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Tale principio è caratterizzato da un criterio di collegamento di tipo soggettivo tra il fatto generatore del reddito e l’ordinamento giuridico, così da configurare un potere impositivo statale senza limiti spaziali.[4]Si discostano dal modello appena visto quegli ordinamenti che applicano il principio della tassazione su base mondiale considerando elemento determinante, ai fini della tassazione dei redditi ovunque prodotti, la cittadinanza e non la residenza[5].
La maggior parte dei Paesi europei ha adottato, con lievi differenze e correttivi, ambedue i criteri sopra richiamati[6].
Il nostro ordinamento, in particolare, applica una combinazione di entrambi[7]; nello specifico, l’art. 3 del D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 (Testo Unico delle imposte sui redditi) prevede che il reddito complessivo sul quale si applica l’imposta sia formato, per i residenti da tutti i redditi posseduti, mentre per i non residenti soltanto da quelli prodotti nel territorio dello Stato. Disposizione analoga si rinviene in materia di imposta sui reddito delle società.
È di pronta evidenza che l’interazione dei criteri illustrati può dar luogo al fenomeno della c.d. “doppia imposizione internazionale”[8].
[1] Sul punto A. FANTOZZI, Corso di diritto tributario, Torino, 2004, 100; A. FANTOZZI, Il diritto tributario, Torino, 2003, 206; G. TINELLI, Istituzioni di diritto tributario, Padova, 2003, 86.
[2] G. GIANNETTO, La stabile organizzazione nel sistema dell’imposizione diretta: con particolare riferimento alla stabile organizzazione all’estero di società residente in Italia, Il Fisco n. 45/1999, 13944.
[3] A. IORIO, Le convenzioni per evitare le doppie imposizioni ed il rispetto dei principi comunitari, Il Fisco n. 48/1999, 15164; K. VOGEL, Worldwide or source taxation of income?, Rass. trib., 1988, I, 259.
[4] Cfr. M. MILANI, La stabile organizzazione nel sistema fiscale internazionale e interno, Il Fisco n. 22/2005, 3385.
[5] Si tratta di Stati Uniti, Filippine e Messico, nei quali il cittadino è sempre tenuto a contribuire, anche se non residente, sulla base del reddito ovunque prodotto. Secondo la legislazione statunitense inoltre “un cittadino americano che abbandona la propria cittadinanza per motivi di evasione fiscale, continua, ad essere tassato sui redditi ovunque prodotti” (S. GALLYSAY, I principi generali del diritto tributario internazionale ed il concetto di residenza ai fini fiscali, in Bollettino Tributario n. 3/1995).
[6] Nell’ottica internazionale, la sola imposizione su base territoriale la ritroviamo sostanzialmente in Stati importatori di capitali; in particolare essa è adottata tra l’altro da Argentina, Hong Kong, Kenya, Uruguay, Zambia, Brasile e Venezuela.
[7] Il principio del cosiddetto “reddito mondiale” (worldwide income principle) per i soggetti residenti è stato introdotto nel nostro ordinamento dopo la riforma tributaria delegata con L. del 9 ottobre 1991, n. 25; il “principio di territorialità”, secondo cui sono imponibili in Italia solo i redditi ivi prodotti, continua ad operare esclusivamente per i non residenti (cfr. in proposito anche con l'art. 23 TUIR).
[8] Tale fenomeno non è l’unica conseguenza della disarmonia esistente tra i vari ordinamenti tributari. Tra queste si ricordano la cosiddetta “concorrenza fiscale” e la cosiddetta “esterovestizione” (Cfr. L. DEL FEDERICO, Società estere e presunzione di residenza ai sensi del D.L. n. 223/2006: artt. 43 e 48 del Trattato CE, Convenzioni contro le doppie imposizioni e disapplicazione della norma interna di cui al comma 5bis dell’art. 73 del T.U.I.R., Il Fisco n. 41/2006, 6367). L’“esterovestizione” della residenza fiscale consiste, in estrema sintesi, nella localizzazione fittizia della residenza all’estero al fine di sottrarsi agli adempimenti fiscali dovuti nello Stato di residenza effettiva.
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