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Tennisti e Fisco: quando vengono ingiustamente tassati i redditi degli sportivi. 3 esempi di casi in cui il tennista ha vinto il processo contro l'Agenzia delle Entrate

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Tennisti e Fisco: quando vengono ingiustamente tassati i redditi degli sportivi

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La tassazione dei guadagni percepiti all’estero dal tennista professionista è certamente il tema più caldo nei rapporti tra sportivo e fisco italiano.

Ad attirare l’attenzione sono infatti le residenze degli sportivi in Paesi tradizionalmente considerati a regime fiscale vantaggioso: primi fra tutti il Principato di Monaco e la Svizzera.

Un altro sistema incriminato riguarda la costituzione di una fondazione di beneficenza istituita allo scopo di gestire il patrimonio del tennista e quindi di diminuire il carico fiscale nei suoi confronti. 

In particolare, la principale accusa mossa ai tennisti è quella di mentire sul proprio domicilio, quindi di eleggere la propria residenza fiscale in uno di questi Paesi mentre, nella realtà dei fatti, vive stabilmente in Italia e qui dovrebbe pagare le tasse.

Questi Paesi sarebbero quindi preferiti per il carico impositivo inferiore a quello italiano nonché per il fatto che, in taluni casi, è agevole trovare un accordo con l’amministrazione per versare un forfait fiscale.

Quanto però vi sia di vero nelle intenzioni macchinose dei tennisti professionisti che trasferiscono all’estero le loro residenze per evadere il fisco italiano è tutto da chiarire.

Una cosa è certa: il tennista generalmente paga le tasse nel Paese in cui tiene la competizione sportiva. In alcuni casi può trattarsi di Paesi con regimi fiscali vantaggiosi. In altri casi, il tennista è costretto ad imputare a tassazione non solo i montepremi vinti sul campo anche i guadagni ottenuti da sponsor, benefit bonus. Il tutto in base ai giorni effettivi di permanenza nel territorio di uno Stato.

Quello che non viene quasi mai detto è che, proprio a causa di queste trattenute, il tennista professionista che si sposta nei vari Paesi per disputare i tornei, può arrivare a pagare al Fisco più di quanto effettivamente ricavato.

I guadagni percepiti all’estero dal tennista professionista, così come qualsiasi altro sportivo, in considerazione del loro ammontare non indifferente, sono regolati dall'articolo 17 del Modello Ocse che regolamenta le doppie imposizioni.

In base a tale normativa le prestazioni sportive del tennista vengono assoggettare a tassazione nello Stato in cui si manifestano.

Ciò comporta che anche senza una base fissa o un periodo di permanenza minimo in uno Stato, i compensi dello sportivo sono tassati nello Stato in cui essi sono prodotti, cioè alla fonte, con la ritenuta prevista dall'ordinamento di quel paese.

Tuttavia, gli stessi redditi vanno anche cumulati e dichiarati al fisco dello Stato dove il tennista risiede. In tal caso, allo sportivo è riconosciuto di regola un credito d’imposta in proporzione a quanto versato all’estero. 

Quando, invece, manca una convenzione bilaterale tra gli Stati in cui il tennista si trova a disputare le gare e relative alle doppie imposizioni, allora capita, anche frequentemente, che lo sportivo venga tassato due volte.

In tali casi, infatti, le autorità finanziarie di ambedue gli Stati, quello di residenza e quello in cui il tennista ha disputato la gara percependo redditi, possono esercitare la loro potestà impositiva.

Vediamo, quindi, i casi in cui il tennista, costretto a fare i conti col fisco italiano, è risultato essere in realtà vittima di errori.

Corte di Cassazione, Ordinanza n. 19410 del 20 luglio 2018

Questa vicenda ha preso avvio da un avviso di accertamento notificato ad un tennista professionista dall’Agenzia delle Entrate per maggiore reddito imponibile ai fini Irpef non dichiarato. L’accusa riguardava la residenza in Italia del tennista il quale, a parere dell’accusa, si era solo anagraficamente trasferito a Montecarlo. Ciò era stato desunto da contratto di locazione siglato a Montecarlo e relativo ad un piccolo periodo di tempo.

Al contrario, il contribuente aveva provato di risiedere realmente a Montecarlo già da diverso tempo attraverso un precedente contratto di locazione, le ricevute di pagamento del canone di affitto, le fatture delle utenze, il rilascio di una carta di credito da parte di una banca. Inoltre, aveva dimostrato di allenarsi presso una palestra dello stesso Principato e di fare base a Montecarlo nelle sue partenze ed arrivi dalle dispute agonistiche.

Per tali motivi la Cassazione ha accolto il ricorso del tennista e annullato la sentenza con rinvio ad un’altra sezione della commissione tributaria regionale.

Sentenza del 03/03/2017 n. 5389 - Corte di Cassazione

Anche questo caso ha avuto origine da un avviso di accertamento ai fini dell'IRPEF notificato ad un tennista professionista, presumendo che egli risiedesse in Italia mentre aveva dichiarato di risiedere in uno Stato estero, nello specifico il Principato di Monaco, e relativo ai ricavi acquisiti per la sua partecipazione ai tornei e per sponsor.

Il collegio, a seguito del ricorso promosso dal contribuente, ha ritenuto provata l’effettiva residenza del tennista nello stato estero attraverso il contratto di locazione regolarmente sottoscritto e registrato oltre che attraverso la riproduzione delle copie relative alle utenze ivi accese, ai pagamenti effettuati con carta di credito, ecc.

Corte di Cassazione, sentenza n. 20285 del 2013

Anche in questa pronuncia la Suprema Corte ha dato ragione al tennista professionista accusato di sottrarre al fisco italiano un reddito imponibile per la sua partecipazione a tornei di tennis ed attività di sponsorizzazioni. La contestazione riguardava la sua effettiva residenza nel Principato di Monaco attuata in maniera fittizia al solo fine di sottrarre alla tassazione italiana gli introiti derivanti dalla sua attività di sportivo professionista a livello internazionale.

La difesa, però, ha provato la reale residenza monegasca dello sportivo producendo il contratto di affitto, regolarmente pagato, le spese e le utenze accese nel Principato, i contratti bancari.

Il Collegio ha perciò dato ragione al contribuente applicando il principio di diritto comunitario secondo cui vanno privilegiati i legami personali rispetto a quelli di natura professionale. Pertanto, la residenza estera di un soggetto può essere provata accertando l’effettiva presenza fisica del contribuente e della sua famiglia, la disponibilità di un’abitazione privata nel posto in cui viene esercitata l’attività professionale e vengono tenuti i principali interessi patrimoniali. 

 

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