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La rinuncia all’usufrutto non è tassata in via proporzionale. Nullo l’avviso di liquidazione. Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Massima: “La rinuncia all'usufrutto non può essere parificata ad un atto traslativo sia per la sua intrinseca natura abdicativa che per i suoi effetti di atto unilaterale non recettizio. L'effetto prodotto dalla rinuncia non è traslativo, ma accrescitivo della posizione soggettiva del nudo proprietario in virtù di una riespansione dovuta all'eliminazione della compressione integrata dallo "ius in re aliena". La registrazione dell'atto sarà, quindi, soggetta a tassazione in misura fissa e non proporzionale”.

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Comm. Trib. Reg. per la Lombardia Sezione/Collegio 12

Sentenza del 04/12/2018 n. 5300 -

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il contribuente Notaio A.M. il 19.5.2016, registrava in Stradella una "rinuncia unilaterale abdicativa ed estintiva, non recettizia, a titolo gratuito, al diritto di usufrutto" da parte di P.D.R., che per l'effetto rinunciava all'usufrutto su una serie di immobili. Il Notaio autoliquidava l'imposta fissa ipotecaria e catastale di euro 200,00= sul presupposto che la rinuncia integrasse un atto abdicativo e non traslativo di diritti.

L'Agenzia delle Entrate di Pavia, reputando invece la traslatività della rinuncia, liquidava a carico del Notaio l'imposta proporzionale.

La CTP di Pavia, con la sentenza impugnata, annullava l'avviso di liquidazione emesso a carico del Notaio, compensando le spese.

Propone appello l'Agenzia denunciando, con un unico, articolato motivo, l'illegittimità della sentenza per insufficiente ed errata motivazione, avendo a suo avviso la rinuncia effetti traslativi e perciò dovendo essere sottoposta al corrispondente regime di tassazione.

Resiste con memoria di controdeduzioni il Notaio.

All'odierna udienza, dopo ulteriore contraddittorio scritto e dopo ampia discussione, la causa è introitata a decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L'appello è infondato e deve essere respinto.

La rinuncia registrata dal Notaio tale è tale deve essere considerata, rappresentando di per sé stessa una semplice dismissione, od estinzione soggettiva, del diritto e non un trasferimento, o traslazione, dello stesso da un titolare ad un altro. Rilevato che, affinché possa aversi trasferimento in specie di diritti relativi a beni immobili, è viepiù necessaria una causa, che l'Agenzia non allega e comunque non individua, la rinuncia non può essere parificata ad un atto traslativo sia perché intrinsecamente abdicatìva e sia anche perché produttiva di effetti alla stregua, non di un contratto, neppure con causa donativa, ma dì un mero atto unilaterale non recettizio. Ciò è tanto vero che per il perfezionamento degli effetti della rinuncia non è necessaria l'accettazione e finanche la conoscenza dell'eventuale beneficiario, ma la pura e semplice esternazione della volontà del rinunciante.

Si potrebbe obiettare che un effetto traslativo è insito nell'accrescimento della posizione soggettiva di vantaggio di colui il quale (nella specie nudo proprietario) si giova della rinuncia altrui. Si tratta tuttavia di un'obiezione non condivisibile, dal momento che l'effetto di cui si discute non è traslativo, descrivendo, invece, un accrescimento del diritto dell'avvantaggiato che si realizza per riespansione in seguito all'eliminazione della compressione integrata dal ius in re aliena. Tale fenomeno è ascritto inveteratamente alla peculiarità del diritto di proprietà nota come «elasticità del dominio». Donde l'accrescimento in capo a terzi del diritto siccome originariamente in titolarità dei medesimi discende dalla cd. consolidazione e non dalla volontà delle parti, anzi, secondo la prospettazione dell'Agenzia, del solo rinunciante.

Per effetto delle esposte considerazioni, la sentenza impugnata va confermata.

Attesa la singolarità della materia, che involge non comuni approfondimenti di diritto civile, pare equo confermare la compensazione delle spese siccome già operata dal primo giudice.

P.Q.M.

Conferma la sentenza impugnata. Compensa le spese.

Milano, 5.11.2018

 

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