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PLURIME RATIONES DECIDENDI DELLA SENTENZA IMPUGNATA E CRITERI DI IMPUGNAZIONE

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PLURIME RATIONES DECIDENDI DELLA SENTENZA IMPUGNATA E CRITERI DI IMPUGNAZIONE.

Estratto: “Ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l'omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l'autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l'annullamento della sentenza."

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Civile, Sez. 5, ordinanza Num. 6225 del 5 marzo 2020.

Ritenuto in fatto:

L'Agenzia delle Entrate emetteva un avviso, per l'anno di imposta 2002, con il quale, sulla base delle risultanze dello studio di settore di cui all'art. 62-bis DL n.331/1993 convertito in legge n. 427/1993 applicabile al contribuente O.A., esercente l'attività di panificatore, determinava un maggior reddito di impresa di L.116.836.000 a fronte del reddito dichiarato di L.25.155.000; in particolare i ricavi attribuiti al contribuente venivano determinati in base allo studio di settore cod.15811.

Il contribuente impugnava l'atto impositivo che veniva annullato dalla CTP di Catania.

L'ufficio proponeva appello e la CTR della Sicilia, con sentenza n.32.34.12 depositata il 13.C12.2012, richiamata per relationem la sentenza del primo giudice, lo rigettava sul presupposto del mancato assolvimento dell'onere probatorio da parte dell'Ufficio.

Avvero la sentenza della CTR l'Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato a un motivo.

L'intimato non ha spiegato difese.

Il Procuratore Generale ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

Ritenuto in diritto

1.Con il motivo l'Agenzia delle Entrate deduce violazione e/o falsa applicazione dell'art. 39 comma 1 lett.d) del DPR 600/73, dell'art. 53 comma 2 del DPR n.633/1972; degli artt. 62-bis e 62 - sexies del DL n.331/1993 convertito in legge n.427/1993; degli artt. 2697, 2727, 2728 e 2729 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all'art. 360 primo comma n.3 c.p.c.

In particolare lamenta che la CTR aveva erroneamente ritenuto che l'ufficio non aveva assolto l'onere probatorio, senza considerare che, essendo stato attivato il preventivo contraddittorio con il contribuente, le risultanze degli studi di settore integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell'Ufficio dell'accertamento analitico induttivo ex art. 39 comma 1 lett.d) del DPR n.600/73 incombendo di conseguenza in capo al contribuente l'onere di fornire la prova (contraria) di circostanze idonee a giustificare lo scostamento tra quanto dichiarato e gli effetti dell'applicazione dei dati degli studi di settore. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

La CTR ha trascritto integralmente la motivazione della sentenza di primo grado "sia per evidenziarne la coerenza e l'ineccepibilità, sia per rimarcare la genericità dell'impugnazione", facendola propria.

La sentenza di primo grado si fondava su due rationes decidendi: la inapplicabilità degli studi di settore nell'ipotesi di più attività svolte contemporaneamente e il mancato assolvimento dell'onere probatorio poiché oltre alle risultanze degli studi di settore l'ufficio non aveva fornito elementi aventi i requisiti della precisione, concordanza e gravità al fine di fare emergere la reale capacità contributiva del ricorrente.

La prima ratio decidendi non è stata censurata. Secondo l'insegnamento di questa Corte "Il giudice di merito che, dopo avere aderito ad una prima ratio decidendi, esamini ed accolga anche una seconda ratio, al fine di sostenere la propria decisione, non si spoglia della potestas iudicandi, atteso che l'art. 276 c.p.c., distingue le questioni pregiudiziali di rito dal merito, ma non stabilisce, all'interno di quest'ultimo, un preciso ordine di esame delle questioni; in tale ipotesi, pertanto, la sentenza risulta sorretta da due diverse rationes decidendi, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata.

Ne discende che " Ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l'omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l'autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l'annullamento della sentenza." (Cass. n. 18641/2018; n. 22753/2011).

Da quanto sopra esposto consegue l'inammissibilità del ricorso.

Nulla sulle spese in considerazione della mancata costituzione di parte intimata.

Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito dei contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l'art. 13, comma 1- quater del d.P.R. 30 maggio 2012, n. 115.

                                                          P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 14.1.2020

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