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Corte di Cassazione, Sez. 5
Ordinanza n. 22239 del 5 settembre 2019
FATTI DI CAUSA
Il fallimento della D. s.r.l., in liquidazione, impugnò la cartella di pagamento notificata a seguito di un controllo automatizzato, per IVA, oltre interessi e sanzioni, non versata nell'anno 2005, in carenza dei presupposti per detrarre quella indicata a credito nella relativa dichiarazione. L'impugnazione venne integralmente accolta in primo grado; l'Agenzia delle Entrate propose quindi appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, che lo respinse, con sentenza depositata il giorno 16 marzo 2012, affermando che l'appello risultava in rito privo di motivi specifici, restando comunque infondato, essendo applicabile il termine biennale previsto per i rimborsi in caso di omessa presentazione della dichiarazione IVA. Avverso la detta sentenza, Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, mentre non ha spiegato difese il fallimento intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente, occorre rilevare che l'odierna ricorrente ha notificato il ricorso per cassazione nei confronti del fallimento della D. s.r.l., in liquidazione, presso il suo difensore costituito nel solo giudizio di primo grado, non avendo la procedura concorsuale spiegato difese in appello e, dunque, la detta notifica è nulla ancorchè non inesistente (Cass. 11/05/2018, n. 11485); tuttavia, in adesione all'orientamento di questa Corte, appare superfluo assegnare alla parte istante un termine per rinnovare la detta notifica, trattandosi qui - come si vedrà in prosieguo - di ricorso per cassazione inammissibile e considerato che la concessione di un termine si tradurrebbe in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione, senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell'effettività dei diritti processuali delle parti (Cass. 21/05/2018, n. 12515; Cass. 17/06/2013, n. 15106; Cass. s.u. 22/03/2010, n. 6826).
2. Con l'unico motivo deduce l'Agenzia delle Entrate la violazione degli artt. 30 e 54-bis del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633, poiché in caso di omessa dichiarazione IVA il contribuente non può riportare l'eventuale credito nella dichiarazione successiva.
2.1. Il motivo è inammissibile. Occorre, invero, evidenziare che quando il giudice abbia ritenuto inammissibile il gravame o un singolo motivo di esso, così spogliandosi della potestas iudicandi sul relativo merito, e poi abbia proceduto comunque al suo esame, il motivo di impugnazione della sentenza che ne contesti solo la motivazione, da considerarsi svolta ad abundantiam, è inammissibile per difetto di interesse (Cass. 19/12/2017, n. 30393; Cass. s.u. 30/10/2013, n. 24469).
2.2. Orbene, nella vicenda all'esame, la commissione tributaria regionale ha ritenuto l'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate privo della necessaria specificità dei motivi e, quindi, in definitiva inammissibile, ai sensi dell'art. 53 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, anche se poi il medesimo giudicante si è soffermato ad esaminare il merito del gravame, giudicando infondato; siffatta ragione della decisione di natura esclusivamente processuale - attraverso la quale il giudice di merito si è così spogliato della causa - non risulta censurata in alcun modo dall'Agenzia delle Entrate con l'unico motivo del ricorso che ci occupa, che risulta conseguentemente inammissibile per carenza di interesse. 3. Nulla sulle spese.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso in Roma, il giorno 3 luglio 2019.
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