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Pasticcerie: quando il calcolo basato sul peso delle materie prime porta ad accertamenti tributari illegittimi

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Pasticcerie: quando il calcolo basato sul peso delle materie prime porta ad accertamenti tributari illegittimi

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Aprire una pasticceria può costituire un’ottima opportunità di business per chi ha la passione di preparare dolci. Non bisogna possedere un diploma per diventare pasticceri ma è sufficiente seguire dei corsi professionalizzanti che insegnano le basi della pasticceria ma anche tecniche più moderne ed in voga.

Un bravo pasticcere si distingue, inoltre, per la sua capacità di interpretare il mercato, i gusti che cambiano ma anche le mutate esigenze. Basti pensare alle pasticcerie che offrono prodotti senza glutine o a quelle vegane, oggi sempre più fiorenti. Ecco, allora, che esistono pasticcerie vecchio stile che vanno avanti a fatica ed altre, invece, che riescono a creare business di successo arrivando addirittura ad aprire più punti vendita.

Il mercato della pasticceria artigianale in Italia conta più di 30 mila pasticcerie che, nella maggior parte dei casi, inglobano anche altre attività come quella di bar, gelateria, rosticceria, ecc. Le pasticcerie pure e semplici si aggirano intorno ai 4 mila punti vendita.

I prodotti di pasticceria sono molto diversi tra loro e spaziano dalle proposte fresche che devono essere vendute in giornata a quelle secche che hanno un tempo di conservazione ben più lungo. Tuttavia, la maggior parte degli introiti sono rappresentati dai prodotti di largo consumo quali brioches per la colazione e i pasticcini, maggiormente richiesti nel fine settimana.

Al i là della qualifica, per aprire una pasticceria bisogna avviare un lungo iter burocratico che va dalla ricerca di un laboratorio idoneo, apertura di una partiva Iva e posizione previdenziale, presentazione al comune della comunicazione di inizio attività, adesione al protocollo HACCP per la prevenzione delle possibili contaminazioni degli alimenti, all’acquisizione di tutte le certificazioni Asl ed antincendio, ecc.

Il lavoro in pasticceria, inoltre, prevede l’uso di diversi macchinari, tutti indispensabili per l’esercizio ottimale dell’attività quali forni professionali, planetarie, frigoriferi, armadi refrigeranti, congelatori, sfogliatrici abbattitori, ecc. Si tratta di attrezzatura molto costosa che prevede un investimento iniziale consistente, intorno ai 70 mila euro. Bisogna poi trovare un laboratorio idoneo che consenta gli allacciamenti, anche elettrici, potenziati. Infine, bisogna fornire il laboratorio delle materie prime che nel campo della pasticceria moderna sono diventate più variegate e costose.

Fatto tutto questo, il pasticcere si mette in campo per sfornare nuovi dolci che non siano solo buoni ma anche belli alla vista.

Un bravo pasticcere professionista in Italia arriva a guadagnare cifre molto alte e, dando vita ad un’attività di impresa potenzialmente redditizia, è anch’esso soggetto ad accertamenti e controlli fiscali.

L’Amministrazione finanziaria tiene d’occhio le pasticcerie

Insomma, anche i pasticceri che partono dalla lavorazione di materie prime alla creazione di prodotti finiti altamente redditizi, sono oggetto di verifica se dalle dichiarazioni emergono indici di irregolarità contabile.

In questo settore la sottrazione della materia imponibile si realizza per lo più con la mancata emissione dello scontrino fiscale. Ciò determina una diminuzione dei ricavi creando un’alterazione nel conto economico e, nel momento in cui i costi per materie prime, consumi, ecc. non sono proporzionati ai ricavi, scatta l’accertamento.

