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Corte di Cassazione, Sez. 5,
Sentenza n. 3412 del 12 febbraio 2020
Rilevato che:
1. Con sentenza n. 461/12/12 pubblicata il 26 settembre 2012 la Commissione tributaria regionale della Campania, sezione distaccata di Salerno, ha accolto l'appello proposto da M. C. avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Salerno n. 508/14/10, con la quale era stato rigettato il suo ricorso avverso la cartella di pagamento n. xxx relativa a IVA, IRPEF ed IRAP per l'anno 2006 ed emessa dall'Agenzia delle entrate nei suoi confronti a seguito di procedura di liquidazione ex art. 36-bis d.P.R. 600 del 1973. La Commissione tributaria regionale ha considerato che alla dichiarazione integrativa operata dal contribuente, che nel caso in esame deduce di avere commesso un errore materiale nell'indicazione dei redditi percepiti, vada applicato il termine di 48 mesi previsto dall'art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 entro cui l'amministrazione può procedere all'accertamento delle imposte dirette, e non il più ristretto termine decadenziale previsto dall'art. 2, comma 8, del d.P.R. n. 322 del 1998.
2. L'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato ad un unico motivo. 3. M.C. è rimasto intimato.
Considerato che:
4. Con l'unico motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 2, comma 8-bis, del d.P.R. 322 del 1998, in combinato disposto con l'art. 36- bis del d.P.R. 600 del 1973 e l'art. 25 del d.P.R. 633 del 1972 in relazione all'art. 360, n. 3 cod. proc. civ. In particolare si deduce che alla dichiarazione integrativa debba essere applicato il termine specificamente previsto dall'art. 2, comma 8-bis, del d.P.R. 322 del 1998 che prevede che tale dichiarazione debba essere presentata non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo e non quello superiore di 48 mesi previsto per il potere accertativo dell'amministrazione.
5. Il ricorso non è fondato. Se è vero che, come sostenuto dall'Agenzia delle Entrate, la dichiarazione integrativa deve logicamente precedere l'accertamento dell'amministrazione per cui non è possibile applicare il medesimo termine per la dichiarazione e per l'accertamento, giacché la normativa prevede un diverso termine per la dichiarazione integrativa (che deve essere presentata non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo come specificamente previsto appunto dall'art. 2, comma 8-bis, del d.P.R. 322 del 1998), e per il successivo termine per l'accertamento (previsto dall'art. 43 del d.P.R. 600 del 1973), è altrettanto vero che le Sezioni unite di questa Corte hanno definitivamente chiarito che: «In caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui all'art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 se diretta ad evitare un danno per la P.A. (art. 2, comma 8, del d.P.R. n. 322 del 1998), mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8-bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d'imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell'Amministrazione finanziaria.» (cfr. Cass. Sez. U. 30/06/2016 n. 13378, e succ. conf.).
6. Il principio da ultimo richiamato è applicabile al caso di specie, giacché avverso una cartella emessa ex art. 36-bis del d.P.R. 600 del 1973, il contribuente ha fatto valere un errore materiale (a proprio danno) commesso nella dichiarazione dei redditi, senza che l'Agenzia delle entrate abbia mai contestato in giudizio la effettiva sussistenza del credito del contribuente da tale errore risultante.
7. Il ricorso va pertanto rigettato. Nulla sulle spese in considerazione della mancata costituzione di parte intimata.
8. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l'art. 13, comma 1- quater, del d.P.R. 30 maggio 2012, n. 115.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nelle camere di consiglio del 21/11/2019 e del 19/12/2019
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