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Vendita impianto radiofonico. Agenzia delle Entrate prova a chiedere più imposte rispetto a quelle già pagate, ma i giudici chiariscono che non aveva diritto di fare la rettifica. Confermato l’annullamento dell’avviso. Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Estratto: “soccorre esattamente in termini il principio di diritto fissato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale «in tema di imposta di registro, ai sensi dell'art. 27, comma 7-bis, del d.lgs. n. 177 del 2005, introdotto dall'art. 40 del d.l. n. 201 del 2011, conv., con modif., dalla I. n. 214 del 2011 (cd. decreto "salva Italia"), non è consentita la rettifica, ai fini dell'applicazione dell'imposta, della qualificazione giuridica data dalle parti alle cessioni di impianti radiotelevisivi effettuate prima della data di entrata in vigore della norma citata, anche se a tale data la rettifica sia stata già effettuata ed impugnata con giudizio ancora in corso”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 34698 del 30 dicembre 2019

RITENUTO

1. - La Commissione tributaria regionale della Liguria con sentenza n. 1017 del 22 settembre 2014, pubblicata il 30 settembre 2014, previa riunione dei gravami della Agenzia delle entrate, ha confermato le sentenza della Commissione tributaria provinciale di Genova n. 244/4/12 e n. 245/4/12 di accoglimento di altrettanti ricorsi proposti dalla società contribuente P. s.r.l. avverso gli avvisi di liquidazione notificati il 3 marzo 2011, con i quali, in relazione alla vendita alla società B. s.p.a. di un impianto radiofonico (con cessione dei diritti sulle relative frequenze), stipulata con scrittura privata del 22 febbraio 2008, registrata il 26 febbraio 2008 a tariffa fissa, l'Agenzia delle entrate aveva applicato: a) la imposta suppletiva di euro 1.272,00 in relazione alla ritenuta compensazione pattuita inter partes; b) la imposta suppletiva di C 7.032,00 in dipendenza della qualificazione del negozio come cessione di ramo di azienda e della conseguente applicazione della maggiore imposta di registro colla aliquota proporzionale del 3%.

2. - L' Avvocatura generale dello Stato, mediante atto del 30 marzo 2015, ha proposto ricorso per cassazione.

3. - La contribuente ha resistito mediante controricorso dell' 11 maggio 2015.

CONSIDERATO

1. - La Commissione regionale tributaria - disattesa la eccezione di decadenza (per intempestività degli avvisi di liquidazione) che la Commissione tributaria provinciale aveva, invece, ritenuto fondata e proceduto all'esame del merito - ha motivato, sotto differente profilo, l'accoglimento dei ricorsi della contribuente, osservando che, ai termini dell'art. 27, comma 7-bis, del d. Igs. 31 luglio 2005, n. 177, «gli atti di cessione di impianti di rami di azienda posti in essere dagli operatori del settore televisivo e radiofonico, ai sensi di tale norma, sono in ogni caso validi e non rettfficabili ai fini tributari»; sicché l'atto impositivo risulta « adottato in violazione del richiamato art. 27, comma 7-bis d.lgs. 177/2005, che interdice espressamente le rettifiche delle operazioni in questione ».

2. - L' Avvocatura generale dello Stato ha denunziato, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all'art. 27, comma 7-bis, del d. Igs. 31 luglio 2005, n. 177, e all'art. 2, comma 3, lett. b), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. Sostiene la ricorrente che il giudice di merito ha erroneamente ritenuto che, per effetto della novella del citato art. 27, non fosse consentita, in via assoluta, la rettifica degli atti di cessione di impianti televisivi e radiofonici e di rami di azienda stipulati prima della data (28 dicembre 2011) della entrata in vigore del relativo decreto legge; mentre la portata della disposizione è più limitata, nel senso che soltanto preclude alla Agenzia delle entrate di rettificare gli atti a far tempo dalla entrata in vigore della nuova disposizione; ma non pregiudica la validità delle rettifiche operate, come quella nel caso di specie, anteriormente al 28 dicembre 2011.

3. - Il ricorso non merita accoglimento. 3.1 - La censura formulata dalla ricorrente è infondata. Premesso che è fuori discussione e affatto pacifico che la qualificazione giuridica impressa dai contraenti all'atto registrato, anteriormente al 28 dicembre 2011, fu nel senso di una cessione di impianto di radiotrasmissione (sottoposto alla imposta di registro in misura fissa), soccorre esattamente in termini il principio di diritto fissato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale « in tema di imposta di registro, ai sensi dell'art. 27, comma 7-bis, del d.lgs. n. 177 del 2005, introdotto dall'art. 40 del d.l. n. 201 del 2011, conv., con modif., dalla I. n. 214 del 2011 (cd. decreto "salva Italia"), non è consentita la rettifica, ai fini dell'applicazione dell'imposta, della qualificazione giuridica data dalle parti alle cessioni di impianti radiotelevisivi effettuate prima della data di entrata in vigore della norma citata, anche se a tale data la rettifica sia stata già effettuata ed impugnata con giudizio ancora in corso, stabilendo esso solo per le cessioni future un rigido criterio di qualificazione » (Sez. 5, Sentenza n. 17515 dei 14/07/2017, Rv. 644911 - 01; cui adde Sez. 5, Sentenza n. 18489 del 26/07/2017, Rv. 645025 - 01; e Sez. 5, Sentenza n. 33230 del 21/12/2018, Rv. 651994 - 01).

A tale principio della «intangibilità fiscale» delle cessioni di impianti radiotelevisivi, effettuate prima del 28 dicembre 2011 - la Corte lo ribadisce ai sensi dell'art. 384, primo comma, cod. proc. civ., condividendo le ragioni sviluppate nei pertinenti arresti - il Collegio si uniforma. 3.2 - Consegue il rigetto del ricorso.

3.3 - La considerazione della circostanza che l'indirizzo giurisprudenziale (favorevole alla vittoriosa controricorrente) si è consolidato in epoca successiva alla proposizione del ricorso, consiglia la compensazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Spese compensate. Cosi deciso nella camera di consiglio della V Sezione Civile il 25 ottobre 2019.

 

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