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CAUSE DI ESENZIONE DA SANZIONI AMMINISTRATIVE PER VIOLAZIONE DI NORME TRIBUTARIE: L'INCERTEZZA NORMATIVA OGGETTIVA.

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CAUSE DI ESENZIONE DA SANZIONI AMMINISTRATIVE PER VIOLAZIONE DI NORME TRIBUTARIE: L'INCERTEZZA NORMATIVA OGGETTIVA.

Estratto: “(...) assurge a causa di esenzione del contribuente dalle sanzioni amministrative previste per violazioni di norme tributarie laddove integri una "condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull'oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l'insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d'interpretazione normativa, riferibile non già ad un generico contribuente, o a quei contribuenti che per la loro perizia professionale siano capaci di interpretazione normativa qualificata (studiosi, professionisti legali, operatori giuridici di elevato livello professionale), e tanto meno all'Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell'ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione".

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Civile, Sez. 5, ordinanza Num. 6872  del 11 marzo  2020.

Rilevato che -con sentenza n. 213/63/12 depositato in data 9 ottobre 2012, non notificata, la Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, accoglieva l'appello proposto da C.W. s.p.a nei confronti dell'Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, avverso la sentenza n. 151/02/10 della Commissione tributaria provinciale di Brescia che aveva rigettato il ricorso proposto dalla suddetta contribuente avverso l'atto di contestazione n. ROLCOT100XXX con il quale l'Ufficio aveva irrogato a quest'ultima, per l'anno 2004, la sanzione di cui all'art. 13 del d. lgs. n. 471 del 1997 per superamento del limite di compensazione Iva per la somma di euro 303.303, 14;

- la CTR, in punto di diritto, ha osservato che: 1) quanto all'importo massimo compensabile, la previsione di una soglia di euro 516.456,90 ex art. 34 della legge n. 388 del 2000, oltre la quale la compensazione non è consentita non viola le previsioni dello Statuto del contribuente né le direttive europee, per cui la compensazione oltre il limite consentito- nel cui calcolo andavano incluse anche le liquidazioni trimestrali- equivaleva a missione di versamento; 2) nella specie, trovava applicazione l'esimente di cui all'art. 6 del d.P.R. n. 472 del 1997 in quanto solo a parti -e dal comunicato stampa del 27 luglio 2004 l'Agenzia aveva sciolto i dubbi interpretativi circa la

necessaria inclusione delle liquidazioni trimestrali nel calcolo in ordine all'importo massimo compensabile ai sensi dell'art. 8 comma 3, del d.P.R. n. 542 del 1999, sussistendo fino a tale anno interpretazioni non solo della stampa specializzata ma anche di atti ufficiali (RM n. 218/2003) nel senso de la non imputazione dei crediti trimestrali; -avverso la sentenza della CTR, l'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a un motivo; rimane intimata la società contribuente;

- il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 375, secondo comma, e dell'art. 380-bis.1 cod. proc. civ., introdotti dall'art. 1 -bis del d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197.

Considerato che -con l'unico motivo di ricorso, la ricorrente denuncia, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 8 del d.lgs. n. 546 del 1992, 6, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997 nonché 10, comma 3, del d.lcis. n. 212 del 2000, per avere la CTR erroneamente ritenuto sussistere, ai fini della inapplicabilità delle sanzioni, una "incertezza normativa oggettiva", ex artt. 8 del d.lgs. n. 546 del 1992 e 6, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997, sulla portata dell'art. 8, comma 3, del d.P.R. n. 542 del 1999 - quanto alla inclusione o meno dei crediti trimestrali Iva nel calcolo del limite quantitativo annuo ex art. 34 della legge n. 388/00 utilizzabile in compensazione - stante la difformità delle interpretazioni in merito non solo della stampa specializzata ma anche dell'amministrazione finanziaria, senza considerare che già dalla risoluzione n. 119/1994- avallata dal comunicato stampa del luglio 2004- era chiara l'interpretazione nel senso della necessaria imputazione anche delle liquidazioni trimestrali; -il motivo è infondato per le ragioni di seguito indicate;

