Estratto: “(...) nel caso in esame si tratta di prescrizione del diritto di credito ai dividendi e non di rinuncia, è bene evidenziare che la prescrizione non fa emergere alcuna sopravvenienza attiva e correttamente la società ha registrato l'estinzione del debito tra le riserve di utili facenti parte del patrimonio netto: ciò sta a significare che solo in caso di distribuzione delle riserve di patrimonio netto, il socio sarà tenuto a versare l'imposta dovuta, diversamente si verificherebbe una doppia imposizione dello stesso reddito, in quanto l'utile già tassato una prima volta, verrebbe tassato una seconda volta quale sopravvenienza attiva”.
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Sentenza del 03/02/2020 n. 19 - Comm. Trib. Reg. Friuli Venezia Giulia Sezione/Collegio 1
Testo:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il contribuente ricorreva avverso l'avviso di accertamento con il quale l'Agenzia delle Entrate di Udine contestava l'omessa dichiarazione per l'anno 2010 dei dividendi per euro 6.271.200,00 derivanti dalla partecipazione …..srl, dividendi deliberati in data 3/6/2005.
Nel ricorso il contribuente evidenziava che i suddetti dividendi non erano mai stati incassati poiché la società in data 30/7/2010, al compimento della prescrizione del diritto di credito del socio di percepire il dividendo, aveva registrato una voce di patrimonio netto gli utili non riscossi, appostandoli alla voce "versamenti soci in c/capitale".
L'Ufficio si costituiva evidenziando la costituzione da parte del ricorrente di un trust estero "The ….. Trust", di cui il ricorrente era il disponente e il beneficiario, a cui vengono cedute le partecipazione, tra le quali anche quella nella …..SRL.
Inoltre, il …. aveva rinunciato al credito relativo ai dividendi ai sensi dell'art. 88, comma 4 del TUIR, ma tale rinuncia non costituisce sopravvenienza attiva per la società, così come precisato dalla circolare n. 73/E del 27/5/1994.
Di contro il ricorrente evidenziava che l'allocazione tra le riserve di capitale del debito per dividendi prescritti per decorso del quinquennio non può innescare un salto d'imposta, come prefigurato dall'Ufficio, perché la distribuzione di riserve, ai sensi dell'art. 47 del Tuir, sono tassate per cassa e sono qualificate distribuzione di utili, quando sono eccedenti rispetto al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione.
Concludeva quindi per l'annullamento dell'avviso di accertamento in questione ed in via subordinata l'inapplicabilità delle sanzioni irrogate per obiettive condizioni di incertezza della norma.
L'Ufficio chiedeva la conferma del proprio operato con vittoria delle spese di giudizio.
La Commissione Tributaria Provinciale di Udine con sentenza n. 431/1/16 dell'8/11-14/12/2016 accoglieva il ricorso condannando l'Ufficio alla rifusione delle spese di lite di euro 5.000,00, oltre accessori di legge rilevando che dalla lettura degli artt. 45 e 47 del TUIR i dividendi vengono tassati nella misura prevista dal 1 comma dell'art. 47 per cassa, e che la riduzione del capitale, la cui costituzione è effettuata con riserve di utili non distribuiti, è considerata una distribuzione di utili, che deve essere assoggettata a tassazione se e nella misura in cui l'aumento è avvenuto mediante passaggio a capitale o fondi diversi .. etc. etc ..
Nel caso in esame, l'assemblea della società ….. in data 3/6/2005 ha deliberato la distribuzione dei dividendi, ma tali dividendi non sono mai stati percepiti dal socio negli anni successivi e di conseguenza, in data 30/7/2010, la società correttamente ha provveduto a registrare l'estinzione del debito verso il socio per dividendi per intervenuta prescrizione ai sensi dell'art. 2949 del c.c. tra le riserve di patrimonio netto.
