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Corte di Cassazione, Sez. 5
Sentenza n. 20477 del 30 luglio 2019
FATTI DI CAUSA
1. L' A. s.r.l. propone ricorso per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 54/34/11, depositata 1'11 luglio 2011, che ha accolto l'appello dell'Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Alessandria, che aveva accolto il ricorso della società contribuente contro l'avviso di accertamento con il quale l'Ufficio - ai fini dell'IVA, dell'IRPEG e dell'IRAP di cui all'anno d'imposta 2003 - le aveva contestato l'omessa contabilizzazione e dichiarazione di ricavi, relativamente alle alienazioni di due immobili a terzi, rispetto alle quali era stato dichiarato un prezzo inferiore a quello che l'Amministrazione assumeva percepito, desumendolo dal valore commerciale dei beni.
2. Infatti, la contribuente aveva proposto ricorso, dinnanzi la Commissione tributaria provinciale di Alessandria, avverso tale atto impositivo, eccependo, per quanto qui ancora d'interesse, preliminarmente il vizio della notifica di quest'ultimo, a causa dell'asserita mancanza della relativa relata e comunque perché la consegna dell'atto era avvenuta nelle mani di persona della quale il messo notificatore non aveva indicato le generalità e le qualità, con conseguente decadenza dell'Amministrazione finanziaria dal potere accertativo. Inoltre, la contribuente aveva eccepito l'insussistenza, nel merito, della prova della pretesa tributaria.
3. La CTP adita - dopo aver rilevato d'ufficio che la produzione, da parte dell'Agenzia delle entrate, della documentazione relativa alla notifica dell'avviso d'accertamento era inammissibile, in quanto avvenuta oltre il termine di cui all'art. 32 del d.lgs. n. 546 del 1992- aveva accolto il ricorso, ritenendo sussistente il vizio della notifica dell'avviso di accertamento ed accertando, di conseguenza, l'intervenuta decadenza dell'Amministrazione dal termine quinquennale per l'esercizio del potere accertativo, non impedita dalla proposizione del ricorso del contribuente, alla quale lo stesso giudice di primo grado riconosceva efficacia sanante solo ex nunc.
4. Avverso la sentenza di primo grado ha proposto appello, dinnanzi alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, l'Ufficio, eccependo preliminarmente che il termine di cui all'art. 32 del d.lgs. n. 546 del 1992 aveva natura meramente ordinatoria, e non perentoria come ritenuto dalla CTP, e comunque affermando di esercitare la facoltà, prevista dall'art. 58 del d.lgs. n. 546 del 1992, di produrre la documentazione comprovante la rituale e tempestiva notifica dell'avviso d'accertamento anche in appello, eventualmente quali nuovi documenti. Ha proposto altresì appello incidentale la contribuente, chiedendo la condanna della controparte alle spese del primo grado di giudizio, compensate dalla CTP, ed al risarcimento dei danni da lite temeraria. La CTR, con la sentenza qui impugnata, ha accolto l'appello principale dell'Ufficio, attribuendo alla proposizione, da parte della contribuente, del ricorso avverso l'avviso di accertamento, efficacia sanante ex tunc degli asseriti vizi della notifica dell'atto impositivo. Pertanto, il giudice dell'appello ha ritenuto irrilevante la questione della tardiva produzione, in primo grado, da parte dell'Amministrazione, dei documenti relativi alla prova della rituale e tempestiva notificazione dell'accertamento e, dato atto dell'intervenuta sanatoria, ha escluso la decadenza dell'Ufficio dal potere impositivo e, decidendo nel merito, ha respinto il ricorso introduttivo della contribuente. Contestualmente, la CTR ha altresì rigettato l'appello incidentale della contribuente e compensato le spese di lite.
