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GUIDA AL RICORSO TRIBUTARIO – GUIDA AL PROCESSO TRIBUTARIO – LUGLIO 2019

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Nel proseguo riportiamo la guida al ricorso tributario pubblicata nel luglio 2019 dalla stessa Agenzia delle Entrate. L’Agenzia espone, a sue parole, la procedura da seguire per incardinare processi tributari (non espone invece quali possono essere i potenziali motivi di ricorso). Riportiamola con qualche commento.

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Estratto dalla guida:

1. IL RICORSO TRIBUTARIO

Se il contribuente ritiene illegittimo o infondato un atto emesso nei suoi confronti (per esempio, un avviso di liquidazione o di accertamento, una cartella di pagamento), può rivolgersi alla Commissione tributaria provinciale per chiederne l’annullamento totale o parziale”.

L’Agenzia prosegue con una frase che potrebbe essere letta come un tentativo di dissuadere i contribuenti dal proporre ricorsi affermando:

Nel valutare l’opportunità di instaurare un contenzioso tributario, occorre comunque ponderare sia tempi che costi. Infatti, la proposizione di un ricorso comporta, nella maggior parte dei casi, costi aggiuntivi rappresentati dall’obbligo (per le controversie di valore superiore a 3.000 euro) di farsi assistere da un difensore e dal rischio, per chi perde, di essere condannato al pagamento delle spese”.

Proseguiamo:

Negli ultimi anni sono state introdotte alcune importanti novità alla normativa sul contenzioso tributario. Anzitutto, dal 1° gennaio 2016 per le controversie di valore non superiore a 20.000 euro il ricorso produce anche gli effetti del reclamo e può contenere anche una dettagliata proposta di mediazione, cioè di rideterminazione degli importi dovuti. Per gli atti notificati a partire dal 1° gennaio 2018, l’ambito di applicazione del reclamo è stato ampliato alle controversie di valore non superiore a 50.000 euro (decreto legge n. 50/2017).

Tra le altre principali novità:

- l’estensione dell’istituto del reclamo e della mediazione a tutti gli enti impositori, agli agenti e ai concessionari privati della riscossione (soggetti iscritti nell’albo di cui all’art. 53 del decreto legislativo n. 446/1997) nonché alle controversie in materia catastale

· l’introduzione della conciliazione giudiziale anche dopo il primo grado

· la possibilità di conciliare anche le controversie per le quali è obbligatoria la procedura del reclamo e della mediazione

· le modifiche al regime delle spese di lite (è espressamente previsto il risarcimento del danno per lite temeraria nei confronti della parte soccombente)”.

Quest’ultimo, si nota, riguarda anche l’Agenzia delle Entrate, che se resiste in giudizio temerariamente nel demandare il pagamento anche quando è emerso inconfutabilmente (e ciò può avvenire tanto per motivi fattuali che in diritto) che la richiesta di pagamento contenuta nell’avviso è meritevole di annullamento, ben può essere condannata, non solo a rimborsare le spese processuali sostenute dal contribuente, ma anche a risarcire il contribuente dei danni.

Proseguiamo:

· l’aumento a 3.000 euro del valore della controversia che consente al contribuente di stare in giudizio senza assistenza tecnica

· l’inserimento tra i difensori abilitati dei dipendenti dei Centri di assistenza fiscale, anche se soltanto per le controversie dei propri assistiti originate da adempimenti per i quali il Caf ha prestato loro assistenza

· l’esecutività delle sentenze favorevoli al contribuente”.

Quest’ultimo punto è importantissimo. Infatti, fino a qualche anno fa, quando vincevamo una causa in cui veniva riconosciuto il diritto al rimborso del contribuente, l’Agenzia poteva semplicemente proporre appello o ricorso per Cassazione, e per ottenere il rimborso bisognava attendere la fine anche di quell’altro grado di giudizio. Oggi se l’Agenzia è condannata a rimborsare, deve farlo subito, già in esito alla sentenza di primo grado.

