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Rettifica del valore di compravendita. Nel giudizio dovevano essere considerati i prezzi medi delle aree simili offerte dal contribuente in comparazione. Accolto il ricorso dei contribuenti. Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Estratto: “la CTR, che pur ha fatto corretta applicazione di tali principi nel disporre una consulenza tecnica d'ufficio al fine di verificare in concreto l'esatto valore di stima, è poi pervenuta con una motivazione insufficiente e non argomentata ad adottare come parametro di decisione gli esiti della stessa, di cui ha, nello stesso tempo, evidenziato la sinteticità e apoditticità per aver individuato "salomonicamente" il valore al mq facendo la semplice media tra quello massimo e quello minimo risultante dal listino. La motivazione risulta inoltre carente per non aver preso in considerazione i prezzi medi delle aree similari offerte dai contribuenti in comparazione; innegabile infine l'omessa pronuncia sulla denuncia relativa alla carenza del profilo soggettivo delle sanzioni”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Sentenza n. 30144 del 20 novembre 2019

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 135/67/12, depositata il 18 giugno 2012, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sez. distaccata di Brescia, riformava parzialmente la sentenza n. 24/08/10 della Commissione Tributaria Provinciale di Brescia, con compensazione delle spese di lite. Il giudizio aveva ad oggetto l'impugnazione da parte dei contribuenti di un avviso di rettifica e liquidazione con il quale l'Agenzia delle Entrate, ai fini dell'imposta di registro, ipotecaria e catastale, avevarideterminato il valore di una compravendita immobiliare, relativa ad un terreno edificabile sito nel Comune di R., accertando un valore al mq di € 300,00, pari per l'intero ad un valore di € 5.045.637, in luogo di quello dichiarato di € 162,77/mq, pari per l'intero ad € 2.737.513, applicando il valore massimo di cui al listino dei valori degli immobili della provincia di Brescia. La Commissione di primo grado aveva parzialmente accolto il ricorso degli istanti e rideterminato il valore in misura pari ad € 250,00 al mq. La CTR riformava la pronuncia di primo grado, riducendo ulteriormente il valore del cespite a complessivi € 3.700.000, all'esito di una consulenza tecnica d'ufficio che riteneva di porre a fondamento della decisione, pur rilevandone la sinteticità, in assenza di serie contestazioni della società acquirente.

2. Avverso la sentenza di appello i contribuenti hanno proposto ricorso per cassazione, consegnato per la notifica il 16 settembre 2013, affidato a cinque motivi; l'Agenzia ha resistito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo, secondo e terzo motivo di ricorso i contribuenti censurano la sentenza impugnata, deducendo, ex art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato ex art. 112 c.p.c., per aver omesso di pronunciarsi sui vizi denunciati di illegittimità dell'accertamento per difetto di motivazione, in quanto fondato su atti non allegati, per carenza di prova, per aver utilizzato come unico elemento per la rettifica il listino della Borsa immobiliare della Camera di Commercio, per la carenza dei presupposti soggettivi ai fini dell'applicazione delle sanzioni;

2. con il quarto e quinto motivo denunciano, ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., insufficiente ed omessa motivazione su un fatto decisivo e controverso, per non aver verificato che il prezzo dichiarato fosse quello reale in relazione al valore di mercato, e determinato il valore dell'area sulla base di una CTU che lo aveva fissato in modo astratto, senza tenere conto della documentazione prodotta, da cui emergeva un inferiore valore medio delle aree pari ad € 175,40 al mq, né indicato il percorso logico seguito per non dargli rilevanza; 

3. Il primo motivo risulta infondato; va premesso che il vizio di omessa pronuncia ricorre ove manchi qualsivoglia statuizione su un capo della domanda o su una eccezione di parte, così dando luogo alla inesistenza di una decisione sul punto della controversia, per la mancanza di un provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto, non potendo dipendere dall'omesso esame di un elemento di prova (vedi Cass. n. 7472 del 2017). Tale vizio integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 c.p.c., quando l'omissione attenda una richiesta delle parti diretta ad ottenere l'attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all'attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto. (vedi Sez. 5. n. 7653 del 2012; da ultimo Sez. 6-5 n. 28308 del 2017 e Sez. 6-1 n. 18797 del 2018). E' stato altresì affermato da questa Corte che la differenza fra l'omessa pronuncia di cui all'art. 112 c.p.c. e l'omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui all'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., applicabile "ratione temporis", si coglie nel senso che, nella prima, l'omesso esame concerne direttamente una domanda od un'eccezione introdotta in causa (e, quindi, nel caso del motivo d'appello, uno dei fatti costitutivi della "domanda" di appello), mentre nella seconda ipotesi l'attività di esame del giudice, che si assume omessa, non concerne direttamente la domanda o l'eccezione, ma una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un'eccezione e, quindi, su uno dei fatti principali della controversia (v. tra le tante, Sez. 5, n. 25761 del 2014 Rv. 63; Sez. 6 - 3, n. 25714 del 201; Sez. 3, n. 5444 del 2006). Nella specie sussiste la denunciata omessa pronuncia in relazione all'illegittimità dell'atto per difetto di motivazione, vizio autonomo, eccepito ma non esaminato né in primo né in secondo grado.

