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Frode Carosello: costi deducibili anche in caso di consapevolezza. Ulteriore conferma della Cassazione.

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Estratto: “dev'essere rilevato l'intervenuto lo jus superveniens più favorevole nelle more, dal momento che questa Corte ha già affermato come "In tema di imposte sui redditi, ai sensi dell'art. 14, comma 4 bis, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (nella formulazione introdotta con l'art. 8, comma 1, del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, conv. in legge 26 aprile 2012 n. 44), che opera, in ragione del precedente comma 3, quale "jus superveniens" con efficacia retroattiva "in bonam partem", sono deducibili i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti (inserite, o meno, in una "frode carosello"), per il solo fatto che siano stati sostenuti, anche nell'ipotesi in cui l'acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti di costi in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità oppure di costi relativi a beni o servizi diretta- mente utilizzati per il compimento di un delitto non colposo." (Cass. 17 dicembre 2014 n.26461); la previsione normativa, la cui entrata in vigore è successiva alla pubblicazione della sentenza impugnata, trova applicazione nel caso di specie e, dunque, per quanto di ragione sopra indicato, il motivo è fondato”.

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Corte di cassazione

Ordinanza n. 21812 del 7 settembre 2018

Rilevato che:

- Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell'Emilia Romagna, (in seguito, CTR) veniva accolto l'appello proposto dall'AGENZIA DELLE ENTRATE e, per l'effetto, riformata la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia (in seguito, CTP) n.578/02/2007, avente ad oggetto un avviso di accertamento emesso nei confronti della C. S.R.L. (in seguito, la contribuente) per IRAP ed IVA relativo all'anno di imposta 2004; - in particolare, veniva disposto il recupero a tassazione di un imponibile di oltre € 3.000.000,00 a fronte di fatture asseritamente soggettivamente inesistenti emesse da importatori nazionali di autovetture provenienti da fornitori stranieri appartenenti all'Unione Europea; la contribuente proponeva ricorso avanti alla CTP deducendo, tra l'altro, la propria estraneità a frodi carosello nell'importazione delle autovetture contestate, l'aver praticato prezzi di mercato nella rivendita degli autoveicoli, l'inapplicabilità dell'art.14 comma 4 bis legge n.537/1993; il ricorso veniva accolto dai giudici di primo grado; - L'Agenzia proponeva appello contestando la motivazione della CTR nella parte in cui non riteneva dimostrata la partecipazione della contribuente alle frodi carosello, il legittimo recupero ad imposta dell'IVA relativa alle fatture soggettivamente inesistenti e il legittimo disconoscimento ai fini delle imposte dirette ed IRAP dei costi relativi a fattispecie penalmente rilevanti ex art.14 comma 4 bis legge n.537/93; l'appello veniva accolto dalla CTR; - Avverso la sentenza propone ricorso per Cassazione la contribuente affidato a quattro motivi, cui replica l'Agenzia con controricorso.

Ritenuto che:

- Con il primo motivo, la contribuente censura la violazione del combinato disposto degli artt. 61 e 36 secondo comma nn. 2 e 4 d.lgs n.546/92, nonché 132 c.p.c. ai sensi dell'art.360 comma 1° n.4 c.p.c., in quanto la CTR avrebbe omesso di illustrare lo svolgimento della fase di primo grado del giudizio, causando la nullità della sentenza;

- Trova accoglimento a riguardo l'eccezione di inammissibilità del motivo formulata dall'Agenzia in controricorso, per difetto di autosufficienza, in quanto la contribuente non riporta la parte della sentenza sullo svolgimento del fatto e, comunque, l'analitica ricostruzione dei motivi di appello e delle controdeduzioni dell'appellata, che soli consentirebbero una precisa identificazione del thema decidendum affrontato dalla CTR e del suo decisum ai fini dell'esame sulla fondatezza dell'eccezione;

- Con il secondo motivo viene censurata la nullità della sentenza ex art.360 primo comma n.4 c.p.c., per sussistenza dei vizi di extrapetizione e di omissione di pronuncia in quanto, con riferimento alla deducibilità dei costi ai fini IRES ed IRAP, la sentenza impugnata avrebbe illegittimamente statuito in funzione di una causa petendi diversa rispetto a quella identificata dall'Amministrazione sin dal primo grado (vizio di extrapetizione); conseguentemente, la CTR avrebbe radicalmente omesso di pronunciare in ordine all'oggetto processuale nei limiti della causa petendi effettivamente individuata e sottoposta al proprio vaglio (omissione di pronuncia), con violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato;