· l’introduzione del cosiddetto ricorso “per saltum”, cioè la possibilità di impugnare una sentenza emessa da una Commissione tributaria provinciale, previo accordo delle parti in giudizio, proponendo ricorso direttamente in Cassazione. Per tutte le liti tributarie esistono due gradi di giudizio di merito:

· in primo grado, dinanzi alla Commissione tributaria provinciale territorialmente competente, si può ricorrere contro gli atti emessi dalle Agenzie delle entrate e delle Dogane e dei monopoli, da altri enti impositori (regioni, enti locali, camere di commercio, ecc.), dai soggetti iscritti all’albo per l’accertamento e la riscossione delle entrate degli enti locali e contro le cartelle di pagamento e i provvedimenti emessi dagli Agenti della riscossione

· in appello, dinanzi alla Commissione tributaria regionale, si può proporre impugnazione per le sentenze emesse dalle Commissioni tributarie provinciali. Contro le sentenze della Commissione tributaria regionale è possibile ricorrere alla Corte di cassazione. Inoltre, se vi è accordo tra le parti, la sentenza della Commissione tributaria provinciale può essere impugnata direttamente con ricorso per cassazione (cosiddetto ricorso “per saltum” - art. 360, primo comma, n. 3, del codice di procedura civile).

Rientrano nella giurisdizione delle Commissioni tributarie:

· tutte le controversie relative a tributi di ogni genere e specie, comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali, le sovrimposte e le addizionali, le relative sanzioni nonché gli interessi e ogni altro accessorio · le controversie di natura catastale, come quelle concernenti, ad esempio, l’intestazione, la delimitazione, l’estensione, il “classamento” dei terreni e l’attribuzione della rendita catastale, nonché le controversie inerenti all’imposta o al canone comunale sulla pubblicità e al diritto sulle pubbliche affissioni. Restano escluse dalla giurisdizione tributaria solo le controversie riguardanti gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, se previsto, dell’avviso che precede l’espropriazione forzata.

ATTENZIONE Mediante l’applicazione web “Telecontenzioso” è possibile consultare la banca dati del contenzioso tributario con cui sono gestiti i ricorsi depositati presso le Commissioni tributarie provinciali e regionali e quelle di I e II grado di Trento e Bolzano. Il servizio fornisce informazioni sullo stato del processo e consente di accedere al fascicolo processuale telematico, nonché di consultare tutti gli atti e i provvedimenti emanati dal giudice. Limitatamente ai ricorsi in cui sono parte, l’accesso all’applicazione è consentito: · alle Agenzie fiscali, alle Camere di commercio, agli Agenti della riscossione e agli Enti locali. Ciascuna struttura individua tra i propri dipendenti quelli autorizzati all’accesso ai servizi del Telecontenzioso · ai professionisti abilitati al servizio “Entratel” · ai cittadini abilitati al servizio “Fisconline”. Il servizio è disponibile anche per i soggetti abilitati all’applicazione PTT-SIGIT. Tutti gli utenti del Processo Tributario Telematico possono accedere al servizio del Telecontenzioso con le stesse credenziali utilizzate per il PTT-SIGIT. Ulteriori informazioni sul servizio e sulle modalità di abilitazione degli utenti sono reperibili sul portale della Giustizia tributaria (www.giustiziatributaria.gov.it).

Avvio del processo tributario

Il processo tributario inizia con la proposizione del ricorso alla competente Commissione tributaria provinciale, da notificare all’ufficio che ha emanato l’atto impugnato entro 60 giorni dalla data in cui il contribuente ha ricevuto il medesimo atto. Per le domande di rimborso alle quali l’Agenzia delle entrate non ha dato risposta, il ricorso può essere presentato decorsi 90 giorni dalla data di presentazione della richiesta. I termini per proporre ricorso sono sospesi nel periodo feriale (1º agosto - 31 agosto).

Nel ricorso devono essere indicati: • la Commissione tributaria cui è diretto • il ricorrente e il suo legale rappresentante, la relativa residenza o sede legale o domicilio eventualmente eletto nel territorio dello Stato • il codice fiscale e l’indirizzo di posta elettronica certificata (Pec) • l’ufficio nei cui confronti il ricorso è proposto • l’atto impugnato e l’oggetto della domanda • i motivi. Se manca o è assolutamente incerta una di queste indicazioni, a eccezione di quella relativa al codice fiscale e all’indirizzo di posta elettronica certificata, il ricorso è inammissibile. Allo stesso modo, il ricorso è inammissibile se manca la sottoscrizione.

