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Anche se lo Stato Estero ha definito come falsi i certificati di origine, il contribuente può sempre dimostrare il contrario. Confermato l’annullamento degli avvisi di rettifica.

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Estratto: “le risposte rese dalle autorità doganale all'esito della procedura di cooperazione amministrativa, pur potendo essere poste alla base della rettifica della dichiarazione doganale nel senso di non riconoscere l'esenzione daziaria o il trattamento daziario preferenziale e pur assumendo valore nel conseguente giudizio tributario, possono essere contestate dal contribuente”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5

Ordinanza n. 16254 del 18 giugno 2019

RILEVATO CHE:

- l'Agenzia delle dogane e dei Monopoli propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, depositata 1'11 maggio 2012, di reiezione dell'appello dalla medesima proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della A. s.r.l. per l'annullamento di un avviso di rettifica dell'accertamento dei diritti doganali dovuti in relazione ad un'operazione di importazione; - dall'esame della sentenza impugnata si evince che con l'atto impositivo è contestata l'infedele dichiarazione doganale in ordine all'origine dei prodotti importati, ivi individuata in un paese (Bangladesh) per il quale era previsto un trattamento daziario agevolato; - il giudice di appello, ha confermato la decisione gravata, evidenziando che l'amministrazione finanziaria non era stata in grado di fornire la prova «definitiva» che i certificati di origine prodotti in dogana fossero falsi, in quanto all'attestazione di falsità di tali documenti, emessa dall'autorità doganale del paese di esportazione nell'ambito della procedura di cooperazione amministrativa, aveva fatto seguito altra attestazione con cui la medesima autorità aveva confermato la autenticità dei certificati di origine; - il ricorso è affidato a due motivi; - resiste con controricorso la A. s.r.l.;

CONSIDERATO CHE:

- con il primo motivo di ricorso l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2699 e 2700 c.c., 94, Regolamento CEE n. 2454/1993, 12 e 45, Regolamento CEE n. 515/97, 9, Regolamento CE n. 1073/99, 115 e 116 c.p.c., 7, primo e secondo comma, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e dei principi generali in materia di onere della prova e di poteri istruttori del giudice, per aver la sentenza impugnata escluso la falsità dei certificati di origine delle merci importate prodotti in dogana allo spedizioniere doganale nonostante quanto attestato dall'autorità doganale del paese di esportazione nell'ambito della procedura di cooperazione amministrativa, in ragione delle risultanze di altra attestazione successivamente emessa dalla medesima autorità doganale al di fuori della procedura di una siffatta procedura e, dunque, priva dei caratteri di forma e di struttura della prima attestazione; - il motivo è infondato, in quanto le risposte rese dalle autorità doganale all'esito della procedura di cooperazione amministrativa, pur potendo essere poste alla base della rettifica della dichiarazione doganale nel senso di non riconoscere l'esenzione daziaria o il trattamento daziario preferenziale e pur assumendo valore nel conseguente giudizio tributario, possono essere contestate dal contribuente, a cui spetta l'onere di dimostrare la non veridicità del loro contenuto con l'offerta di elementi di prova, a sostegno della sua allegazione, idonei ad inficiare il valore probatorio proprio di tali attestazioni; - pertanto, la decisione della Commissione regionale, che ha ritenuto maggiormente attendibili gli elementi probatori prodotti in giudizio dalla contribuente a sostegno della genuinità e veridicità del certificato di origine allegato alla dichiarazione doganale, risulta immune dal vizio prospettato;

- con il secondo motivo la ricorrente deduce l'insufficiente motivazione circa un fatto decisivo e controverso, in relazione al mancato esame di quanto dalla medesima sostenuto sia in ordine alla validità delle risposte inviate dall'autorità doganale estera per i canali ufficiali, sia in ordine alla impossibilità di reiterare l'attività di cooperazione amministrativa in ordine a procedimenti già conclusi; - il motivo è infondato; - il giudice di appello ha motivato la sua decisione in ordine alla mancata dimostrazione da parte dell'Amministrazione finanziaria della infedele dichiarazione in ordine all'origine della merce importata con il fatto che «la certificazione fornita dall'Ufficio viene smentita da quella di data successiva, fornita dalla società contribuente, emessa dalla stessa autorità dell'export promotion bureau del Bangladesh»; - siffatta motivazione appare sufficiente, in quanto consente di individuare l'iter logico seguito e di apprezzarne l'assenza di vizi sotto il profilo logico;

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate in euro 5.600,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15% e accessori. Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale del 24 gennaio 2019.

 

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