Bisogna partire dalla considerazione che l’attività svolta nei laboratori di pasticceria è ad elevato valore aggiunto che è di difficile calcolo. Ecco allora che qualsiasi anomalia o incidenza rispetto al costo delle materie prime, accende immediatamente un campanello d’allarme e l’ufficio tributario procederà alla verifica di tali cause. Molto spesso, però, bastano delle spiegazioni convincenti da parte dell’artigiano a chiarire dubbi o incoerenze in realtà infondate.

Anche procedere con un accertamento induttivo che, partendo dalla quantità di materie prime acquistate per arrivare a ricostruire il volume dalla produzione sulla base della resa delle materie prime, è rischioso e non porta a risultati veritieri.

Innanzitutto, infatti, bisognerebbe valutare in maniera precisa le esatte quantità di materie prime adoperate per ogni prodotto realizzato e le corrette dosi di impiego per ogni miscela. Accanto all’elemento quantitativo bisognerebbe poi acquisire quello qualitativo rappresentato dalle specialità del prodotto venduto. Si tratta, con ogni evidenza, di un accertamento difficile che da adito a facili abbagli e contestazioni da parte del contribuente. È indispensabile, quindi, che i verificatori procedano in contraddittorio con il titolare della pasticceria per capire quali siano i prodotti maggiormente venduti ed il loro dosaggio.

Senza tenere conto poi che in ogni laboratorio, specie in quelli più moderni, molte materie prime vengono disperse per la prova di nuovi prodotti, la cui riuscita non è sempre così scontata.

L’accusa dell’Agenzia delle Entrate, in sostanza, è quella di aver prodotti maggiori ricavi sottratti all’imposizione fiscale derivante da una percentuale di ricarico molto elevata.

Tuttavia, la determinazione del volume d’affari realizzato ad una pasticceria deve tenere conto non solo della resa delle materie prima ma di molti altri fattori quali la percentuale di ricarico, la superficie dell'esercizio, tenendo in considerazione quella destinata a laboratorio e quella alla vendita, la mancanza di specifiche attrezzature che rallentano il ciclo produttivo rispetto ad averle, ecc. solo così, infatti, si può arrivare a quantificare la reale capacità produttiva di una pasticceria.

Elementi complessi che vengono spesso sminuiti lasciando che siano gli studi di settore a dire quanto una pasticceria debba fatturare per essere considerata in regole.

Esiste, infatti, una grande differenza tra una pasticceria tradizionale impiegata nella produzione solo materie prime elementari (ad esempio uova, latte, panna, frutta, ecc.) ed una pasticceria più automatizzata con una capacità semindustriale dove vengono lavorati anche prodotti a più lunga conservazione.

Ad incidere sul volume d’affari poi anche l’eventuale servizio ai tavoli altro al classico servizio al banco che prevede una maggiorazione di prezzo. Altro fattore da valutare poi, quello dell’eventuale cessione di prodotti ad altri commercianti, previo possesso della relativa autorizzazione amministrativa.

Insomma, si tratta di controlli tutti indispensabili, compreso quello del personale presente all’interno del laboratorio e con specifiche mansioni.

Quando, come spesso accade, il controllo risulta approssimativo e generico, ecco che il pasticcere deve agire in giudizio per contestare la pretesa tributaria che gli è stata ingiustamente avanzata.

Comm. Trib. Reg. della Campania, sentenza n. 254/12/2012

Questo caso ha avuto origine da un avviso di accertamento notificato alla titolare di un’attività di pasticceria con cui veniva rideterminate maggiori imposte dirette, l'Iva e l'Irap. Era emerso che la contribuente si era discostata nell'esercizio della sua attività economica e per due periodi d'imposta consecutivi dalle risultanze dello studio di settore applicato.

In particolare l'Agenzia delle Entrate ha evidenziato che per la realizzazione di prodotti di propria produzione, pari al 30% del totale, fosse indicato un consumo esiguo e sospettoso sia di farina che di energia elettrica. L’ufficio tributario, inoltre, ha evidenziato l'incongruenza nella dichiarazione della contribuente dove veniva indicata una percentuale irrisoria di produzione propria di pasticceria pari al 5% del commercializzato. Infine, era stata rilevata l’inattendibilità delle scritture contabili dove erano state indicate percentuali irrisorie di beni soggetti ad un’aliquota Iva ridotta.

