può, invece, consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perché la citata norma non conferisce alla Corte di legittimità il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione fatta dal giudice del merito, al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento e, a tale scopo, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. n. 6288 del 18/03/2011; Cass. n. 27162 del 23/12/2009). Nel caso che occupa la CTR, con valutazione in fatto che appare immune da vizi logici, ha accertato che la società non avrebbe potuto utilizzare gli stampi per lavorazioni diverse da quelle commissionate dal proprio cliente e, una volta ultimata la lavorazione, essi erano stati trasportati presso la committente che ne aveva pagato il prezzo. Da tale accertamento in fatto ha poi tratto la conclusione che si trattava di stampi che si dovevano considerare fin dall'origine di proprietà del committente che li aveva concessi in comodato all'appellata, la quale li aveva utilizzati per il tempo necessario alle lavorazioni ordinate dal committente medesimo e li aveva poi restituiti.
3. Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso e condanna l'agenzia delle entrate a rifondere alla contribuente le spese processuali che liquida in euro 10.000,00, oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed oltre agli accessori di legge.
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