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Se da una parte il principio generale sancito dall'art. 2697 c.c. prevede che chi vuole far valere in giudizio un diritto, deve dimostrare i fatti che ne costituiscono il fondamento, nel processo tributario, l'onere della prova funziona nel senso che: all'Amministrazione finanziaria spetta l'onere di provare il fatto costitutivo della pretesa tributaria, mentre il contribuente deve dimostrare l'esistenza di fatti impeditivi, estintivi o modificativi di tale pretesa tributaria.
Tuttavia esistono delle “presunzioni” sfavorevoli al contribuente che operano in modo tale da costringerlo a difendersi anche in assenza di prove reali e concreto del fatto che abbia davvero esercitato un’attività da cui ha incassato dei soldi in nero.
Questi rientrano tra i processi più difficili, ed è per questo che, in tali casi, l’intervento di un avvocato tributarista sin dalle prime fasi, a mio avviso, è fondamentale, proprio per evitare di ritenere che vi siano i presupposti per far scattare queste c.d. inversioni probatorie che facilitano tantissimo il lavoro dell’Agenzia delle Entrate, penalizzando nel contempo, sotto il profilo degli obblighi probatori, il contribuente, gravato di una prova contraria spesso difficile da assolvere in concreto, anche in caso di piena innocenza.
Intanto, ecco 3 esempi di inversione (in ambito di movimentazioni su conto corrente) che permettono all'Agenzia delle Entrate di contestare l'evasione senza avere prove effettive che vi sia stata evasione:
1) L'evasometro
Si tratta del nuovo algoritmo di cui dispone l'Agenzia delle Entrate per analizzare i dati dei movimenti bancari, individuando in modo strategico a chi può essere contestato di non aver pagato abbastanza tasse.
I dati che il sistema incrocia includono: conti correnti (per le uscite) e modello 730 (per le dichiarazioni dei redditi e tutte le informazioni contenute nella c.d. Superanagrafe (un database in cui confluiscono i dati dell'Agenzia delle Entrate e della Guardia di finanza).
A differenza del redditometro fondato sull'analisi della capacità del reddito personale di giustificare le spese sostenute, l'evasometro fa luce sui movimenti finanziari, analizzando se il reddito prodotto coincide con i movimenti in denaro.
Se la discrepanza tra quanto risulta dal saldo del conto corrente di fine anno e quanto dichiarato al Fisco, è uguale o superiore al 20% scattano gli accertamenti dell'Agenzia delle Entrate.
A chi spetterà dimostrare il contrario? Al contribuente, che dovrà dimostrare la legittimità dei propri averi.
Le anomalie dei conti correnti su cui non è fornita adeguata giustificazione da parte dei contribuenti saranno utilizzate come presunzioni ai fini di un accertamento.
In altre parole si verificherà l'inversione dell'onere della prova: non sarà l'accertatore a dover provare che vi è stata reale evasione (vi sono casi paradossali in cui contestazioni di evasione potrebbe arrivare a persone che non esercitano nessun tipo di attività da cui potrebbero percepire guadagni in nero perché magari dipendenti o pensionati) ma sarai tu contribuente a dover dimostrare che il tuo comportamento è in regola (e dire, ad esempio, “sono un regalo dei miei genitori” – pur essendo effettivamente così – purtroppo non sarà sufficiente).
2) L'inversione dell'onere della prova negli accertamenti sul conto corrente (ulteriore rispetto alla recente introduzione normativa di cui sopra).
In tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l'accertamento da parte dell'Agenzia delle Entrate sia basato su verifiche di conti correnti bancari, l'onere probatorio dell'Amministrazione si ritiene soddisfatto attraverso i dati e gli elementi risultanti dai predetti conti.
Quindi si verifica una inversione dell'onere della prova a carico del contribuente particolarmente complessa da dimostrare.
Sul punto, la sentenza della Corte di Cassazione n. 3441/2019 ha confermato l'orientamento giurisprudenziale prevalente in materia di accertamenti bancari (Sent. n. 4829/2015; 5758/2018) ritenendo che, qualora l'accertamento effettuato dall'Ufficio Finanziari si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l'onere probatorio dell'Amministrazione è soddisfatto secondo l'art. 32 del D.P.R. 600/1973, comma 1, n. 2), attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un'inversione dell'onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare con una prova non generica, ma analitica, per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili.
Ciò significa che, magari per un’attività o professionista che ha operato un numero elevato di versamenti, magari relativi all’incasso di più giorni versati in via cumulata, chiederanno di distinguere e spiegare ogni singolo versamento e tutti quelli rispetto ai quali le prove non sono ritenute sufficienti probabilmente te li contesteranno come evasione presunta.
3)Accertamento bancario sul conto corrente dei genitori.
La Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata, con ordinanza n. 22089/2018, sul tema dell'accertamento bancario svolto sul conto corrente di terzi.
É frequente che il coniuge, i genitori o anche i soci si trovino coinvolti nel bel mezzo di un accertamento che riguarda il contribuente in ragione della stretta contiguità familiare o professionale.
Il procedimento tributario in questione prendeva le mosse dall'accertamento bancario nei confronti di un professionista per il periodo d'imposta 2008.
Dal processo verbale di contestazione emergevano maggiori ricavi rispetto a quanto dichiarato.
Le indagini sono state rivolte prima al conto corrente del contribuente (di cui la moglie era contitolare) e successivamente si sono estese fino al conto corrente dei genitori (su cui il contribuente disponeva di una delega ad operare).
Il contribuente presentava ricorso, accolto totalmente dai giudici.
Tuttavia, in sede d'appello il giudice accoglieva le ragioni dell'Agenzia delle Entrate limitatamente a quattro movimentazioni del contribuente.
Il Fisco, non contento, proponeva ricorso per Cassazione; in particolare l'Ufficio sosteneva che i giudici d'appello avessero errato nell'escludere dai ricavi professionali del contribuente le somme movimentate e accertate sul conto corrente dei genitori.
La Cassazione accoglieva il ricorso dell'Agenzia delle Entrate, motivando che, per superare la presunzione a favore del Fisco, è necessario fornire una prova analitica e non generica della riferibilità o dell'estraneità di ogni singola movimentazione rilevata.
In poche parole, la presenza di elementi che rivelino il rapporto di stretta contiguità familiare tra professionisti e terzi (moglie, figli, genitori, soci) aumenta la probabilità di imputazione al contribuente delle movimentazioni rinvenute su detti conti e la loro riferibilità all'attività professionale da questo svolta. Spetterà al contribuente quindi dimostrare di essere in regola.
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Questi sono solo alcuni esempi dei numerosi casi in cui l'Agenzia delle Entrate può contestare un'evasione senza avere prove effettive, quindi se pensi qualcosa del genere “a me non potrebbe mai capitare perché non ho evaso o prima di venire da me andranno da quelli più grossi”, purtroppo non è così, e spesso è meglio essere pronti per difendersi da un accusa sin da prima che la stessa sia ipotizzata perché una volta ricevuto il questionario dell’Agenzia delle Entrate si avrà pochissimo tempo per raccogliere tutta la documentazione necessaria.
Per approfondire ulteriormente puoi ricercare tra le tante sentenze e ricorsi pubblicati sul nostro sito o chiedere l'intervento di un avvocato tributarista esperto proprio in questi temi per trovare la soluzione migliore possibile in relazione al tuo personale caso.
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