5. La contribuente propone quindi ricorso per la cassazione della sentenza d'appello, affidato a quattro motivi.
6. L'Ufficio si è costituito notificando e depositando controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell'art. 32 del d.lgs. n. 546 del 1992, per avere il giudice a quo ritenuto che il termine per la produzione dei documenti, nel primo grado del contenzioso tributario, abbia natura ordinatoria e non perentoria, come valutato invece dalla CTP, che aveva considerato pertanto inammissibile la tardiva produzione, da parte dell'Ufficio, della documentazione finalizzata alla prova della ritualità e della tempestività della notifica dell'avviso d'accertamento. 1.1. Il motivo, da ritenersi formulato ai sensi dell'art. 360, comma 1, num. 4, cod. proc. civ., è inammissibile, poiché non attinge la ratio decidendi della sentenza impugnata, la cui motivazione espressamente afferma piuttosto che la questione della natura del termine istruttorio, e quindi dell'ammissibilità e dell'utilizzabilità della documentazione prodotta in primo grado dall'Agenzia dopo la sua scadenza, è, ai fini della decisione sull'appello, «irrilevante ed ininfluente a fronte della sanatoria conseguente alla costituzione in giudizio [rectius, alla proposizione del ricorso avverso l'avviso di accertamento] del contribuente», «sanatoria avvenuta ex tunc (e non ex nunc, come erroneamente ritenuto dai primi giudici)». Nella sostanza, dunque, il giudice a quo ha ritenuto assorbita la questione ora oggetto del primo motivo di ricorso per cassazione, senza adottare la decisione che invece gli attribuisce, censurandola, la ricorrente.
2. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell'art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973, per avere il giudice a quo erroneamente ritenuto che la proposizione del ricorso, da parte del contribuente, ha sanato ex tunc il vizio di notifica dell'avviso di accertamento, precludendo pertanto la maturazione della decadenza dell'Amministrazione finanziaria dal termine quinquennale per l'esercizio del potere di accertamento ed imposizione. Assume infatti la ricorrente che la sanatoria degli eventuali vizi della notifica dell'avviso d'accertamento, derivante dalla notifica del ricorso del contribuente avverso lo stesso atto, possa operare, precludendo la decadenza dell'Ufficio dal potere impositivo, solo ove il predetto ricorso sia stato notificato all'Amministrazione prima della scadenza del relativo termine decadenziale quinquennale entro il quale quest'ultima deve notificare al contribuente l'atto impositivo. Nel caso di specie, secondo la ricorrente, la notifica all'Ufficio del suo ricorso di primo grado avvenuta successivamente alla scadenza del termine quinquennale decadenziale del cui rispetto l'Amministrazione era gravata, non ha pertanto sanato la decadenza già maturata a danno di quest'ultima. 2.1. Il motivo, da ritenersi formulato ai sensi dell'art. 360, comma 1, num. 3, cod. proc. civ., attinge in realtà, come si ricava univocamente dal suo contenuto, la violazione e la falsa applicazione dell'art. 43 (e non 42) del d.P.R. n. 600 del 1973 ed è fondato, nei termini che seguono. E' opportuno premettere che, non essendo l'avviso d'accertamento un atto processuale, la verifica dei presupposti dell'esistenza, della ritualità e della data della sua notifica al contribuente, così come quella dei presupposti dell'eccepita decadenza dell'Amministrazione dal
potere di accertamento ed imposizione, attengono alla sfera dei fatti della controversia. Nel caso di specie, in punto di fatto, con specifico riferimento alla circostanza che, alla data della presentazione del ricorso di primo grado, la decadenza dell'ufficio dal potere di accertamento era già maturata, deve registrarsi la concordanza delle allegazioni della ricorrente contribuente (pag. 6 del ricorso, a partire dalla quarta riga) e della controricorrente Agenzia ( pag. 2 del controricorso, terzo capoverso: « Tale vizio era stato, bensì, sanato dalla proposizione del ricorso, tuttavia - operando la sanatoria ex nunc- in epoca successiva al maturare della decadenza dell'ufficio dal potere di accertamento.»). Muovendo da tale presupposto fattuale condiviso dalle parti, deve allora ritenersi fondata la censura della ricorrente, secondo la quale la tempestiva proposizione del ricorso di primo grado non ha ex se impedito l'eventuale precedente maturazione della decadenza dell'ufficio dal potere impositivo, eccepita dalla contribuente, sulla base di ipotetici vizi della notifica dell'avviso di accertamento, nel medesimo ricorso. In questo senso, infatti, è la giurisprudenza di legittimità richiamata dalla ricorrente, ed in particolare Cass.,Sez. Un., 05/10/2004, n. 19854 : « La natura sostanziale e non processuale (né assimilabile a quella processuale) dell'avviso di accertamento tributario - che costituisce un atto amministrativo autoritativo attraverso il quale l'amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria - non osta all'applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria. Pertanto, l'applicazione, per l'avviso di accertamento, in virtù dell'art. 60 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, delle norme sulle notificazioni nel processo civile comporta, quale logica necessità, l'applicazione del regime delle nullità e delle sanatorie per quelle dettato, con la conseguenza che la proposizione del ricorso del contribuente produce l'effetto di sanare la nullità della notificazione dell'avviso di accertamento per raggiungimento dello scopo dell'atto, ex art. 156 cod. proc. civ. Tuttavia, tale sanatoria può operare soltanto se il conseguimento dello scopo avvenga prima della scadenza del termine di decadenza - previsto dalle singole leggi d'imposta - per l'esercizio del potere di accertamento.» (conformi, rispetto alla necessità che il conseguimento dello scopo sanante intervenga entro il termine di decadenza concesso per l'esercizio del potere all'Amministrazione finanziaria, su cui grava il relativo onere probatorio, Cass., 24/08/2018, n. 21071; Cass., 24/04/2015 , n. 8374; Cass., 15/01/2014, n. 654, ex plurimis).