Appella l'ufficio che in relazione al tema dell'incasso "giuridico" nel caso di dividendi non riscossi, richiama la circolare n. 73/E del 27/5/1994 che afferma che la rinuncia ai crediti correlati a redditi che vanno acquisiti a tassazione per cassa presuppone l'avvenuto incasso giuridico del credito e, quindi, l'obbligo di sottoporre a tassazione il loro ammontare.
Tale tesi trova fondamento nella lettura combinata delle disposizioni di cui agli attuali artt. 88, 94 e 101 del TUIR, così come la più recente giurisprudenza di legittimità (Corte di Cassazione, ordinanza del 26/1/2016 n. 1335) ha avallato l'esistenza del principio dell'incasso giuridico nel caso di rinuncia da parte dei soci di compensi agli stessi spettanti in qualità di amministratori ovvero di prestazioni soggette a tassazione secondo il principio di cassa.
Infine, in ordine al fatto che l'Ufficio non ha dimostrato che vi sia stata un'esplicita rinuncia al credito vantato dal contribuente nei confronti della società, per cui decorso un quinquennio dal sorgere del credito, questo è estinto per prescrizione, osserva che il ricorrente ha continuato a detenere il pieno controllo della società in quanto ha continuato a ricoprire sino al luglio 2014 la carica di presidente del Consiglio di Amministrazione e Amministratore delegato della stessa.
Inoltre, la quota di partecipazione del ….. era confluita nel trust denominato "The … Trust", che però prevedeva nel proprio atto costitutivo che il potere di gestire e disporre dei beni assegnati al trust, permaneva in capo al disponendo, ovvero in capo allo stesso ….., per cui è evidente che la distinzione tra rinuncia al credito e prescrizione del redito risulta alquanto strumentale.
Conclude per la riforma dell'impugnata sentenza nel senso di confermare l'operato dell'Ufficio con vittoria delle spese di giudizio.
Si costituisce il ricorrente che ribadisce l'assenza del benché minimo elemento per potere considerare oggetto di rinuncia il diritto di credito ai dividenti deliberati dalla società, eccepisce altresì che l'Ufficio pretende di tassarlo in forza di una tesi antielusiva il cui richiamo e la cui invocata applicazione sono privi di ogni fondamento giuridico o ragione sistematica.
Sul punto osserva che il richiamo alla circolare n. 73 del 1994 trova il suo fondamento nel contrastare comportamenti elusivi che potevano sorgere dopo la modifica apportata all'art. 55 del TUIR (oggi art. 88, comma 4) che aveva esteso l'intassabilità delle sopravvenienze attive a tutte le rinunce di crediti da parte dei soci.
Infine, ribadisce quanto già sostenuto in relazione alla corretta interpretazione ed applicazione degli artt. 45 e 47 del TUIR e sul corretto accertamento dell'assenza di rinuncia da parte del contribuente.
Conclude per la conferma dell'impugnata sentenza con la condanna di controparte alle spese del doppio grado di giudizio.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Si rigetta l'appello dell'Ufficio e per l'effetto si conferma l'impugnata sentenza.
Ricapitolando brevemente la vicenda in questione, la ….s.r.l. deliberava in data 30/6/2005 la distribuzione di dividendi per euro 6.271.200 nei confronti di ….., oggi delle eredi….. e …...
La delibera, registrata dalla società presso l'Agenzia delle Entrate, preludeva alla costituzione di un trust con devoluzione delle quote di partecipazione della …. S.r.l detenute dal…. al trust stesso, ciò anche al fine di un avvicendamento di soggetti beneficiari del trust fra padre e figlie.
Infatti, successivamente veniva costituito il …. a cui il…… conferiva le quote di partecipazione nella società ….. ed al contempo ne diveniva beneficiario fino alla sua morte.
La distribuzione, però, non veniva attuata, nemmeno negli anni successivi, essendo rimasto il …. assolutamente inerte non avendo mai chiesto alla …. il pagamento del credito vantato.
