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Corte di Cassazione, Sez. 5
Ordinanza n. 34292 del 23 dicembre 2019
RILEVATO CHE:
- Con ricorso la S. impugnava il diniego di rimborso IVA relativo all'anno di imposta 2003, comunicatole dall'Agenzia delle entrate, Ufficio territoriale di Bari, sul presupposto della rilevata decadenza dal termine biennale di proposizione della domanda di rimborso di cui all'art. 21 d.lgs. n. 546 del 1992; - La CTP di Bari, con sentenza n. 185/15/12, accoglieva l'impugnazione della contribuente, assumendo l'inapplicabilità, nella specie, dell'invocata norma;
- Il successivo appello erariale è stato rigettato, avendo rilevato la CTR che, nel caso in questione, la società aveva esercitato legittimamente il diritto al rimborso, compilando il quadro RX del modello unico 2004, ancorchè non avesse utilizzato il c.d. modello "VR", costituente un adempimento meramente formale e non imprescindibile;
- Il ricorso per cassazione dell'Agenzia delle entrate è affidato a un solo motivo; La contribuente si è costituita con controricorso;
CONSIDERATO CHE:
Con l'unico mezzo di censura si lamenta la violazione, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., dell'art. 21, comma 1, d.lgs. n. 546 del 1992, per avere la CTR erroneamente ritenuto che la sola compilazione del quadro RX del modello unico 2004 integrasse una regolare richiesta di rimborso, senza che rilevasse la mancata presentazione del modello VR;
- Il motivo è infondato e va disatteso; - La mera risultanza del credito in dichiarazione integra, a seguito della consolidazione del rapporto tributario, il fatto costitutivo del relativo diritto in favore del contribuente; la presentazione di una istanza di rimborso ad hoc realizza, di contro, un mero presupposto per l'esigibilità del credito, quindi per dare inizio al procedimento di esecuzione del rimborso medesimo, non assurgendo, per converso, a fatto costitutivo del diritto in parola;
- Giova, infatti, accogliere e ribadire il principio più volte affermato da questa Corte secondo cui "In tema di IVA, l'esposizione di un credito d'imposta nella dichiarazione dei redditi fa sì che non occorra, da parte del contribuente, al fine di ottenere il rimborso, alcun altro adempimento, dovendo solo attendere che l'Amministrazione finanziaria eserciti, sui dati esposti in dichiarazione, il potere - dovere di controllo secondo la procedura di liquidazione delle imposte, ovvero, ricorrendone i presupposti, attraverso lo strumento della rettifica della dichiarazione. Ne consegue che, il relativo credito del contribuente è soggetto all'ordinaria prescrizione decennale, mentre non è applicabile il termine biennale di decadenza previsto dall'art. 21, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in quanto l'istanza di rimborso non integra il fatto costitutivo del diritto ma solo il presupposto di esigibilità del credito per dare inizio al procedimento di esecuzione del rimborso stesso" (Cass. n. 20678 del 2014; nel medesimo senso v. anche Cass. n. 19115 del 2016);
- Ed invero "La domanda di rimborso dell'IVA o di restituzione del credito d'imposta maturato dal contribuente deve ritenersi già presentata con la compilazione, nella dichiarazione annuale, del quadro relativo al credito, analogamente a quanto avviene in materia di imposte dirette, ed in linea con la Sesta Direttiva CEE, per la quale il diritto al ristoro dell'IVA versata "a monte" è principio basilare del sistema comunitario, per effetto del principio di neutralità, mentre la presentazione del modello di rimborso costituisce esclusivamente presupposto per l'esigibilità del credito e, quindi, adempimento necessario solo per dare inizio al procedimento di esecuzione del rimborso. Ne consegue che, una volta manifestata in dichiarazione la volontà di recuperare il credito d'imposta, il diritto al rimborso, pure in difetto dell'apposita, ulteriore domanda, non può considerarsi assoggettato al termine biennale di decadenza previsto dall'art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 e, oggi, dall'art. 21, comma secondo, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ma solo a quello di prescrizione ordinario decennale ex art. 2946 cod. civ." (Cass. n. 15229 del 2012; v. Cass. n. 27828 del 2018);
- Questa Corte ha, inoltre, precisato che "In tema di rimborso dell'IVA, deve tenersi distinta la domanda di rimborso o restituzione del credito d'imposta maturato dal contribuente, da considerarsi già presentata con compilazione nella dichiarazione annuale del quadro "RX4", che configura formale esercizio del diritto, rispetto alla presentazione altresì del modello "VR", che costituisce, ai sensi dell'art. 38-bis, comma primo, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, presupposto per l'esigibilità del credito e dunque adempimento necessario solo a dar inizio al procedimento di esecuzione del rimborso; ne consegue che, una volta esercitato tempestivamente in dichiarazione il diritto al rimborso con la compilazione del quadro "RX4", la presentazione del modello "VR" non può considerarsi assoggettata al termine biennale di decadenza previsto dall'art. 21, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ma solo a quello di prescrizione ordinario decennale ex art. 2946 cod. civ." (Cass. n. 7684 del 2012; Cass. n. 8813 del 2013; Cass. n. 20255 del 2015; Cass. n. 4559 del 2017);
- La prospettiva ermeneutica accolta tiene, dunque, rigorosamente distinta la domanda di rimborso o restituzione del credito d'imposta maturato dal contribuente, da considerarsi già presentata con compilazione nella dichiarazione annuale del quadro relativo, che configura formale esercizio del diritto, rispetto alla presentazione del modello VR, quale adempimento "d'avvio" del procedimento di esecuzione del rimborso; dal che si ricava la conseguenza per la quale, una volta esercitato tempestivamente in dichiarazione il diritto al rimborso, esso non può considerarsi assoggettato al termine biennale di decadenza, ma solo a quello di prescrizione ordinario decennale.
- Conclusivamente, il ricorso va rigettato; le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate nella misura espressa in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in Euro 5.600,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed accessori di legge. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria della Suprema Corte di Cassazione, il 3 ottobre 2019.
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