2.2. Il giudice a quo, privilegiando la ragione più liquida dell'intervenuta sanatoria dei denunciati vizi della notifica dell'avviso d'accertamento, con la conseguente preclusione alla maturazione della decadenza dell'Ufficio dal potere impositivo, ha ritenuto assorbite le questioni relative all'ammissibilità della produzione, da parte dell'Agenzia delle Entrate, dei documenti, attinenti la medesima notifica, in primo grado e, comunque, in appello, eventualmente anche come nuove produzioni. Entrambe le questioni, infatti, erano state proposte nell'appello dell'Ufficio (così come risulta dalla sentenza della CTR), che ha dato atto, nel ricorso per il quale qui si procede, di aver allegato i documenti in questione anche al proprio ricorso d'appello. Oltre a tali questioni, espressamente dichiarate assorbite dalla decisione sulla sanatoria, il giudice dell'appello ha, implicitamente ma necessariamente, ritenuto assorbita altresì ogni verifica della stessa ritualità della notifica dell'avviso d'accertamento, contestata dalla contribuente ed affermata dall'Amministrazione, alla quale avrebbe dovuto accedere una volta individuati i dati istruttori legittimamente utilizzabili a tale fine.
La circostanza che la CTR, invertendo l'ordine logico-giuridico delle questioni, abbia proceduto all'accertamento dell'intervenuta sanatoria dei vizi della notifica dell'atto impositivo ancor prima di verificare la sussistenza o meno di questi ultimi, previa individuazione dei documenti legittimamente utilizzabili a tal fine, comporta pertanto la necessità che all'accoglimento del secondo motivo di ricorso, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata, segua il rinvio della causa al giudice a quo, per la decisione sulle predette questioni assorbite.
3. In quanto attinenti il merito della controversia, sono assorbiti dall'accoglimento, nei termini indicati, del secondo motivo, sia il terzo motivo (con il quale la ricorrente lamenta l'«omessa, ovvero insufficiente e/o contraddittoria motivazione», in relazione al fatto controverso e decisivo per il giudizio, rappresentato dall'esistenza di un atto o di un documento dal quale risulti che il corrispettivo delle due compravendite in questione è maggiore di quello dichiarato dalla contribuente) che il quarto motivo (con il quale la ricorrente censura la violazione e falsa applicazione dell'art. 15 del d.l. del 23 febbraio 1995, n. 41, convertito dalla legge del 22 marzo 1995, n. 85, applicabile ratione temporis, per il quale, ai fini dell'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto non si procede a rettifica del corrispettivo delle cessioni di fabbricati classificati o classificabili nei gruppi A, B e C, salvo che da atto o documento il corrispettivo risulti di maggiore ammontare, se lo stesso è indicato nell'atto in misura non inferiore al valore determinato ai sensi dell'articolo 52, comma 4, del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il primo motivo; accoglie il secondo motivo nei limiti di cui in motivazione; dichiara assorbiti il terzo ed il quarto motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma il 16 maggio 2019.
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