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Principio di inerenza. L’attività di ristorazione costituiva parte (inerente) dell’attività principale svolta dall’albergatore. Accolto ricorso dell’albergatore.

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Estratto: «nel caso in cui la impresa contribuente abbia esternalizzato alcune fasi del processo produttivo a imprese terze, mettendo a disposizione di queste ultime beni di sua proprietà, relativamente ai quali ha sostenuto costi pluriennali, ovvero relativamente ai quali abbia contabilizzato canoni di leasing, la stessa può considerare inerenti i relativi costi, ove l'attività svolta dal terzo che utilizzi i beni del contribuente si inserisca quale segmento produttivo nell'attività imprenditoriale complessivamente svolta dalla contribuente».

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Sentenza n. 6017 del 4 marzo 2020

FATTI DI CAUSA

La contribuente, proprietaria di un albergo in F., ha impugnato un avviso di accertamento relativo al periodo di imposta 2005, nel quale si contestavano, sulla base di rilievi formulati in esito a una verifica, l'indeducibilità dei canoni di leasing e degli ammortamenti per acquisto impianti di ristorazione relativi ad alcuni beni connessi al servizio di ristorazione, per assenza di un corrispettivo per la messa a disposizione degli impianti di ristorazione, concessi in comodato a un terzo in virtù di un contratto di somministrazione, nonché la indeducibilità di alcuni costi sostenuti da altro soggetto (M.) e riaddebitati alla contribuente, in quanto costi non sostenuti nell'esclusivo interesse della società contribuente.

 La CTP di Venezia ha accolto il ricorso.

 La CTR del Veneto, con sentenza in data 9 aprile 2014, ha accolto l'appello dell'Ufficio.

Ha rilevato il giudice di appello che, quanto ai beni, concessi in comodato al soggetto che svolge l'attività di ristorazione e bar all'interno dell'albergo di proprietà della contribuente, non possono ritenersi inerenti i costi afferenti gli impianti (canoni di leasing) e gli ammortamenti dei cespiti, utilizzati in comodato dal suddetto terzo (J. SRL), essendo beni nella disponibilità del suddetto terzo, per il quale non si è rinvenuto alcun beneficio per la contribuente.

Quanto alla ripresa dei costi addebitati dal terzo M. SRL, il giudice di appello ha ritenuto che non vi è prova che tali costi siano stati sostenuti nell'interesse della contribuente, attesa la genericità della esposizione dei suddetti costi e l'assenza di idonea documentazione.

Propone ricorso per cassazione la società contribuente affidato a due motivi di ricorso;

l'Ufficio resiste con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 109, comma 5, d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, per avere la sentenza di appello male inteso il principio dell'inerenza dei costi, anche in relazione al principio di insindacabilità delle scelte imprenditoriali, ove non manifestamente antieconomiche o irragionevoli. Parte ricorrente deduce, in particolare, l'inerenza dei canoni di leasing e degli ammortamenti dei costi pluriennali per l'acquisto degli impianti di ristorazione, concessi in comodato al terzo J SRL., al quale è stato esternalizzato il servizio di ristorazione. Deduce il ricorrente che, pur non essendovi un sinallagma diretto tra tali costi (canoni di leasing e costi pluriennali) e i ricavi dell'albergo, l'attività di ristorazione costituisca un segmento dell'attività caratteristica svolta della contribuente, i cui corrispettivi versati dai clienti vengono riscossi direttamente dalla contribuente, in aggiunta al costo della camera.

Ritiene, in particolare, il contribuente rilevante la circostanza, in termini economici, che l'attività di ristorazione «si fonde» con l'attività caratteristica della contribuente (attività ricettiva), nonché la circostanza, in termini organizzativi, che il terzo svolge la propria attività esclusivamente per i clienti dell'albergo gestito dalla contribuente. Ne conseguirebbe, a giudizio della ricorrente, che i beni concessi in comodato non escono dal circuito produttivo della contribuente, i cui proventi (ricavi) sono, in ogni caso, riscossi dalla contribuente e regolati con il terzo sulla base di un contratto d'opera oneroso.