Il ricorso deve essere notificato, innanzitutto, all’ufficio che ha emesso l’atto contestato. Entro 30 giorni dalla notifica, il contribuente deve costituirsi in giudizio, tramite deposito o trasmissione del ricorso alla segreteria della Commissione tributaria adita. Dal 1° luglio 2019, è previsto l’obbligo di notificare il ricorso e l’appello tramite posta elettronica certificata e di costituirsi in giudizio in via telematica (vedi capitolo 4). Tale obbligo non sussiste, tuttavia, per i soggetti che stanno in giudizio senza assistenza tecnica, nelle controversie di valore fino a 3.000 euro, i quali possono procedere alla notifica sia attraverso la posta elettronica certificata sia avvalendosi di una delle seguenti modalità: • mediante consegna diretta • per posta, con plico raccomandato senza busta e con l’avviso di ricevimento • a mezzo notifica di ufficiale giudiziario. Ugualmente, i predetti soggetti possono costituirsi in giudizio con modalità telematiche oppure depositare o trasmettere alla Commissione tributaria l’originale del ricorso o dell’appello notificato o copia del ricorso o dell’appello consegnato o spedito per posta, con fotocopia della ricevuta di deposito o della spedizione per raccomandata. Per le controversie che rientrano nel campo di applicazione della mediazione tributaria, qualora questa non sia stata conclusa, tale termine inizia a decorrere trascorsi 90 giorni dalla notifica del ricorso all’ente impositore.

ATTENZIONE Il ricorso non esenta dal versamento, anche se provvisorio e in alcuni casi parziale, delle somme richieste con l’atto impugnato (ad esempio, per l’avviso di accertamento emesso ai fini delle imposte dirette e dell’Iva è prevista la riscossione di un terzo delle imposte oggetto di contestazione e dei relativi interessi, oltre che degli importi eventualmente definitivi)”.

Dunque, come menziona anche l’Agenzia, il ricorso non sospende integralmente il pagamento in corso di giudizio. Una parte (di regola 1/3 delle sole imposte, senza sanzioni e senza interessi) è incassabile dall’Agenzia delle Entrate già nel corso del processo. Tuttavia l’avvocato potrà richiedere la sospensiva al giudice e, se concessa quest’ultima dal giudice, non dovrà essere pagato nemmeno il terzo.

“Se il ricorso viene accolto, il tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto stabilito dalla sentenza della Commissione deve essere rimborsato d’ufficio, con i relativi interessi, entro 90 giorni dalla notifica della sentenza. In caso di mancata esecuzione del rimborso, il contribuente può richiedere l’ottemperanza alla Commissione tributaria provinciale (art. 70 del D.Lgs. n. 546 del 1992) o alla Commissione tributaria regionale, se il giudizio è pendente nei gradi successivi al primo.

LA NOTA DI ISCRIZIONE Con il decreto legge n. 138/2011 è stato introdotto l’obbligo di depositare, all’atto della costituzione in giudizio, la nota di iscrizione a ruolo, contenente l’indicazione: • delle parti • del difensore che si costituisce • dell’atto impugnato • della materia del contendere • del valore della controversia • della data di notifica del ricorso. La nota di iscrizione consente alle Commissioni tributarie di rilasciare a chi si costituisce in giudizio il numero di ruolo assegnato nel registro generale dei ricorsi o nel registro generale degli appelli. I modelli da utilizzare sono pubblicati sul sito internet del dipartimento delle Finanze (www.finanze.it).