Non convinto delle risultanze dell’Amministrazione Finanziaria la contribuente ha contestato la pretesa tributaria.

La CTR ha accolto il suo ricorso ritenendo che l’Agenzia delle Entrate si fosse solamente limitata a rilevare lo scostamento dei ricavi dichiarati rispetto a quelli indicati nello studio di settore che si basava sul consumo di farina o di altre materie (zucchero, latte, uova) e, soprattutto, senza alcun elemento concreto di prova. Inoltre l’Ufficio non aveva fornito sufficienti motivazioni circa le gravi incongruenze tra il reddito dichiarato dalla pasticceria e le risultanze dello studio, il quale rappresentava solamente un meccanismo presuntivo. Infine, l’Amministrazione non aveva indicato i motivi per cui le risultanze statistiche fossero da ritenere inattendibili, anche in relazione alla specifica realtà aziendale esaminata.

Insomma, per i giudici, la pretesa tributaria era da considerarsi non dovuta.

Comm. Trib. Reg. della Puglia, sentenza n. 116/02/09

Anche questa vicenda ha riguardato un avviso di accertamento relativo a maggiori redditi di impresa accertati ai fini IVA ed IRPEF dall'Agenzia delle entrate con riferimento ad un’attività di commercio al minuto di pasticceria, dolciumi e confetteria.

In particolare, a parere degli accertatori l’attività registrava una perdita che si riferiva al grave scostamento tra i ricavi dichiarati rispetto a quelli indicati dallo studio di settore applicato.

La contribuente, non accettando le risultanze dell’accertamento, ha proposto ricorso davanti alle commissioni tributarie.

I giudici di appello hanno accolto il ricorso ritenendo che, diversamente da quanto previsto nell'avviso di accertamento impugnato, l’attività commerciale non era stata gestita in perdita bensì all’interno di uno spazio molto inferiore rispetto a quello previsto dagli studi di settore che era di 64 mq rispetto ai 25 mq dell’impresa oggetto di verifica. Inoltre, la contribuente aveva dimostrato la mancanza totale di cespiti previsti dalla campionatura, la vendita in forma confezionata dei prodotti oltre ad una precisa indicazione dei costi. Per questi motivi l’avviso di accertamento è stato ritenuto illegittimo.

Comm. Trib. Prov. Genova, sentenza n. 23 del 15/02/2012

Infine, questa terza ed ultima vicenda ha sempre riguardato la contestazione di un avviso di accertamento relativo ad IRPEF e IRAP, con cui è stato accertato un maggior reddito d'impresa pari, inferiore rispetto a quello dichiarato da un esercente di un’attività di fabbricazione di pasticceria.

Il contribuente ha immediatamente contestato l’avviso ritenendo che l’Agenzia delle Entrate fosse incorsa in un grave errore. Innanzitutto, infatti, non vi erano i presupposti per procedere ad accertamento induttivo basato sul peso della produzione. Il peso della merce venduta sarebbe stato sottostimato dall'Ufficio, mentre il prezzo medio di vendita sarebbe stato sovrastimato. I verificatori non avrebbero rilevato alcun calo di peso delle materie prime, a seguito della cottura cosa che, al contrario, accade quasi sempre in pasticceria. L’ufficio tributario, inoltre, avrebbe errato nel calcolo del ricarico medio.

I giudici di primo grado hanno accolto il ricorso del contribuente ritenendo che qualora venga svolto un accertamento analitico induttivo nei confronti di una pasticceria, basandosi solamente sul peso delle materie prime e della produzione, l’Agenzia delle Entrate dovrà considerare che molti prodotti, come l'albume d'uovo, la pelle delle nocciole ecc., vengono scartati e che in quasi tutte le ricette di pasticceria l'acqua non è presente.

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