- Il motivo è inammissibile, sia per il difetto di autosufficienza eccepito dall'Agenzia, in quanto non sono riportati a corredo né per esteso la motivazione dell'atto impositivo di cui la contribuente lamenta la modifica da parte della CTR, né i motivi di appello dell'Agenzia e trattasi di passaggi necessari ex art. 366 c.p.c. a dar conto delle reciproche posizioni assunte dalle parti (Cass. 28 gennaio 2010 n.1818), sia, in parte, per carenza di interesse nella parte in cui la contribuente lamenta una presunta mancata risposta da parte della CTR a motivi di appello avanzati dall'Agenzia, non essendo tutelabili ragioni di mera correttezza formale (Cass.4 maggio 2004 n.8465);

- Con il terzo motivo, si censura la violazione e falsa applicazione dell'art.14 comma 4bis legge n.537/1993 in relazione all'art. 360 primo comma n.3 c.p.c., in quanto la CTR avrebbe ritenuto applicabile la previsione nonostante l'amministratore della società non sia stato imputato in procedimento penale né iscritto nel registro degli indagati;

-Il motivo è autosufficiente, in quanto riporta la parte della sentenza censurata e, nella parte in cui è scrutinabile dalla Corte, essendo preclusa una rivalutazione del fatto, è parzialmente infondato; in linea generale infatti, il giudice del merito può operare una valutazione sulla sussistenza degli elementi di fattispecie di reato, e la CTR così ha fatto: "si rileva, infine, che il reato di emissione di fatture od altri documenti per operazioni inesistenti (art.8 d.lgs. n.74/2000) è configurabile..."; tale linea di ragionamento non è in violazione di legge ben potendo il giudice non penale operare a riguardo un accertamento incidenter tantum (Cass. SS.UU. 18 no- vembre 2008 n.27337), e ciò vale per la ripresa IVA tenuto anche conto del sopravvenuto art. 8, comma 1, del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, conv. in legge 26 aprile 2012 n. 44, il quale non riguarda le imposte indirette;

- il mezzo è invece fondato per quanto concerne la ripresa IRAP, in quanto dev'essere rilevato l'intervenuto lo jus superveniens più favorevole nelle more, dal momento che questa Corte ha già affermato come "In tema di imposte sui redditi, ai sensi dell'art. 14, comma 4 bis, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (nella formulazione introdotta con l'art. 8, comma 1, del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, conv. in legge 26 aprile 2012 n. 44), che opera, in ragione del precedente comma 3, quale "jus superveniens" con efficacia retroattiva "in bonam partem", sono deducibili i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti (inserite, o meno, in una "frode carosello"), per il solo fatto che siano stati sostenuti, anche nell'ipotesi in cui l'acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti di costi in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità oppure di costi relativi a beni o servizi diretta- mente utilizzati per il compimento di un delitto non colposo." (Cass. 17 dicembre 2014 n.26461); la previsione normativa, la cui entrata in vigore è successiva alla pubblicazione della sentenza impugnata, trova applicazione nel caso di specie e, dunque, per quanto di ragione sopra indicato, il motivo è fondato;

Con il quarto motivo, si censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 c.c. nonché dell'art. 54 D.P.R. n.633/72, in quanto "l'amministrazione ha affermato l'esistenza di un carosello fiscale tra la C. e le imprese individuali I.C. e I.M. sulla base di mere presunzioni semplici, sfornite dei requisiti di gravità, precisione e concordanza ex art.2729 c.c. con la conclusione che non è stata data idonea prova in ordine al presupposto fondante la pretesa IVA ex art.2697 c.c."; In disparte dal fatto che ai fini dell'art.366 c.p.c. non è stato richiamato il prescelto numero dell'art.360 primo comma in base al quale far valere il mezzo di impugnazione, comunque il motivo è inammissibile in quanto tendente ad una rivalutazione del merito preclusa in sede di legittimità;

In conclusione, il terzo motivo di ricorso dev'essere accolto, nei limiti di cui in motivazione, e rigettato nel resto; per l'effetto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR, in diversa composizione, in relazione al profilo accolto e anche per le spese;

P.Q.M.

la Corte: accoglie il terzo motivo di ricorso, nei limiti di cui in motivazione; rigetta il ricorso nel resto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR dell’Emilia Romagna in relazione al profilo accolto e per il regolamento delle spese di lite.

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