Estratto: “la mancata produzione di componenti reddituali, stante la gratuità del mutuo tra società transfrontaliere appartenenti allo stesso gruppo, fa venire meno lo stesso elemento costitutivo della fattispecie abusiva dell'indebito risparmio fiscale riconducibile alla norma(...)”.
SECONDO L'AGENZIA DELLE ENTRATE I PRIMI GIUDICI HANNO ERRATO NEL RITENERE L'UTILIZZO DEI MARCHI UNA SEMPLICE CONSEGUENZA DELL'UTILIZZO DEI CIRCUITI DI PAGAMENTO. RIGETTATO L'APPELLO: LA SENTENZA IMPUGNATA SI È BASATA SU DI UN GIUDIZIO CHE HA CORRETTAMENTE VALUTATO LA “SOSTANZA ECONOMICA DELLE OPERAZIONI”.
Estratto: “ L'articolazione dell'organizzazione, il numero di soggetti coinvolti e la molteplicità delle attività erogate identificano, ad avviso di Questa Commissione, una realtà complessa che non può essere inquadrata - come preteso - in termini riduttivi di "utilizzo e sfruttamento di beni immateriali" da intendersi quali marchi e know - how connesso ai sistemi di pagamento. Basti pensare, a titolo esemplificativo, alle reti di comunicazioni che veicolano nei corrispondenti circuiti le richieste e le autorizzazioni di spesa, alle operazioni di contabilizzazione e pareggio dei conti, alla gestione dei POS presso gli esercenti: attività, queste, che si avvalgono di strumenti non certo qualificabili come beni immateriali e che esigono servizi peculiari altamente specializzati. Rispetto ad esse, l'utilizzo e sfruttamento dei marchi identificativi risulta sì presente - perché strumentale a garantire l'operatività dei flussi di pagamento - ma anche residuale. E', pertanto, coerente qualificare - secondo quanto fatto dai primi giudici - i corrispettivi versati dalla contribuente quali commissioni per i servizi di pagamento delle carte e remunerazione delle molteplici prestazioni erogate”.
Estratto: “in tema di imposte sui redditi, a norma dell'art. 14, comma 4, bis, I. n. 537 del 1993, nella formulazione introdotta con l'art. 8, comma 1, d.l. n. 16 del 2012, conv. con I. n. 44 del 2012, l'acquirente dei beni può dedurre i costi di beni o servizi, non utilizzati direttamente per commettere il reato, relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti anche nell'ipotesi in cui sia consapevole del carattere fraudolento di dette operazioni, salvo che si tratti di costi che, a norma del TUIR approvato con d.P.R. n. 917 del 1986, siano in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità”.
Estratto: “(...) la sentenza non dubita che, a fronte della prospettazione di elementi indiziari da parte dell'ufficio in caso di fatture reputate inerenti ad operazioni soggettivamente inesistenti, spetti al contribuente l'onere di dimostrare la correttezza dell'operazione; anzi, la sentenza ha proceduto a valutare gli elementi di prova all'uopo offerti da G.”.
Estratto: “in tema di IVA, l'Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell'ambito di una frode carosello, ha l'onere di provare non solo l'oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l'operazione si inseriva in una evasione dell'imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l'ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l'Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria”.
Fatturazione Iva per le operazioni con l'estero: guida pratica
Estratto: “Va (...) ribadito e dato seguito al principio di diritto che «in tema di IVA, l'Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell'ambito di una frode carosello, ha l'onere di provare non solo l'oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l'operazione si inseriva in una evasione dell'imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l'ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l'Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un'operazione volta ad evadere l'imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi»”.
Estratto. “Nessun rapporto tributario si è per conseguenza instaurato tra la XXX e l'Agenzia delle entrate per effetto del versamento dell'iva, peraltro non dovuta, dalla prima alla seconda. Per conseguenza il credito della XXX maturato nei confronti dell'Agenzia e concernente la restituzione di quanto versato ha natura privatistica ed è ripetibile a norma dell'art. 2033 c.c. (vedi, sulla medesima falsariga, in riferimento al caso di un istituto di credito delegato dal contribuente per il versamento dell'iva, Cass. 22 aprile 2009, n. 9514). (…) 6.- Non è per conseguenza applicabile nel caso in esame il termine biennale di decadenza, bensì quello decennale di prescrizione”.
Estratto: “la preclusione all'utilizzazione di tali documenti necessita: la non veridicità della dichiarazione del contribuente, resa nel corso di un accesso, di non possedere la documentazione richiestagli e, più in generale, il suo concretarsi in un sostanziale rifiuto di esibizione; la coscienza e la volontà della dichiarazione stessa; il dolo, costituito dalla volontà del contribuente di impedire che, nel corso dell'accesso, possa essere effettuata l'ispezione del documento”.
Estratto: “la CTR non ha fatto corretta applicazione del descritto criterio di riparto dell'onere della prova, tra Amministrazione finanziaria e contribuente, in quanto, senza prima verificare se l'Ufficio avesse dimostrato, anche per presunzioni, che la società acquirente era a conoscenza o avrebbe dovuto conoscere, con la diligenza qualificata richiesta all'imprenditore, che l'operazione s'iscriveva in un'evasione fiscale, ha posto contra legem a carico della cessionaria il peso di dimostrare di avere agito in assenza di una simile consapevolezza”.