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MANIFESTA ED IRRIDUCIBILE CONTRADDITORIETÀ DELLA MOTIVAZIONE. LA SENTENZA IMPUGNATA DALLA CONTRIBUENTE È NULLA

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MANIFESTA ED IRRIDUCIBILE CONTRADDITORIETÀ DELLA MOTIVAZIONE. LA SENTENZA IMPUGNATA DALLA CONTRIBUENTE È NULLA.

Estratto: La CTR, dopo avere testualmente affermato che «la normativa prevista per le imposte indirette non ha nulla a che fare con la normativa prevista tale affermazione è addirittura confermata dal difensore della contribuente a pag. 6 della memoria di costituzione in giudizio [...]» ha in concreto legittimato la valutazione del diritto di usufrutto operata dall'Ufficio sulla base di disciplina espressamente riferita all'imposta di registro, senza chiarire in alcun modo le ragioni di tale scelta, ignorando la disciplina dettata dall'art. 102, comma 1, in riferimento, ai fini della determinazione delle quote di ammortamento, al d.m. 31 dicembre 2008”.

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Corte di Cassazione, Sez. 5, Ordinanza n. 4422 del 20 febbraio 2020

Rilevato che:

Con sentenza n. 2015/28/14, depositata il 31 marzo 2014, non notificata, la CTR del Lazio accolse l'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate nei confronti della B. S.r.l. (di seguito società), avverso la sentenza della CTP di Roma che aveva invece accolto il ricorso della società avverso avviso di accertamento ai fini IRES ed IRAP per l'anno 2005.

La CTR ritenne legittimo l'accertamento col quale l'Ufficio aveva contestato la contabilizzazione da parte della contribuente, tra le immobilizzazioni materiali, di un valore di usufrutto, costituito per la durata di dodici anni con atto di cessione della nuda proprietà del 2002, relativo ad immobile strumentale sito in Roma alla Via dB. 11X-1X1, calcolato in base alla differenza tra il costo storico ed il valore di cessione della nuda proprietà, valutata in base alla rendita catastale, ritenendo che il valore dell'usufrutto così determinato si ponesse "in evidente contrasto con i valori desumibili dalle tabelle vigenti in materia" avendo in concreto l'Ufficio fatto applicazione, per il ricalcolo del valore del diritto di usufrutto, dei coefficienti di cui alla tabella costituente l'allegato 1 al d.m. 7 gennaio 2008. Avverso la sentenza della CTR la società ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.

L'Agenzia delle Entrate ha dichiarato di costituirsi al solo fine di partecipare all'udienza di discussione.

Considerato che:

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 102 del d.P.R. n. 917/1986, dell'art. 48 del d.P.R. n. 131/1986 e del d.m. 7 gennaio 2008, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., lamentando l'erronea applicazione, da parte della decisione impugnata, nel legittimare l'operato dell'Ufficio, di disciplina non solo non compatibile con l'accertamento concernente le imposte dirette, essendo essa riferita espressamente alla materia dell'imposta di registro e di imposta sulle successioni e donazioni, ma neppure, in ogni caso, applicabile ratione temporis, venendo a rettificare il valore di usufrutto come dichiarato in atto del 2002, laddove lo stesso art. 2 del citato decreto ministeriale 7 gennaio 2008 prevedeva espressamente che le disposizioni ivi contenute si applicassero agli atti formati ed alle successioni aperte ed alle donazioni fatte a decorrere dal 1° gennaio 2008.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia nullità della sentenza (in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4, cod,. proc. civ.) per manifesta ed irriducibile contraddittorietà della motivazione, in relazione all'art. 360, comma 1 n. 4, cod. proc. civ., per avere la sentenza impugnata, da un lato premesso che «la normativa per le imposte indirette non ha nulla a che fare con la normativa prevista per le imposte dirette», dall'altro concretamente applicato, in contrasto irriducibile, con detta premessa, la succitata normativa nell'ambito di accertamento concernente le imposte IRES ed IRAP.

3. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta ancora nullità della sentenza per omessa pronuncia, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., in relazione alla questione relativa all'eccepita decadenza dell'Ufficio dall'accertamento, essendo stato notificato l'accertamento otto anni dopo la stipula dell'atto di cessione della nuda proprietà con contestuale costituzione del diritto di usufrutto sull'immobile da parte della società, questione riproposta con le controdeduzioni in appello depositate dalla contribuente.

4. Con il quarto motivo, infine, la ricorrente denuncia, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, relativo proprio all'intervallo temporale tra la cessione della nuda proprietà (febbraio 2002) e la data in cui l'Amministrazione finanziaria ha esercitato il potere di accertamento (dicembre 2010), in relazione al quale la CTR avrebbe dovuto rilevare l'intervenuta decadenza dell'Ufficio dal potere accertativo.

5. Va esaminato in ordine logico prioritariamente il secondo motivo.

5.1. Esso è fondato.

La CTR, dopo avere testualmente affermato che «la normativa prevista per le imposte indirette non ha nulla a che fare con la normativa prevista tale affermazione è addirittura confermata dal difensore della contribuente a pag. 6 della memoria di costituzione in giudizio [...]» ha in concreto legittimato la valutazione del diritto di usufrutto operata dall'Ufficio sulla base di disciplina espressamente riferita all'imposta di registro, senza chiarire in alcun modo le ragioni di tale scelta, ignorando la disciplina dettata dall'art. 102, comma 1, in riferimento, ai fini della determinazione delle quote di ammortamento, al d.m. 31 dicembre 2008.

5.2. Ne consegue che la motivazione della sentenza impugnata risulta effettivamente viziata da contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, ciò che costituisce anomalia motivazionale talmente grave che, impedendo il controllo sull'effettiva ratio decidendi, si converte in vizio di violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. SU 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. sez. 3, 12 ottobre 2017, n. 23940; Cass. sez. 6-3, ord. 25 settembre 2018, n. 22598).

6. Il quarto motivo deve essere invece dichiarato inammissibile.

Esso risulta, infatti, formulato in termini di «omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti», in relazione alla nuova formulazione di cui all'art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., applicabile ratione temporis, venendo l'omissione censurata indicata come avente ad oggetto il mancato esame dell'intervallo temporale intercorso tra la stipula dell'atto (2002) e la notifica (2010) dell'accertamento impugnato, circostanza fattuale di cui invece la sentenza impugnata dà conto espressamente nella parte espositiva (pagg. 1 e 3 tanto in relazione al giudizio di primo grado quanto a quello di appello), condividendo, implicitamente, le difese dell'Ufficio come ivi riportate.

7. Le osservazioni che precedono inducono a ritenere, quindi, assorbiti, i restanti motivi. 8. La sentenza impugnata va per l'effetto cassata in relazione al motivo accolto e rinviata per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alla disciplina delle spese del giudizio di legittimità.

                                                         P.Q.M.

Accoglie il ricorso in relazione al secondo motivo, dichiarato inammissibile il quarto ed assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 27 giugno 2019

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