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Corte di Cassazione, Sez. 5,
Sentenza n. 33330 del 17 dicembre 2019
FATTI DI CAUSA
DD, spedizioniere doganale, impugnò l'atto di contestazione e di irrogazione della sanzione di euro 30.000,00 - emesso dall'Agenzia delle Dogane nei suoi confronti, quale coobbligato in solido con l'importatrice XJ, per l'errata indicazione del valore della merce importata (sottofatturazione)- eccependo la violazione del contraddittorio, l'insussistenza della propria responsabilità solidale con quella dell'importatore, avendo egli agito in regime di rappresentanza diretta, nonché l' insussistenza dell'elemento colposo.
Il ricorso fu respinto dalla CTP di Napoli e l'appello proposto dal contribuente contro la decisione è stato a sua volta respinto, con sentenza del 3.7.2017, dalla CTR della Campania, la quale ha rilevato che:
- un generale diritto al contraddittorio endoprocedimentale sussiste solo in tema di tributi non armonizzati e non in materia di sanzioni;
-il PVC sul quale si fondava l'atto sanzionatorio era stato notificato al D., seppure nella sua qualità di rappresentante diretto dell'importatore, sicché egli ne era venuto sicuramente a conoscenza;
-lo spedizioniere risponde dell'errata dichiarazione anche nel caso in cui abbia agito in nome e per conto dell'importatore, perché l'art. 11/2 d. Igs. n. 472/97, a norma del quale chi ha sottoscritto ovvero compiuto gli atti illegittimi si presume autore della viol ne, sanziona la «persona fisica che firma»;
- in materia di sanzioni per violazioni di disposizioni doganali, una volta dimostrata dall'autorità amministrativa la ricorrenza della fattispecie tipica, grava sul contribuente di provare di essere esente da colpa e di non dovere, pertanto, rispondere dell'illecito di cui all'art. 303 d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43;
- tale prova non era stata fornita da D., che si era limitato ad allegare di avere agito in modo professionalmente corretto;
-la sanzione applicata non era sproporzionata rispetto al tributo evaso.
DD propone ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a cinque motivi ed illustrato da memoria, cui l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli resiste con controricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE
1 -Con il primo motivo D. deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 12, comma 7, I. 27 luglio 2000, n. 212, dell'art. 6, comma 3, della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo, dell'art. 41 della Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione Europea, nonché dell'art. 40 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, per avere la CTR escluso la necessità del contraddittorio endoprocedimentale qualora l'atto impugnato non attenga ad un tributo armonizzato.
Il ricorrente invoca la giurisprudenza unionale in materia e contesta che l'atto potesse ritenersi legittimamente emesso nei suoi confronti solo perché, nella sua qualità di rappresentante diretto dell'importatore, egli aveva ricevuto la notificazione del PVC, che non lo individuava quale debitore di imposta.
2- Con il secondo motivo il contribuente denuncia violazione degli artt. 5 e 201 Regolamento (CEE) 12 ottobre 1992, n. 2913 (CDC),. 40 e 303 d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 (TULD), nonché degli artt. 2, 11 d. Igs. 18 dicembre 1997, n. 472, contestando che lo spedizioniere doganale risponda della violazione tributaria anche nel caso in cui abbia agito quale rappresentante diretto dell'importatore.
Aggiunge che nel caso di specie tutte le attività di accertamento erano state poste in essere nei soli confronti della società importatrice in nome e per conto della quale aveva effettuato la dichiarazione e rileva che, poiché non gli è stata contestata la violazione di cui all'art. 303 cit., egli non era tenuto a rispondere né del tributo asseritamente evaso (come, del resto, riconosciuto dalla Dogana, che aveva notificato l'avviso di accertamento solo all'importatrice) né, tantomeno, della conseguente sanzione.
3- Con il terzo motivo il ricorrente lamenta violazione degli artt. 303, comma 3, d.P.R. n. 43/1973, 5 d. Igs. n. 472/1997 e 2697 cod. civ., per avere la CTR ritenuto che, nel caso in cui si sanzioni la differenza tra accertato e dichiarato, la presunzione di responsabilità - alla quale consegue l' inversione dell'onere della prova - operi non solo nei confronti dell'importatore ma anche nei confronti del suo rappresentante diretto, la cui colpa va invece accertata in concreto.
4- Con il quarto motivo D. denuncia ulteriore violazione dell'art. 5 d. Igs. n. 472/1997, rilevando che la CTR lo ha ritenuto sanzionabile per colpa lieve senza considerare che v'era prova della sua estraneità alla violazione doganale, posto che l' attività da lui dovuta si arrestava all'asseverazione ed al controllo formale dei documenti contenenti i dati utili alla dichiarazione, che apparivano coerenti e completi, e che lo stesso Ufficio doganale non gli ha mai mosso alcun addebito.
5- Con il quinto motivo lamenta, infine, violazione dell'art. 7, comma 4, d. Igs. n. 472/1997 e del «principio comunitario della proporzionalità della sanzione amministrativa», per avere la CTR ritenuto congruo l'importo della sanzione.
3 - Ha priorità logica l'esame congiunto del secondo e del terzo motivo, che pongono questioni fra loro connesse e che sono fondati, con conseguente assorbimento degli altri motivi.