Deduce, inoltre, l'inerenza dei costi riaddebitati dall'altro terzo (M. SRL), al quale è stato esternalizzato il costo di pre tazione e acquisizione di clientela, deducendo che, benché il terzo svolga il servizio anche a favore di altra struttura alberghiera (di proprietà di terzi), i costi vengono ripartiti in proporzione della capacità ricettiva degli alberghi.

Con il secondo motivo si deduce omesso esame di due circostanze decisive ai fini del giudizio, costituite dalla regolamentazione del rapporto contrattuale intercorrente tra la ricorrente e la società terza (J. SRL) che gestisce i servizi di ristorazione (la cui trattazione nei gradi di merito viene illustrata per relationem nel primo motivo), nonché dalla disciplina contrattuale intercorrente tra la ricorrente e l'altro terzo M. SRL, che ha in gestione i servizi di promozione e prenotazione tramite call center. Rileva il ricorrente come i rapporti con la società che gestisce i rapporti di ristorazione siano regolati da un contratto di somministrazione e di servizi per lo svolgimento di attività di ristorazione all'interno dell'azienda alberghiera gestita dalla ricorrente, circostanza incompatibile con la deduzione che la ricorrente non pretenda corrispettivo per tale servizio e compatibile, al più, con un rapporto di comodato gratuito.

Rileva, inoltre, la decisività dell'omissione della analisi dei rapporti tra ricorrente e terzo M., rientranti nell'ambito di un accordo di collaborazione e prestazione di servizi, nel quale sono indicati costi e corrispettivi, dai quali dedurre le modalità di ripartizione dei costi.

2 - I due motivi, i quali possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati.

2.1 - E' principio comunemente affermato da questa Corte che, in tema di imposta sui redditi d'impresa, il concetto dell'inerenza esprime la riferibilità dei costi sostenuti all'attività d'impresa, anche in via indiretta, potenziale o in proiezione futura, escludendo unicamente i costi che si collocano in una sfera ad essa estranea.

Da ciò consegue che l'inerenza deve essere apprezzata non in termini di stretta correlazione quantitativa tra costi deducibili e ricavi tassabili (che attiene ai concetti di utilità, vantaggio e che investe a sfera della congruità dei costi in relazione ai ricavi), ma attraverso un giudizio qualitativo, riguardo al quale l'antieconomicità e l'incongruità della spesa possono costituire, al più, indici rivelatori del difetto di inerenza (Cass., Sez. V, 31 ottobre 2018, n. 27786).

Essendo, pertanto, il principio di inerenza ricavabile dalla nozione di reddito di impresa, deve accertarsi una correlazione tra costi ed attività in concreto esercitata, traendosi un giudizio meramente qualitativo su tali costi, che prescinde, in sé, da valutazioni di tipo utilitaristico o quantitativo (Cass., Sez. V, 17 luglio 2018, n. 18904). L'inerenza all'attività d'impresa dei costi, anche pluriennali, indispensabile ai fini della deduzione ex art. 109 TUIR, va, pertanto, definita come una relazione tra costo e attività di impresa complessivamente intesa, indipendentemente da una esplicita correlazione ad una precisa componente positiva di reddito, ove il costo abbia attinenza, anche potenziale, con l'attività imprenditoriale (Cass., Sez. V, 27 febbraio 2015, n. 4041; Cass., Sez. V, 22 dicembre 2016, n. 26749; Cass., Sez. V, 11 agosto 2017, n. 20049).

2.2 - Questi principi vanno applicati al caso della esternalizzazione di servizi collocati al di fuori dal perimetro aziendale di proprietà dell'impresa (outsourcing), in cui l'impresa, pur mantenendo il controllo sulla gestione dei ricavi, pone al di fuori dell'azienda alcune fasi del processo produttivo (con esternalizzazione di costi prevalentemente attinenti alle risorse umane), ma mantenendo l'assetto proprietario su alcuni dei beni, che vengono utilizzati dall'azienda che gestisce tale fase «esternalizzata» del processo produttivo.

L'azienda che ha esternalizzato, sulla base di un contratto di somministrazione, alcuni servizi (e i relativi costi) al fine di ottimizzare il business, mantiene, difatti, il controllo sul somministrante delle fasi esternalizzate del processo produttivo (come emerge, nel caso del contratto di gestione del servizio di ristorazione, dall'osservanza da parte del somministrante delle norme igieniche imposte dal somministrato, della manutenzione, degli orari, delle divise, dei prezzi etc.), risultando il somministrato il responsabile di fronte ai clienti finali dell'intera catena del valore aggiunto e del servizio reso al cliente.