IL CONTRIBUTO UNIFICATO

Per la presentazione alle Commissioni tributarie di un ricorso (principale o incidentale) è dovuto il contributo unificato (che dal 7 luglio 2011 ha sostituito l’imposta di bollo). L’importo del contributo da versare varia a seconda del valore della lite. A tal fine, le parti hanno l’obbligo di dichiarare nelle conclusioni del ricorso il valore della controversia. Per le liti il cui valore non è determinabile, il contributo è fissato in 120 euro. GLI IMPORTI DEL CONTRIBUTO UNIFICATO VALORE DELLA CONTROVERSIA CONTRIBUTO fino a 2.582,28 euro 30 euro oltre 2.582,28 e fino a 5.000 euro 60 euro oltre 5.000 e fino a 25.000 euro (e liti di valore non determinabile) 120 euro oltre 25.000 e fino a 75.000 euro 250 euro oltre 75.000 e fino a 200.000 euro 500 euro oltre 200.000 euro 1.500 euro Per valore della lite si intende l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato. Se la controversia riguarda solo l’irrogazione di sanzioni, il valore è costituito dalla somma delle stesse. Se nel ricorso manca la dichiarazione del valore della lite, il contributo è pari all’importo maggiore (1.500 euro), poiché il processo si presume di valore superiore a 200.000 euro. Il pagamento del contributo unificato può essere effettuato: • con il modello F23 (per il versamento occorre indicare il codice tributo 171T) • con bollettino di conto corrente postale (conto corrente n. 1010376927, intestato alla “TES.VITERBO-CONTRIB.PROC.TRIB.ART.37 D.L. 98/2011”) • presso le rivendite di generi di monopolio e di valori bollati (es. tabaccai) • per i ricorsi e gli appelli depositati presso le Commissioni tributarie a decorrere dal 24 giugno 2019, tramite il Nodo dei pagamenti – SPC (pagoPA). La ricevuta del versamento va allegata alla copia del ricorso da depositare o trasmettere presso la segreteria della Commissione tributaria. Se il pagamento è stato effettuato presso le rivendite di genere di monopolio, occorre apporre il contrassegno nell’apposito spazio della nota di iscrizione a ruolo. Il contributo unificato è aumentato della metà, se nel ricorso il difensore non indica il proprio indirizzo di posta elettronica certificata o la parte non indica il codice fiscale.

Assistenza tecnica

Per le controversie di valore superiore a 3.000 euro è indispensabile l’assistenza di un difensore abilitato.

Per valore della lite si intende l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato. In caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste. Il decreto legislativo n. 156/2015 ha inserito tra i soggetti abilitati all’assistenza tecnica i dipendenti dei centri di assistenza fiscale (Caf) e delle relative società di servizi, limitatamente alle controversie dei propri assistiti originate da adempimenti per i quali il Caf ha prestato loro assistenza. Tuttavia, per esercitare la difesa tecnica essi devono essere in possesso congiuntamente: • del diploma di laurea magistrale in giurisprudenza o in economia ed equipollenti, o del diploma di ragioneria • della relativa abilitazione professionale. L’incarico ai difensori deve essere conferito con atto pubblico o con scrittura privata autenticata o anche in calce o a margine di un atto del processo. Anche quando non è obbligatoria l’assistenza tecnica, il contribuente deve comunque fare attenzione alla complessità degli adempimenti previsti dalla procedura (il contenzioso tributario è di fatto assimilato al giudizio civile) e al rischio che la vertenza subisca un esito negativo a causa di una loro non esatta applicazione.

Sospensione dell’atto impugnato

La proposizione del ricorso non sospende gli effetti giuridici dell’atto impugnato. Tuttavia, il ricorrente può chiedere alla Commissione tributaria competente, con un’apposita istanza, la sospensione dell’atto, se ritiene che dallo stesso gli possa derivare un danno grave e irreparabile. La richiesta motivata può essere contenuta nel ricorso o essere presentata con atto separato. In quest’ultimo caso, l’istanza va notificata alle altre parti e depositata, con la prova dell’avvenuta notificazione, presso la segreteria della Commissione tributaria. L’istanza di sospensione è decisa entro 180 giorni dalla data di presentazione della stessa. Se l’atto impugnato viene sospeso, la trattazione della controversia deve essere fissata non oltre 90 giorni dalla pronuncia. Se la Commissione concede la sospensione, gli effetti permangono fino alla data di pubblicazione della sentenza di primo grado. La sospensione può anche essere parziale e subordinata alla prestazione di idonea garanzia mediante cauzione o fideiussione bancaria o assicurativa.