3.1 - In tema di diritti doganali, la responsabilità dello spedizioniere che agisca quale rappresentante diretto dell'importatore può essere invocata, ai sensi degli art. 201, § 3, comma 2 e 202, 203 CDC Reg [CEE] n. 2913/1992 solo laddove questi abbia consapevolmente partecipato alla redazione della irregolare dichiarazione doganale od abbia attivamente contribuito all'introduzione irregolare od alla sottrazione della merce in dogana. In particolare, nell'ipotesi di cui all'art. 201 che qui interessa, «quando una dichiarazione in dogana per uno dei regimi di cui al paragrafo 1 è redatta in base a dati che determinano la mancata riscossione, totale o parziale, dei dati dovuti per legge, le persone che hanno fornito detti dati necessari alla stesura della dichiarazione, e che erano o avrebbero dovuto ragionevolmente essere a conoscenza della loro erroneità, possono parimenti essere considerate debitori conformemente alle vigenti disposizioni nazionali». Analogamente, ai sensi dell'art. 2, comma 6, della I. n. 213 del 2000, «in ordine alla regolarità, veridicità e completezza dei dati, nonché alla idoneità e validità dei documenti allegati, gli spedizionieri doganali ... rispondono solidalmente del pagamento del tributo se erano o avrebbero dovuto ragionevolmente essere a conoscenza della loro erroneità ». Va escluso, pertanto, che possa configurarsi una responsabilità solidale del rappresentante diretto che si sia limitato a depositare una dichiarazione utilizzando i dati e allegando i documenti forniti dall'importatore, a meno che l'Ufficio non provi che egli era, o avrebbe dovuto ragionevolmente essere, a conoscenza della loro erroneità, o perché emergente ictu ocu/i o perché facilmente riscontrabile con l'uso della diligenza professionale qualificata richiesta. In altri termini, occorre «una autonoma condotta attiva di parte 'azione alla introduzione irregolare della merce in dogana e un elemento soggettivo di conoscenza o ragionevole conoscibilità della sua irregolarità» (Cass., n. 12141/2019, cit.): interpretazione coerente con quella della Corte di Giustizia UE, la quale, in tema di rappresentanza diretta - in cui la responsabilità è del dichiarante (e, quindi, del rappresentato, in nome e per conto del quale il rappresentante agisce) - estende la responsabilità anche a coloro che abbiano posto in essere comportamenti materiali tali da ingenerare la mancata riscossione dell'imposta e che abbiano perciò autonomamente posto in essere un comportamento illecito (Corte di Giustizia UE, 19 ottobre 2017, C-522/16, punti 47 - 53).
Diversamente, come si è appena detto, il rappresentante diretto che si limiti alla mera stesura della dichiarazione doganale sulla scorta della documentazione e dei dati forniti dall'importatore rimane estraneo alla fattispecie impositiva, posto che detta dichiarazione, in quanto resa in base al ruolo di dichiarante in nome altrui (procurator), risale al rappresentato in nome e per conto del quale egli ha agito a termini dell'art. 5, Reg. (CEE) n.2913/1992.
2.3 - Ciò premesso in punto di diritto, nella specie il giudice del merito ha accertato in fatto che il verbale di constatazione sul quale si fonda l'atto impugnato non è stato notificato personalmente all' odierno ricorrente, ma gli è stato materialmente consegnato, secondo quanto previsto dall'art. 40 comma 3 TULD, nella sua qualità di rappresentante negoziale dell'importatore.
Ciò rende evidente una circostanza decisiva ai fini del giudizio, ossia che il D. non è stato considerato debitore di imposta, proprio in quanto dichiarante in regime di rappresentanza diretta, avendo partecipato al procedimento solo in tale ruolo.
2.3 - Ne consegue che nessun addebito è stato mosso allo spedizioniere a termini dell'art. 201, terzo paragrafo,comma secondo, del Reg. (CEE) n. 2913/1992: difatti, se l'Ufficio avesse inteso contestare a D. la responsabilità nella dichiarazione dogane, per aver fornito personalmente i dati errati o per essere stato a conoscenza della loro erroneità, avrebbe dovuto notificargli personalmente il processo verbale e un separato avviso di rettifica dell'accertamento, individuando lo specifico profilo sotto il quale egli era tenuto a rispondere della violazione accertata.
La CTR, ascrivendo la responsabilità del D. alla mera redazione della dichiarazione doganale(«egii sottoscrisse la predetta dichiarazione e ne risponde»), senza tener conto che l'Ufficio non aveva individuato alcun suo specifico contributo materiale nella predisposizione dei dati non corrispondenti al vero, né gli aveva mai contestato di essere a conoscenza, o di avere colpevolmente ignorato, l'erroneità di quei dati, ha dunque violato gli artt. 5 e 201, par. 3, primo comma Reg. (CEE) n. 2913/1992 che, in tale caso, configurano la responsabilità per la mancata corrispondenza fra quanto dichiarato e quanto accertato in capo al solo soggetto per conto del quale la dichiarazione è stata resa, ossia all'importatore. Risulta d'altro canto evidente che, una volta escluso che la violazione accertata sia ascrivibile al rappresentante diretto, questi, a maggior ragione, non può essere tenuto al pagamento della relativa sanzione.
Il ricorso va, pertanto, accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, questa Corte può decidere nel merito, accogliendo l'originaria domanda del ricorrente di annullamento dell' atto impositivo.
La particolarità, e la relativa novità della questione, giustifica l'integrale compensazione delle spese dei due gradi del giudizio di merito.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo del ricorso, assorbiti gli ulteriori motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, accoglie l'originaria domanda del contribuente ed annulla l'atto impugnato;
dichiara integralmente compensate fra le parti le spese dei due gradi del giudizio di merito e condanna l'Agenzia delle Dogane al pagamento di quelle del giudizio di legittimità, che liquida in favore di DD in complessivi euro 5.200,00, oltre 15% spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio dell'11 giugno 2019
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