La società, pertanto, correttamente iscriveva il debito per i dividenti in questione nel bilancio fino al 2010, ossia sino al compimento della prescrizione quinquennale del debito ex dall'art. 2949 c.c, per poi essere qualificato quale aumento del patrimonio netto.
Peraltro, nelle scritture contabili, risultano registrati tutti i passaggi e movimentazioni relativi al credito in questione, fino alla riallocazione dello stesso, appunto euro 6.271.200, nel patrimonio degli utili non riscossi con relativa annotazione.
Un tanto, per evidenziare che il ….. non solo non ha incassato il credito, ma non ha mai fatto alcun atto di rinuncia allo stesso.
L'Ufficio, quindi, erra nel sostenere che il …. nella sostanza ha esercitato comunque una rinuncia, sebbene implicita, al diritto di credito, poiché dopo il trasferimento delle quote della …. al trust, ha continuato a ricoprire la carica di Presidente del Consiglio di Amministrazione avendo quindi il potere di gestire e disporre dei beni del trust.
Ora, è del tutto arbitrario che l'Ufficio qualifichi come rinuncia al proprio credito il fatto che il ….. abbia ricoperto la carica di Presidente del Consiglio di Amministrazione del trust, tanto più che l'estinzione dell'obbligazione può avvenire solo nelle forme della remissione del debito prevista dall'art. 1236 c.c.
Di tutto ciò non vi è traccia, mentre risulta che il debito è stato regolarmente iscritto nella contabilità della società fino al 2020, cioè al compimento della prescrizione quinquennale, a riprova che nessuna rinuncia è intervenuta.
Inoltre, pure a volere sposare la tesi dell'Ufficio circa la sussistenza della rinuncia da parte del …., non si rinviene nel caso in esame la fattispecie del salto d'imposta e conseguentemente dell'incasso giuridico dei crediti rinunciati correlati a redditi che vanno acquisiti a tassazione per cassa, così come formulato nella circolare n. 73/1994.
Infatti, nella circolare viene affermato che la rinuncia a crediti correlati a redditi che vanno acquisiti a tassazione per cassa presuppone l'avvenuto incasso giuridico del credito e quindi l'obbligo di sottoporre a tassazione il loro ammontare, ma non prende in considerazione la rinuncia ai dividendi: ciò perché il salto d'imposta può verificarsi solo se il socio rinuncia a somme che sono state dedotte dal reddito della società, cosa che non si verifica con i dividendi, oltre al fatto che rinuncia non vi è stata.
Infine, nel ribadire che nel caso in esame si tratta di prescrizione del diritto di credito ai dividendi e non di rinuncia, è bene evidenziare che la prescrizione non fa emergere alcuna sopravvenienza attiva e correttamente la società ha registrato l'estinzione del debito tra le riserve di utili facenti parte del patrimonio netto: ciò sta a significare che solo in caso di distribuzione delle riserve di patrimonio netto, il socio sarà tenuto a versare l'imposta dovuta, diversamente si verificherebbe una doppia imposizione dello stesso reddito, in quanto l'utile già tassato una prima volta, verrebbe tassato una seconda volta quale sopravvenienza attiva.
Infine, si richiama la sentenza di assoluzione del Tribunale di Udine nei confronti degli imputati …. e del suo consulente per implicazioni penali ricollegabili ai fatti di cui all'odierna controversia, ove si afferma che i crediti da utili da distribuire si erano prescritti ai sensi dell'art. 2949 c.c. essendo decorsi cinque anni dalla delibera dei dividendi, confermando quindi quanto appena esposto.
Alla soccombenza segue la condanna l'Ufficio alla rifusione delle spese di lite come meglio specificato nel dispositivo.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale per il Friuli Venezia Giulia rigetta l'appello dell'Ufficio e per l'effetto, conferma la sentenza di I grado; condanna l'Ufficio alla rifusione delle spese di lite del grado che liquida in complessivi euro 2000,00, oltre accessori di legge, nonché al rimborso del contributo unificato assolto.
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