ATTENZIONE Con l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 156/2015, la sospensione dell’atto impugnato può essere chiesta anche nei gradi successivi al primo: · in appello, con istanza formulata alla Commissione tributaria regionale · in pendenza del ricorso per cassazione, con istanza formulata alla Commissione tributaria regionale che ha emesso la sentenza impugnata · in pendenza del giudizio di revocazione, alla Commissione tributaria presso cui pende tale giudizio. Quando il giudizio è in materia di sanzioni tributarie, la sospensione può essere disposta dalla Commissione tributaria regionale, che deve necessariamente concederla se il contribuente produce un’idonea garanzia, anche a mezzo fideiussione bancaria o assicurativa.

Sospensione della sentenza

A seguito delle modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 156/2015, è possibile richiedere la sospensione degli effetti della sentenza sia di primo grado sia di appello. In particolare, l’appellante può chiedere alla Commissione tributaria regionale di sospendere, in tutto o in parte, l’esecutività della sentenza impugnata, se sussistono “gravi e fondati motivi”. Inoltre, la parte che ha proposto ricorso per cassazione può chiedere alla Commissione che ha pronunciato la sentenza impugnata di sospenderne in tutto o in parte l’esecutività, per evitare che si verifichi un danno grave e irreparabile.

2. ESITO DEL RICORSO E APPLICAZIONE DELLA SENTENZA Discussione del ricorso e sentenza La controversia è trattata, di norma, in “camera di consiglio” (senza la presenza delle parti). Se una delle parti vuole che il ricorso sia discusso in udienza pubblica, deve farne richiesta alla Commissione con istanza da depositare in segreteria e da notificare alle altre parti costituite nei 10 giorni liberi prima della data di trattazione. L’istanza di pubblica udienza può anche essere proposta contestualmente al ricorso o ad altri atti processuali.

ATTENZIONE Dal 24 ottobre 2018 (data di entrata in vigore del decreto legge n. 119/2018) la partecipazione delle parti all’udienza pubblica può avvenire a distanza, su apposita richiesta formulata da almeno una delle parti nel ricorso o nel primo atto difensivo, mediante un collegamento audiovisivo tra l’aula di udienza e il luogo del domicilio indicato dal contribuente, dal difensore, dall'ufficio impositore o dai soggetti della riscossione. Il collegamento deve essere effettuato con modalità tali da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi e la possibilità di udire quanto viene detto. Le regole tecnico-operative per consentire la partecipazione all'udienza a distanza, la conservazione della visione delle relative immagini, e le Commissioni tributarie presso le quali attivare l'udienza pubblica a distanza saranno individuate con appositi provvedimenti del direttore generale delle finanze, sentito il Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria e l’Agenzia per l’Italia Digitale.

La sentenza è resa pubblica mediante deposito nella segreteria della Commissione tributaria entro 30 giorni dalla data della deliberazione e il dispositivo della sentenza viene comunicato dalla segreteria della Commissione alle parti costituite entro 10 giorni dal deposito. All’eventuale notifica della sentenza, invece, provvedono le parti (sarà la parte che vi ha interesse a notificare la sentenza alle altre). La parte che ha provveduto alla notifica della sentenza, nei successivi 30 giorni dovrà depositarne l’originale o copia autentica presso la segreteria della Commissione.

Per le sentenze favorevoli al contribuente, anche non definitive, l’ufficio deve attivarsi tempestivamente, e comunque entro 90 giorni dalla notifica della sentenza, per eseguire gli obblighi stabiliti dalla sentenza stessa. ATTENZIONE Le sentenze di condanna al pagamento di somme in favore del contribuente e quelle emesse su ricorso contro gli atti relativi alle operazioni catastali sono immediatamente esecutive. Tuttavia, il pagamento di somme di importo superiore a 10.000 euro, diverse dalle spese di lite, potrà essere subordinato dal giudice alla prestazione di idonea garanzia. I costi della garanzia, anticipati dal contribuente, sono a carico della parte soccombente all’esito definitivo del giudizio. Il pagamento delle somme dovute a seguito della sentenza deve essere eseguito entro 90 giorni dalla notifica o dalla presentazione della garanzia. Se l’ufficio non ottempera a quanto stabilito, il contribuente può presentare un ulteriore ricorso, per chiedere l’esecuzione della sentenza (giudizio di ottemperanza), alla Commissione tributaria provinciale ovvero, se il giudizio è pendente nei gradi successivi, alla Commissione tributaria regionale. Con la sentenza la Commissione tributaria decide anche l’ammontare delle spese processuali a carico della parte soccombente. In caso di soccombenza reciproca o qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni, che devono essere espressamente motivate, la Commissione tributaria può decidere di compensare le spese tra le parti del giudizio. Le sentenze favorevoli al contribuente sono immediatamente esecutive anche per quanto riguarda le spese di giudizio.

