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Sentenza n. 3638 del 05 febbraio 2020
1. con sentenza n. 1826/8/14, depositata in data 20 ottobre 2014, non notificata, la Commissione Tributaria dell'Emilia Romagna rigettava l'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 30/2/2012 della Commissione Tributaria di Rimini, con condanna al pagamento delle spese di lite; 2. il giudizio aveva ad oggetto l'impugnazione del diniego di rimborso della maggiore imposta di registro, che si riteneva dovuta in misura fissa anziché proporzionale, e di quella ipotecaria e catastale, che si ritenevano non dovute, corrisposte in sede di registrazione di un atto di compravendita di un terreno destinato dal Piano Regolatore Generale ad Edilizia Popolare ed Economica, ai sensi dell'art. 32 del d.P.R. n. 601 del 1973; 3. la CTP, verificata la sussistenza dei presupposti per l'agevolazione, aveva accolto il ricorso ritenendo irrilevante che il Consorzio non avesse richiesto il trattamento agevolato nell'atto principale o con successivo atto integrativo; 4. la CTR aveva confermato la decisione di primo grado rilevando che l'area oggetto del rogito, secondo la documentazione in atti, risultava per intero devoluta ad edilizia convenzionata, e che le modalità della richiesta non potevano condizionare il diritto al rimborso; 5. avverso la sentenza di appello, l'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione, consegnato per la notifica in data 19 gennaio 2015, affidato a due motivi; la parte contribuente ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO CHE:
1. con il primo motivo l'Agenzia ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 32, comma 2, del d.P.R. n. 601 del 1973, dell'art. 35, comma 2, della L. n. 865 del 1971, dell'art. 1, comma 1, della tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131 del 1986 e dell'art. 2697 c.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., rilevando che, dato per pacifico che solo una parte dei terreni ceduti erano interessati dal piano di edilizia residenziale pubblica, la CTR avesse travisato la normativa applicabile ritenendone sufficiente la destinazione parziale, senza tener conto dell'omessa specificazione in atti dei valori del terreno distinti per destinazione, e del fatto che l'area era stata rivenduta pochi giorni dopo ad un prezzo più elevato;
2. con il secondo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 23 del d.P.R. n. 131 del 1986, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., avendo la CTR omesso di considerare che, se un atto di disposizione ha ad oggetto beni soggetti ad aliquote differenti, deve trovare applicazione l'aliquota più elevata e quindi, nella specie, quella ordinaria prevista per la parte del terreno ricadente in zona agricola.
OSSERVA CHE:
1. Il primo motivo va ritenuto inammissibile. 1.1 Con tale motivo l'Agenzia lamenta ipotetiche violazioni di legge poste in essere dal giudice a quo, prescindendo dal considerare che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di una erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (da cui la funzione di assicurare la uniforme interpretazione della legge assegnata dalla Corte di Cassazione). Al contrario, a fondamento di tale censura, la ricorrente Agenzia allega una erronea ricognizione della fattispecie concreta, a mezzo delle risultanze di causa, dovuta, a suo dire, al fatto che la CTR non avrebbe tenuto conto che una parte del terreno non ricadeva in area destinata ad edilizia residenziale pubblica ma in zona agricola, circostanza tuttavia esterna alla esatta interpretazione delle norme di legge che impatta nella tipica valutazione del giudice del merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l'aspetto del vizio di motivazione. Sul punto si ricorda che " In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un'erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all'esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l'aspetto del vizio di motivazione: il discrimine tra l'una e l'altra ipotesi - violazione di legge in senso proprio a causa dell'erronea ricognizione dell'astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta - è segnato dal fatto che solo quest'ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa. (vedi tra le tante Cass. n. 24054 del 2017; Cass. n. 16698 del 2010; Cass. n. 7394 del 2010; Cass. n. 13066 del 2007).
1.2 Il motivo, sotto il profilo della violazione di legge, risulta infondato in quanto la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei criteri normativi applicabili laddove, accertato in fatto che il terreno fosse destinato per intero ad edilizia residenziale pubblica, ha ritenuto che per la cessione dello stesso spettasse il trattamento agevolato di cui all'art. 32 del d.P.R. n. 601 del 1973; né è prevista alcuna decadenza dal beneficio nell'ipotesi in cui il bene venga rivenduto e non direttamente utilizzato per l'edificazione pubblica, in quanto l'agevolazione è collegata alla destinazione oggettiva dell'area prevista dal titolo III della I. n. 865 del 1971. 1.3. Nessuna censura sotto il profilo motivazionale è stata poi mossa alla ricostruzione in fatto operata dalla CTR circa la destinazione per intero del terreno ad edilizia convenzionata, quale risultante dalla documentazione in atti.
2. Anche il secondo motivo non merita accoglimento.
2.1 La CTR, ritenuto che il terreno rientrasse integralmente nel piano di edilizia residenziale pubblica, e che quindi allo stesso dovesse applicarsi esclusivamente il regime agevolato di cui all'art. 32 del d.P.R. n. 601 del 1973, correttamente non ha preso in considerazione l'art. 23 del d.P.R. 131 del 1986 il cui presupposto è invece costituito dalla presenza in atti di beni soggetti ad aliquote diverse, condizione nella specie esclusa. 3. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso va rigettato. 3.1 Segue la condanna dell'Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso; condanna l'Agenzia delle Entrate a pagare al controricorrente Consorzio le spese di lite del presente giudizio, che si liquidano nell'importo complessivo di C 7.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Così deciso, in Roma, il 20 novembre 2019.
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