Ne consegue, come questa Corte ha già ripetutamente affermato, che, qualora un imprenditore abbia esternalizzato fasi più o meno ampie della produzione dei beni dell'impresa, conservando la proprietà ed il controllo di alcuni beni, affidati a terzi in comodato per la produzione medesima, i costi sostenuti per l'acquisto di tali beni possono essere ammessi all'ammortamento (Cass., Sez. V, 21 gennaio 2011, n. 1389), così come sono deducibili i costi per l'acquisto di veicoli, benché utilizzati da un terzo al quale sono stati esternalizzati i costi dell'attività di distribuzione dei prodotti, trattandosi di spese che s'inseriscono nel suo programma economico e sono, pertanto, inerenti la sua attività produttiva (Cass., Sez. V, 12 agosto 2015, n. 16730); così come sono deducibili (in generale) i costi di utilizzo e manutenzione dei beni concessi in comodato a un terzo che svolga una parte del processo produttivo (Cass., Sez. V, 7 novembre 2018, n. 28375).

Deve, pertanto, formularsi il seguente principio di diritto: «nel caso in cui ~presa contribuente abbia esternalizzato alcune fasi del processo produttivo a imprese terze, mettendo a disposizione di queste ultime beni di sua proprietà, relativamente ai quali ha sostenuto costi pluriennali, ovvero relativamente ai quali abbia contabilizzato canoni di leasing, la stessa può considerare inerenti i relativi costi, ove l'attività svolta dal terzo che utilizzi i beni del contribuente si inserisca quale segmento produttivo nell'attività imprenditoriale complessivamente svolta dalla contribuente».

La sentenza impugnata si è sottratta a tale principio, avendo sommariamente escluso che possa esserci un beneficio per il comodante/somministrato («Per quanto riguarda i beni concessi in comodato non si comprende per quale motivo la società contribuente faccia fornire il servizio bar all'interno della struttura  alberghiera dalla J. SRL, senza pretendere alcun corrispettivo [...] le quote di ammortamento riferibili a beni dati in comodato a terzi sono deducibili solo se è provato il beneficio conseguito dal comodante; venefici° che nel caso in esame non viene in alcun modo evidenziato»). La esposizione della motivazione, oltre a riecheggiare la sinallagmaticità tra costi e ricavi ai fini dell'inerenza, non ha considerato che l'attività di ristorazione viene svolta all'interno dell'albergo e rientra nell'attività imprenditoriale (peraltro caratteristica) svolta dalla contribuente.

Pertanto deve procedersi alla cassazione della sentenza.

2.3 - Parimenti, risulta decisiva la circostanza, quanto al contratto d'opera corrente con l'altro terzo M. SRL la circostanza secondo cui i costi di prenotazione e acquisizione della clientela sono ripartiti, come riportato per specificità nel contratto d'opera trascritto nella parte narrativa del ricorso, «in proporzione diretta alla capacità ricettiva» dell'albergo per il quale l'attività di acquisizione di clientela viene svolta (in considerazione, anche del fatto, che l'attività del terzo viene svolta in favore di due diversi alberghi, uno di proprietà della contribuente e altro di terzi).

Anche detta attività viene esternalizzata, in questo caso in forza dell'attività professionalmente svolta dal terzo, benché attività estranea alla gestione caratteristica, ma che tende ad accrescerne il valore, i cui costi sono, pertanto, deducibili.

Il contribuente ha, inoltre, illustrato il momento processuale in cui tale circostanza ha fatto ingresso nel giudizio, avendo dedotto tale circostanza nel ricorso di primo grado (pagg. 10, 20 ricorso).

La sentenza impugnata, la quale ha in termini quanto meno ellittici ritenuto che «non vi è alcuna prova che siano stati sostenuti nell'interesse della» contribuente, ha omesso di considerare tale circostanza, del tutto decisiva ai fini della decisione. Anche in relazione a tale specifico profilo la sentenza va cassata.

Il ricorso va, pertanto, accolto, cassandosi la sentenza impugnata con rinvio al giudice a quo, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P. Q. M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR del Veneto, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 13 novembre

 

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