3.1 Accertata tale omissione, non essendo indispensabile un accertamento in fatto, è possibile fare ricorso all'orientamento consolidato di questa Corte (cfr. tra le tante Cass. n. 9693 del 2018; n. 11838 e 16171 del 2017; Sez. U n. 2731 del 2017; n. 16157 del 2016; n. 21968 del 2015; n. 23989 del 2014; n. 21257 del 2014; n. 15112 del 2013; n. 28663 del 2013; n. 11659 del 2012;; n. 2313 del 2010) secondo il quale nel giudizio di legittimità, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell'attuale art. 384 c.p.c., una volta verificata l'omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può evitare la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito sempre che si tratti di questione di diritto che non richiede ulteriori accertamenti di fatto. In tema costituisce orientamento consolidato che l'obbligo dell'Amministrazione finanziaria di allegare all'avviso di accertamento gli atti indicati nello stesso deve essere inteso in relazione alla finalità "integrativa" delle ragioni che giustificano l'emanazione dell'atto impositivo, sicché detto obbligo riguarda i soli atti richiamati nella motivazione che non siano conosciuti o altrimenti conoscibili dal contribuente (Vedi Cass. n. 24417 e n. 32127 del 2018; n. 9323 del 2017; n. 407 del 2015). Con specifico riferimento ai tributi di cui è causa si è poi chiarito che: "In tema di accertamento tributario, la motivazione di un avviso di rettifica e di liquidazione ha la funzione di delimitare l'ambito delle ragioni adducibili dall'Ufficio nell'eventuale successiva fase contenziosa, consentendo al contribuente l'esercizio del diritto di difesa. Ne consegue che, fermo restando l'onere della prova gravante sulla Amministrazione, è sufficiente che la motivazione contenga l'enunciazione dei criteri astratti, in base ai quali è stato determinato il maggior valore, senza necessità di esplicitare gli elementi di fatto utilizzati per l'applicazione di essi, in quanto il contribuente, conosciuto il criterio di valutazione adottato, è già in condizione di contestare e documentare l'infondatezza della pretesa erariale, senza poter invocare la violazione, ai sensi dell'art. 52, comma 2-bis, del d.P.R. n. 131 del 1986, del dovere di allegazione delle informazioni previste ove il contenuto essenziale degli atti sia stato riprodotto sull'avviso di accertamento" ( vedi Cass. n. 22148 del 2017; n. 25153 del 2013; 14027 del 2012). Ebbene è incontroverso che l'avviso di rettifica e liquidazione di maggiori imposte di registro, ipotecarie e catastali impugnato, relativo alla compravendita di un terreno edificabile, sia stato redatto dall'Ufficio, a seguito di segnalazione dello sportello dell'Edilizia e delle Imprese del Comune di R., utilizzando come termine di confronto i dati del listino della Borsa immobiliare elaborati dalla Camera di Commercio per la provincia di Brescia, da cui è stato desunto il valore venale in comune commercio dei beni che, applicato nella sua misura massima e confrontato con il valore inferiore dichiarato, ha determinato l'accertamento in rettifica. L'atto, dunque, oltre ad indicare la precisa fonte del dato comparativo utilizzato, che già consentiva ai contribuenti di poter agevolmente reperirne il contenuto, riporta in ogni caso, in relazione alla zona ove sono ubicati i terreni, i valori minimi e massimi individuati nel listino, optando quindi per una stima che si colloca su quelli massimi. Poiché il richiamo agli elementi fondamentali ricavabili dal listino delle quotazioni immobiliari ha un rilievo essenziale e sufficiente ai fini della giustificazione dell'atto, va escluso, ad avviso del Collegio, che possa ravvisarsi la sua invalidità per la violazione dell'art. 7 della I. n. 212 del 2000.