Pagamento del tributo in pendenza di giudizio Se l’esito del ricorso non è favorevole al ricorrente, nei casi in cui è prevista la riscossione frazionata del tributo oggetto del giudizio, le somme dovute con i relativi interessi devono essere pagate come indicato nel seguente prospetto. LA RISCOSSIONE DEL TRIBUTO E DELLE SANZIONI DURANTE LE FASI DEL RICORSO QUANDO IN CASO DI QUANTO dopo la notifica dell’accertamento imposte dirette, Iva, imposta complementare per il maggior valore accertato di registro 1/3 della maggiore imposta sanzioni nessun importo dopo la decisione della Commissione tributaria provinciale* sentenza sfavorevole al contribuente 2/3 degli importi dovuti** sentenza parzialmente sfavorevole al contribuente l’ammontare risultante dalla decisione (e, comunque, non oltre i 2/3)** dopo la decisione della Commissione tributaria regionale* sentenza in tutto o in parte sfavorevole al contribuente il residuo ammontare indicato nella sentenza dopo la sentenza della Corte di cassazione sentenza definitiva in tutto o in parte sfavorevole al contribuente per il residuo ammontare indicato nella sentenza sentenza di annullamento con rinvio l’ammontare dovuto nella pendenza del giudizio di primo grado l'intero importo indicato nell’atto, in caso di mancata riassunzione * Lo stesso trattamento si applica alle sanzioni ** Gli importi devono essere diminuiti di quanto già corrisposto.

3. LA PROSECUZIONE DELLA LITE

Il ricorso in appello.

La sentenza della Commissione provinciale può essere appellata alla Commissione regionale competente. Il termine per impugnare la sentenza della Commissione tributaria provinciale è di 60 giorni, decorrente dalla notifica effettuata da una delle parti. Se la sentenza della Commissione tributaria provinciale non è stata notificata, il termine per proporre appello è più lungo (sei mesi dalla pubblicazione della sentenza). Trova sempre applicazione la sospensione dei termini feriali (dal 1° al 31 agosto). Il ricorso in appello è proposto (nelle stesse forme del ricorso alla Commissione tributaria provinciale) nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado e deve essere depositato, entro 30 giorni dalla proposizione, nella segreteria della Commissione tributaria regionale adita.

Il ricorso in Cassazione.

Le sentenze pronunciate in grado d’appello possono essere impugnate con ricorso per cassazione solo per i seguenti motivi: · motivi attinenti alla giurisdizione · violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza · violazione o falsa applicazione di norme di diritto · nullità della sentenza o del procedimento · omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Inoltre, dal 1° gennaio 2016, può essere impugnata con ricorso per cassazione una sentenza emessa dalla Commissione tributaria provinciale (cosiddetto ricorso “per saltum”), saltando così il giudizio d’appello. Tuttavia, questa possibilità è prevista solo se vi è un accordo delle parti in giudizio e quando il ricorso riguarda una questione di diritto. ATTENZIONE Il ricorso per cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un avvocato iscritto nell’apposito albo, munito di procura speciale.

IL PROCESSO TRIBUTARIO TELEMATICO La costituzione in giudizio telematica Il processo tributario telematico è stato avviato il 1° dicembre 2015. Inizialmente in vigore solo in alcune regioni, è poi stato gradualmente esteso a tutte le Commissioni tributarie. Dal 15 luglio 2017 il processo tributario telematico è attivo in tutto il Paese. Pertanto, presso tutte le Commissioni tributarie le parti hanno avuto la possibilità di utilizzare la posta elettronica certificata per la notifica del ricorso, anche in appello, e di effettuare il successivo deposito in via telematica degli atti e documenti del processo utilizzando il Sistema Informativo della Giustizia Tributaria (S.I.Gi.T.). L’uso degli strumenti informatici e telematici nell’ambito del processo tributario, fino ad oggi facoltativo, diventa obbligatorio per i giudizi instaurati, in primo e secondo grado, con ricorso notificato a partire dal 1° luglio 2019. L'accesso ai servizi del S.I.Gi.T. deve avvenire previa registrazione delle parti processuali e richiede il possesso di una casella di posta elettronica certificata e di una firma digitale valida. Il processo tributario telematico consente alle parti processuali di: · effettuare con modalità telematiche il deposito dei ricorsi e degli altri atti processuali presso le Commissioni tributarie · accedere al fascicolo processuale informatico del processo e consultare tutti gli atti e i provvedimenti emanati dal giudice. Al Sistema Informativo della Giustizia Tributaria si può accedere dal Portale della Giustizia tributaria (www.giustiziatributaria.gov.it), sul quale vengono pubblicate le informazioni relative alla fruibilità dei servizi.

