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In questo articolo faremo luce su alcuni punti riguardanti i controlli sul tuo conto corrente che devi assolutamente conoscere per non correre rischi con il Fisco.
I controlli fiscali operati dall'Agenzia delle Entrate negli ultimi tempi si sono intensificati e sono diventati più veloci, avvalendosi della possibilità di conoscere i movimenti del contribuente incrociando in maniera telematica i dati.
Diciamo subito che in tema di accertamenti fiscali sul conto corrente, il contribuente si trova in una situazione di inferiorità processuale nei confronti dell’Agenzia delle Entrate: quest'ultima può presumere l'evasione fiscale anche senza prove, mentre al contribuente spetterà il ben più difficile compito di fornire le prove contrarie.
Per adesso, tieni a mente queste 3 (tra le tante) cose sugli accertamenti fiscali sul conto corrente:
1) Fai attenzione ai bonifici in entrata e ai versamenti in contanti sul tuo conto.
In sede di controllo, se le entrate coincidono con quanto indicato in dichiarazione dei redditi non ci dovrebbero essere problemi. Qualora, invece, risulterà una differenza (tra movimenti in accredito ed entrate dichiarate) potrebbe essere necessario (in tempi brevissimi) essere in grado di dimostrare, a seguito della richiesta dell’Agenzia, magari a te notificata a distanza di molti anni, che non si tratta di evasione (ad esempio, che non si tratta di reddito da lavoro “in nero”).
2) I redditi esenti e i redditi già tassati alla fonte.
Il Testo Unico sulle imposte sui redditi spiega che in due casi il contribuente non è tenuto a riportare le somme oggetto di versamento sul conto corrente nella dichiarazione dei redditi e in particolare che, per superare un accertamento fiscale basato sulla presunzione di disponibilità di somme ulteriori a quelle dichiarate nella dichiarazione dei redditi, bisogna dimostrare che queste sono frutto in via alternativa di:
- Redditi già tassati alla fonte.
Sono i redditi che vengono erogati al contribuente già al netto delle tasse che vengono trattenute da chi fa il versamento e poi da questi versato all'erario.
Esempio: i redditi che derivano da mutui o finanziamenti o le vincite da gioco;
2) Redditi esenti.
Sono invece quelli su cui non si pagano le tasse. E non vanno neanche riportati nella dichiarazione dei redditi.
Esempio: le donazioni provenienti dai genitori, nonni o dal coniuge (entro una certa soglia), i risarcimenti del danno morale e materiale.
Sul punto si è espressa anche la Corte di Cassazione (vedi ad esempio Cass., n. 711/2017), in processi non seguiti dal nostro studio, dando ragione all’Agenzia ed affermando che «qualora l'accertamento effettuato dall'ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l'onere probatorio dell'Amministrazione è soddisfatto, secondo l'art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un'inversione dell'onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili e sono prive di rilevanza fiscale (Cass., nn. 15857/2016; 4829/2015)».
Attenzione: non basta affermare l'esistenza di tali circostanze, devono essere dimostrate.
Quale prova è richiesta?
Secondo una corrente di pensiero si ritiene che la prova sia soddisfatta solo presentando un documento in possesso di determinate caratteristiche, fra cui: - la forma scritta; - la data certa (dimostrabile attraverso lo scambio di raccomandate o Pec ad esempio).
Quindi il consiglio è quello di preparare un fascicolo o una cartella sul computer in cui inserirete i documenti a riprova della fonte di tali versamenti che soddisfino tali criteri.
Tuttavia, se hai già ricevuto l’avviso di accertamento e questo tipo di documentazione non è in tuo possesso, non disperare, non è detta l’ultima parola. In diversi casi ci è capitato di riuscire a dimostrare, all’interno di processi molto difficili ma conclusi per l’appunto con successo, che si trattava di soldi che non dovevano essere dichiarati anche in assenza di prove documentali con i requisiti di cui sopra (es. prove presuntive, documenti senza data certa, eccetera).
3. Dal punto di vista preventivo, in ogni caso, è sicuramente buona abitudine, in caso di scambi di denaro che non costituiscono reddito, creare un documento scritto, dettagliato e datato che attesti la provenienza e la causale delle somme.
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Ricorda:
1) l'Agenzia delle Entrate, tenendo conto delle modifiche in vigore dal 2016 riguardanti l’estensione dei termini ai fini della notifica degli avvisi di accertamento, può effettuare controlli fiscali sui conti correnti “tornando indietro” fino ai 5 anni per coloro che hanno presentato regolare dichiarazione dei redditi, fino ai 7 anni precedenti per coloro che non l'hanno presentata.
2. I controlli possono avvenire sui conti correnti di chiunque: lavoratori dipendenti o autonomi e pensionati, ma anche disoccupati e sotto una lente più attenta finiranno i conti correnti che presentano dei movimenti finanziari “anomali”.
Se il tuo conto corrente è stato oggetto di accertamento fiscale e l’Agenzia delle Entrate ha notato delle incongruenze, contatta un avvocato tributarista che potrà studiare il tuo caso personale. In questi casi intervenire prontamente ed il prima possibile (già in sede di questionario possibilmente) è fondamentale. Inoltre, per massima sicurezza, confrontati con un avvocato tributarista anche quando prepari il tuo fascicolo o cartella a dimostrazione del fatto che non si tratta di versamenti collegati a compensi c.d. in nero, cosicché sulla base anche delle novità giurisprudenziali e più recenti modifiche normative ti possa indicare che documentazione raccogliere e cosa ulteriormente fare perché la stessa abbia i requisiti specifici di cui sopra (ad esempio, data certa).
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