4. Meritano invece accoglimento i restanti motivi, da trattarsi congiuntamente per connessione. 4.1 Il riferimento alle quotazioni di listini immobiliari, se può essere sufficiente sul piano motivazionale, non esime tuttavia l'amministrazione finanziaria, sulla quale grava il relativo onere nella veste di attrice in senso sostanziale, dal fornire la prova in sede contenziosa del maggior valore accertato, rispetto a quello dichiarato dalle parti contraenti. Sul punto questa Corte ha già affermato che le quotazioni OMI, risultanti dal sito web dell'Agenzia delle entrate, non costituiscono una fonte tipica di prova del valore venale in comune commercio del bene oggetto di accertamento, ai fini dell'imposta di registro, ipotecaria e catastale (Cass. n. 25707 del 2015), e che il riferimento alle stime effettuato sulla base dei valori OMI, per aree edificabili del medesimo comune, non è quindi idoneo e sufficiente a rettificare il valore dell'immobile, tenuto conto che il valore dello stesso può variare in funzione di molteplici parametri quali l'ubicazione, la superficie, la collocazione nello strumento urbanistico, nonché lo stato delle opere di urbanizzazione (Cass. n. 18651 del 2016; Cass. n. 11439 del 2018). Con principio cui va data continuità, applicabile a qualsiasi listino immobiliare, si è così ritenuto che "In tema di imposta di registro, l'avviso di liquidazione non può essere fondato esclusivamente sullo scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell'atto di compravendita ed il valore del bene risultante delle quotazioni OMI pubblicate sul sito web dell'Agenzia delle entrate, atteso che queste non costituiscono fonte di prova del valore venale in comune commercio, il quale può variare in funzione di molteplici parametri (quali l'ubicazione, la superficie, la collocazione nello strumento urbanistico), limitandosi a fornire indicazioni di massima e dovendo, invece, l'accertamento essere fondato su presunzioni gravi, precise e concordanti. (vedi Cass. n. 21813 del 2018).

4.2 Indubbiamente il giudizio tributario non ha natura esclusivamente impugnatoria e di legalità formale, bensì di impugnazione-merito, con la conseguenza che spetta al giudice tributario il potere (dovere) di stabilire i limiti quantitativi di fondatezza della pretesa impositiva emergenti in giudizio, così da adottare - se del caso - una pronuncia sostitutiva sulla sussistenza ed entità dei presupposti del rapporto tributario. (Vedi tra le tante Sez. 5, n. 27574 del 2018; n. 19750, n. 24611, n. 25317 e n. 27560 del 2014 nonché n. 26157 del 2013). Va dunque confermato, in linea generale, che "in tema di accertamento di maggior valore, ai fini dell'imposta di registro, le Commissioni tributarie, oltre alla possibilità di confermare o annullare l'atto dell'amministrazione, in caso di errore o di difetto di prova, hanno anche il potere di ritoccare la stima operata dall'Ufficio. Ne consegue che, ove la Commissione si sia avvalsa di tale «potere, ed abbia - pertanto - ritenuto assolto l'onere probatorio incombente sull'amministrazione, il contribuente non può più dolersi del ragionamento svolto dall'Amministrazione nell'avviso di accertamento ma deve sindacare l'esattezza e la congruità solo di quello svolto dal giudice nella motivazione della sua decisione" (vedi Cass. n. 10816 del 2002 e n. 18826 del 2006, conforme Cass. n. 1728 del 2018).

4.3 Nella specie la CTR, che pur ha fatto corretta applicazione di tali principi nel disporre una consulenza tecnica d'ufficio al fine di verificare in concreto l'esatto valore di stima, è poi pervenuta con una motivazione insufficiente e non argomentata ad adottare come parametro di decisione gli esiti della stessa, di cui ha, nello stesso tempo, evidenziato la sinteticità e apoditticità per aver individuato "salomonicamente" il valore al mq facendo la semplice media tra quello massimo e quello minimo risultante dal listino. La motivazione risulta inoltre carente per non aver preso in considerazione i prezzi medi delle aree similari offerte dai contribuenti in comparazione; innegabile infine l'omessa pronuncia sulla denuncia relativa alla carenza del profilo soggettivo delle sanzioni.

5. Per le suesposte considerazioni, in accoglimento dei restanti motivi di ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio, per un nuovo esame alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, terzo, quarto e quinto; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa per un nuovo esame, anche per le spese, alla CTR della Lombardia, in diversa composizione. Così deciso, in Roma, in data 11 settembre 2019. 

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