- invero, l'articolo 8 del D.P.R. n. 542/1)99 - la cui rubrica accomuna, significativamente, "Rimborsi e compensazioni di eccedenze di crediti IVA" - prevedeva al terzo comma (nel testo vigente ratione temporis) che "i contribuenti in possesso dei requisiti richiamati dal secondo comma dell'articolo 38-bis del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, per la richiesta di rimborsi d'Imposta relativi a periodi inferiori all'anno possono, in alternativa, effettuare la compensazione prevista dall'articolo 17, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, per l'ammontare massimo corrispondente all'eccedenza detraibile del trimestre di riferimento". -a sua volta, l'art. 34 della legge n. 388/00 ("Disposizioni in materia di compensazione e versamenti diretti') prevedeva che "a decorrere dal 10 gennaio 2001 il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale, è fissato in lire 1 miliardo per ciascun anno solare", anche qui contemplando, in un unico contesto, le due ipotesi del rimborso e della compensazione di crediti Iva; - con apposito "Comunicato stampa" del 20 luglio 2004 intitolato "Precisazioni su compensazione dei crediti trimestrali IVA", l'Agenzia delle Entrate - Ufficio Relazioni Esterne, ebbe ad affermare: "In relazione ad alcuni dubbi manifestati dalla stampa specializzata sulla possibilità, per i contribuenti che hanno i requisiti per richiedere il rimborso trimestrale dei crediti Iva, di utilizzare i medesimi in compensazione, senza tener conto dei limite annuo di 516.456,90 euro previsto dall'art. 25 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, come modificato dall'art. 34, comma 1, della L. 23 dicembre 2000, n. 388, l'Agenzia delle Entrate precisa che detto limite si applica, indistintamente, a tutti i crediti relativi alle imposte annotate sul conto fiscale, mentre non esistono limiti per i rimborsi disposti dagli uffici (cfr. circolare 22 luglio 1994, n. 119, in premessa al pag. 10).

Con la risoluzione 5 dicembre 2003 n. 218/E, è stato precisato che "i crediti trimestrali derivanti dalle liquidazioni periodiche Iva, non sono soggetti al limite imposto dal menzionato art. 25 solo se richiesti a rimborso e non anche nell'ipotesi in cui siano utilizzati in compensazione.

I rimborsi infrannuali, infatti, sono disposti direttamente dagli uffici competenti e non dal concessionario della riscossione".

In effetti, con la Risoluzione n. 218/E del 5 dicembre 2003, l'Agenzia delle Entrate aveva sostenuto, tra l'altro, che "le disposizioni contenute nel menzionato art. 17 prevedono che i contribuenti possono compensare i crediti di imposte e contributi con i relativi debiti, a decorrere dal giorno successivo a quello in cui si è chiuso il periodo in cui si è formato il credito ed entro un determinato limite annuo. In particolare, per effetto delle disposizioni contenute nell'art. 34, comma 1, della L. 23 dicembre 2000, n. 388 (che ha modificato il limite previsto dall'art. 25 del D.Lgs. n. 241 del 1997), a decorrere dal 1° gennaio 2001 il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale, è fissato in lire 1 miliardo (516.456,90 euro) per ciascun anno solare", aggiungendo però - e così ingenerando il dubbio interpretativo qui in discussione, poi chiarito con il comunicato stampa del 2004 - che "non concorrono alla determinazione di questo limite i crediti d'imposta derivanti da agevolazioni o incentivi fiscali, per i luali esiste una copertura di legge, i crediti trimestrali derivanti dalle liquidazioni periodiche Iva, i crediti compensati con debiti delle stessa imposta (sebbene compensati nel modello F24)";

- alla luce di quanto precede, il Collegio ritiene corretta la valutazione del giudice d'appello circa la sussistenza di "obbiettive condizioni di incertezza" -ai sensi degli artt. 8 dei d.lgs. n. 546 del 1992, 6, comma 2, D. Lgs. n. 472/97 e 10, comma 3, L. n. 212/00- ossia una c.d. incertezza normativa oggettiva, la quale assurge a causa di esenzione del contribuente dalle sanzioni amministrative previste per violazioni di norme tributarie laddove integri una "condizione di inevitabile incertezza sul contenuto, sull'oggetto e sui destinatari della norma tributaria, ovverosia l'insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso il procedimento d'interpretazione normativa, riferibile non già ad un generico contribuente, o a quei contribuenti che per la loro perizia professionale siano capaci di interpretazione normativa qualificata (studiosi, professionisti legali, operatori giuridici di elevato livello professionale), e tanto meno all'Ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto dell'ordinamento cui è attribuito il potere-dovere di accertare la ragionevolezza di una determinata interpretazione" (nello stesso senso, CASS. n. 4616 del 2016); con la specificazione che "tale verifica è censurabile in sede di legittimità per violazione di legge, non implicando un giudizio di fatto, riservato all'esclusiva competenza del giudice di merito, ma una questione di diritto, nei limiti in cui la stessa risulti proposta in riferimento a fatti già accertati e categorizzati nel giudizio di merito" (Cass. n. 4394/2014, n. 24670/2007);

- in conclusione, il ricorso va rigettato; - nulla sulle spese, essendo rimasta la società contribuente intimata;

                                                         P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; Così deciso in Roma, in data 14 gennaio 2020.

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