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LA DATA DI INVIO DELLE FATTURE, POSTA DAI GIUDICI DI SECONDO GRADO A FONDAMENTO DELLA DECISIONE, É INVECE IRRILEVANTE SECONDO LA CASSAZIONE

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LA DATA DI INVIO DELLE FATTURE, POSTA DAI GIUDICI DI SECONDO GRADO A FONDAMENTO DELLA DECISIONE, É INVECE IRRILEVANTE SECONDO LA CASSAZIONE.

Estratto: l'emissione della fattura, anche se antecedente al pagamento del corrispettivo, espone il contribuente, per sua scelta, all'obbligo di versare comunque la relativa imposta - fatta eccezione per l'ipotesi,

inconfigurabile nel caso in esame ratione temporis, di applicabilità del regime di i.v.a. per cassa introdotto dal d.l. 29 novembre 2008, n. 185, conv. nella I. 28 gennaio 2009, n. 2 -, a nulla rilevando la data di invio della fattura e quella del suo pagamento”.

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Civile, Sez. 5, ordinanza Num. 6043 del 4 marzo  2020.

RILEVATO CHE:

- la F. s.r.l. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza

della Commissione tributaria regionale della Campania, sez. dist. di Salerno, depositata 1'8 novembre 2011, che, in accoglimento dell'appello proposto dall'Ufficio, ha dichiarato legittimo l'avviso di accertamento con cui era stata rettificata la dichiarazione resa ai fini dell'I.v.a. per l'anno 2004, recuperata l'imposta non versata, con interessi, e irrogata la relativa sanzione;

- dall'esame della sentenza impugnata si evince che con tale atto l'Amministrazione finanziaria aveva contestato l'omesso versamento dell'I.v.a. esposta in quattro fatture emesse per prestazioni di servizi rese nei confronti della Coop. E.T.  nell'anno 2002;

- il giudice di appello ha accolto il gravame erariale evidenziando, tra le altre considerazioni, che dalla documentazione acquisita emergeva che le fatture in oggetto, benché registrate nell'anno 2002, erano state spedite alla committente nell'anno 2004 e che in tale periodo di imposta era stato effettuato il relativo pagamento;

- il ricorso è affidato a tre motivi;

- resiste con controricorso l'Agenzia delle Entrate;

- la ricorrente deposita memoria ai sensi dell'art. 380-bis.1 c.p.c.;

CONSIDERATO CHE:

- con il terzo motivo di ricorso, esaminabile prioritariamente in applicazione del criterio della ragione più liquida, la contribuente denuncia la falsa azione degli artt. 6 e 21, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, per aver la sentenza impugnata ritenuto che l'I.v.a. relativa alle fatture in oggetto dovesse essere inserita nella dichiarazione resa per l'anno 2004, quale periodo di imposta in cui tali fatture erano state inviate al committente e da questi pagate, benché le stesse fossero state emesse e registrate nell'anno 2002;

- il motivo è fondato;

- l'emissione della fattura, anche se antecedente al pagamento del corrispettivo, espone il contribuente, per sua scelta, all'obbligo di versare comunque la relativa imposta - fatta eccezione per l'ipotesi,

inconfigurabile nel caso in esame ratione temporis, di applicabilità del regime di i.v.a. per cassa introdotto dal d.l. 29 novembre 2008, n. 185, conv. nella I. 28 gennaio 2009, n. 2 -, a nulla rilevando la data di invio della fattura e quella del suo pagamento;

- pertanto, priva di rilevanza si presenta la data di invio delle fatture circostanza, posta dalla Commissione a fondamento della sua decisione;

- all'accoglimento del primo motivo di ricorso segue l'assorbimento dei motivi residui con cui si deduce, rispettivamente, l'omessa motivazione della sentenza per mancato esame degli elementi probatori prodotti (primo motivo) e la contraddittoria motivazione della stessa (secondo motivo);

- la sentenza impugnata va, dunque, cassata;

- non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, questa Corte può decidere nel merito, accogliendo il ricorso originario e, per l'effetto, annullando l'atto impugnato;

- appare opportuno disporre la compensazione delle spese del doppio grado di merito, mentre quelle del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo

                                                     P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario; compensa integralmente fra le parti le spese del primo e secondo grado di giudizio e condanna le ricorrenti, in solido tra loro, alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 10.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15% e accessori di legge. Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale dell'1l dicembre 2019.

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