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Il fatto che l’esercente (il quale dichiarò ricavi inferiori agli studi di settore), fosse vittima dell’usura era fatto rilevante (accertato anche nel processo penale) e doveva essere valutato. Accolto il ricorso dell’ambulante. Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Estratto: “la C.T.R. non sembra aver tenuto conto nella sentenza gravata, la cui motivazione, malgrado il principio di prova fornito dal ricorrente, non contiene alcuna considerazione al riguardo. Invero come questa Corte ha più volte ribadito, nel processo tributario il giudice, pur dovendo procedere ad una propria ed autonoma valutazione, secondo le regole proprie della distribuzione dell'onere della prova, ben può tener conto di elementi probatori acquisiti nel processo penale, i quali possono, quantomeno, costituire fonte legittima di prova presuntiva”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 30150 del 20 novembre 2019

RILEVATO IN FATTO

1. B., esercente l'attività di commercio ambulante al dettaglio di tessuti ed articoli tessili, impugnava l'avviso di accertamento notificatogli in data 2.8.2010 dall'Agenzia delle Entrate di Cremona, mediante il quale l'Ufficio, previo contraddittorio, rilevato che l'ammontare dei redditi dichiarati per l'anno 2005 era inferiore a quello derivante dall'applicazione degli studi di settore, aveva determinato maggiori ricavi ai fini IRPEF, IRAP, IVA e addizionali pari ad Euro 70.540,01, oltre ad interessi e sanzioni per Euro 13.207,75. Deduceva in particolare il contribuente che analoga situazione era stata oggetto di decisione a lui favorevole dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale (Sez. Staccata di Brescia) la quale, ritenuta comprovata la sua condizione di vittima dell'usura, aveva annullato, con decisione non impugnata dall'ufficio impositore, analogo avviso di accertamento notificatogli per l'anno 2004.

2. La C.T.P. di Cremona accoglieva il ricorso e condannava l'Ufficio al pagamento delle spese di giudizio.

3. La C.T.R. della Lombardia, sezione distaccata di Brescia, con sentenza n. 3482/14, pronunciata il 13.1.2014 e depositata il 30.6.2014, accoglieva viceversa l'appello dell'Agenzia delle Entrate.

4. Avverso tale decisione il B. ha quindi proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui resiste con controricorso l'Agenzia delle Entrate.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce, ex art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell'art. 62 bis del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito in L. 29 ottobre 1993, n. 427, lamentando il carattere meramente presuntivo degli studi di settore e l'assenza di motivazione dell'accertamento, non risultando chiarite le ragioni per cui non siano state ritenute attendibili le giustificazioni allegate in sede di contraddittorio.

2. Con il secondo motivo deduce ex art. 360 n. 5 c.p.c. omesso esame su un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, lamentando che i giudici della C.T.R. avrebbero omesso di considerare la condizione di vittima dell'usura in cui egli versava; condizione accertata con sentenza di merito emessa nei suoi confronti dalla stessa C.T.R., per le imposte dell'anno precedente, divenuta definitiva per mancata impugnazione. 2.1. Detta censura appare suscettibile di accoglimento.

2.2. La C.T.R. ha infatti ritenuto di riformare la sentenza di primo grado, rilevando che dai documenti prodotti non risultava analiticamente dimostrato se e quanto avesse interferito l'azione degli usurai sui ricavi del contribuente ed in che misura l'acquisto forzato di merce avesse influito sulla sua attività commerciale.

2.3. Lo stesso contribuente invero aveva riconosciuto le varie incongruenze della contabilità, asserendo semplicemente di essere stato vittima di usura e di avere effettivamente alterato la contabilità per aderire alle pressioni degli usurai che lo avrebbero costretto ad effettuare acquisti di merce scadente ed "in nero". Aveva inoltre evidenziato il fatto, che la stessa C.T.R., in diversa composizione, aveva accolto il ricorso da lui proposto per i redditi del 2004, giustificando le discrepanze rilevate dall'Ufficio. Infine aveva prodotto copia degli atti del procedimento penale effettivamente pendente a carico di terzi, imputati di varie ipotesi di usura ai suoi danni. Di tali fatti la C.T.R. non sembra aver tenuto conto nella sentenza gravata, la cui motivazione, malgrado il principio di prova fornito dal ricorrente, non contiene alcuna considerazione al riguardo. Invero come questa Corte ha più volte ribadito, nel processo tributario il giudice, pur dovendo procedere ad una propria ed autonoma valutazione, secondo le regole proprie della distribuzione dell'onere della prova, ben può tener conto di elementi probatori acquisiti nel processo penale, i quali possono, quantomeno, costituire fonte legittima di prova presuntiva (cfr. Cass. sentenza n. 18074 del 2008).

3. Detto motivo di ricorso va pertanto accolto, restando assorbito il primo. La sentenza va conseguentemente cassata con rinvio al giudice a quo, in diversa composizione, per l'esame di merito della vicenda, oltre che per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso, assorbito il primo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, Sezione distaccata di Brescia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 13 giugno 2019.

 

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