Comunicazione, notifiche e depositi telematici.

Le comunicazioni sono effettuate anche mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata. L’indirizzo di posta elettronica certificata del difensore o delle parti è indicato nel ricorso o nel primo atto difensivo. La comunicazione si intende perfezionata con la ricezione avvenuta nei confronti di almeno uno dei difensori della parte.

Le comunicazioni sono eseguite esclusivamente mediante deposito in segreteria della Commissione tributaria quando · l’indirizzo di posta elettronica certificata del difensore o della parte non è stato indicato e se lo stesso non è reperibile da pubblici elenchi · non è stato possibile recapitare il messaggio di posta elettronica certificata, per cause imputabili al destinatario. Dal 1° luglio 2019 le parti, i consulenti e gli organi tecnici notificano e depositano gli atti processuali, i documenti e i provvedimenti giurisdizionali esclusivamente con modalità telematiche, secondo le disposizioni contenute nel decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze n. 163/2013. In casi eccezionali, il Presidente della Commissione tributaria o il Presidente di sezione, se il ricorso è già iscritto a ruolo, o il collegio se la questione sorge in udienza, possono autorizzare il deposito con modalità diverse da quelle telematiche, con provvedimento motivato. Qualora negli atti del processo non sia stato indicato l’indirizzo di posta elettronica certificata del difensore o della parte e se lo stesso non è reperibile da pubblici elenchi, nonché nelle ipotesi di mancata consegna del messaggio di posta elettronica certificata per cause imputabili al destinatario, le notifiche sono effettuate con le modalità tradizionali (articolo 16 del decreto legislativo n. 546/1992). L’obbligo di utilizzare le modalità telematiche di notifica e deposito non sussiste per i soggetti che stanno in giudizio senza assistenza tecnica, nelle controversie di valore fino a 3.000 euro, i quali hanno comunque la facoltà di utilizzare le modalità telematiche, per notifiche e depositi, previa indicazione nel ricorso, o nel primo atto difensivo, dell'indirizzo di posta elettronica certificata al quale ricevere le comunicazioni e le notificazioni. Per approfondimenti sul processo tributario telematico e per conoscere dettagliatamente le modalità operative riguardanti la predisposizione, la notifica e il deposito di atti e documenti digitali, si rinvia alla circolare n. 1/DF del 4 luglio 2019 emanata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze - Dipartimento delle Finanze.

5. PER SAPERNE DI PIÙ: NORMATIVA E PRASSI Decreto legislativo n. 545 del 31 dicembre 1992 (ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria e organizzazione degli uffici di collaborazione) Decreto legislativo n. 546 del 31 dicembre 1992 (disposizioni sul processo tributario) Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze n. 163 del 23 dicembre 2013 (disciplina dell’uso di strumenti informatici e telematici nel processo tributario) Decreto legislativo n. 156 del 24 settembre 2015 (misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario) Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 30 giugno 2016 (estensione a sei regioni delle specifiche tecniche per l'uso degli strumenti informatici e telematici nell'ambito del processo tributario) Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 15 dicembre 2016 (estensione a undici regioni e due province autonome del Processo Tributario Telematico) Decreto legge n. 119/2018 - art. 16 (giustizia tributaria digitale) Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 38/E del 29 dicembre 2015 (riforma del processo tributario) Circolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze n. 1/DF del 4 luglio 2019 (processo tributario telematico, nuove disposizioni in materia di giustizia tributaria digitale).

 

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