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Dare avvio ad un’attività alberghiera o all’apertura di una pensione, data l'elevata vocazione turistica del nostro paese, costituisce un’opportunità fruttuosa in quanto, nella maggior parte dei casi, ha un buon ritorno economico.
Si tratta, infatti, di un’attività di impresa vera e propria per il quale sono prevedibili importanti ricavi, considerato l’aumento della spesa pro capite per vacanze anche di breve durata.
Nella realtà italiana sono presenti sia grandi alberghi, aperti da catene nazionali ed internazionali a struttura societaria e diretti da manager, sia piccoli e medi alberghi o pensioni a conduzione familiare ed a carattere stagionale dove è fondamentale il ruolo del titolare nella gestione dell’azienda.
Per avviare un’attività alberghiera è necessario, al di là della ricerca di una struttura idonea ed appetibile, aprire una partita Iva, acquisendo il relativo codice Ateco relativo alle attività alberghiere ed iscriversi al Registro delle Imprese provinciale. È indispensabile poi, inviare al Comune dove è ubicata la struttura la Scia, la Segnalazione Certificata di Inizio Attività ed aprire le posizioni previdenziali ed Inail per tutti i dipendenti che operano nella struttura quali camerieri, addetti alla reception, cuochi e incaricati alle pulizie. Infine, è indispensabile possedere le diverse certificazioni rilasciate da Asl e Vigili del Fuoco per le condizioni igieniche-sanitarie della struttura e per le misure antincendio.
L’attività alberghiera è diventata sempre più concorrenziale e, insieme alle classiche attività di pernottamento e ristoro, molte strutture si attrezzano per soddisfare le diverse esigenze dei clienti. Ormai è la prassi trovare negli alberghi una serie di servizi accessori quali palestra, sauna, massaggi, parrucchiere oltre ai classici servizi accessori di bar lavanderia e telefono e per i quali può essere previsto in fattura un supplemento di prezzo.
Dal punto di vista della tenuta contabile e di tutta la documentazione prevista dalla normativa fiscale, la struttura alberghiera deve tenere anche una contabilità per i vari servizi offerti partendo dal pernottamento, alla ristorazione, fino al settore fitness, estetica, ecc.
Accertamento fiscale negli alberghi: cosa guarda l’Agenzia delle Entrate
In quanto attività di impresa vera e propria anche le aziende alberghiere sono sottoposte ad accertamenti e controlli fiscali. Il proposito è quello di individuare e quantificare tutti i ricavi conseguiti dall’albergo e relativi ai vari servizi effettivamente resi rispetto a quelli annotati in contabilità e dichiarati, sia ai fini I.V.A. che delle imposte sui redditi.
Uno dei primi indizi oggetto di controllo quello individuato nelle certificazioni in contabilità, specie in quei casi in cui viene registrato un solo servizio, inerente per esempio al pernottamento, senza che venga indicata la fruizione di altre prestazioni, quali colazione, cene, massaggi, ecc. I verificatori potrebbero pensare che in questi casi venga contabilizzata solo una prestazione, omettendo di registrare il resto.
Altro controllo portato avanti dalla Guardia di Finanza è quello che si basa sulla media delle tariffe applicate in relazione ai servizi resi, sia considerando la bassa che la alta stagione, al fine di individuare eventuali incongruenze ed irregolarità.
L’attendibilità delle scritture contabili, inoltre, può essere messa in discussione partendo dall’esame degli acquisti che l’albergo ha sostenuto nel corso dell’anno. Se, per esempio, vengono rilevati beni in misura eccessiva rispetto al numero di ospiti registrati, allora i verificatori ipotizzano un’evasione.
Altra frequente indagine riguarda, infine, la presenza di personale irregolare in quanto, quello alberghiero, è un settore caratterizzato dal ricorso a personale stagionale. Non di rado si ritiene, infatti, che specie nei periodi di alta stagione, gli albergatori ricorrano a manodopera in nero.
Siccome gli elementi da valutare in occasione di una verifica all’interno di un albergo sono molti e diversificati, è indispensabile che i verificatori procedano in contraddittorio con il contribuente. Solo così sarà possibile arrivare ad un risultato credibile e non frutto di supposizioni.
Non di rado, infatti, alcuni gli avvisi di accertamento si fondano su argomentazioni prive di logica e poco condivisibili, procedendo a fare una semplice moltiplicazione del numero delle presenze nell'albergo per la tariffa media prevista per il periodo. Non si tratta, però di un calcolo sempre fondato e corrispondente alla realtà dei fatti. Se infatti, un albergo non gode di una struttura ammodernata o un’ottima classificazione nelle indicazioni turistiche, contenute nei portali di prenotazione online quali Booking.com o di recensioni quali Tripadvisor, la tariffa media non è più quella presunta, ma spesso molto inferiore. Sono frequenti i casi in cui la determinazione delle tariffe medie risulta nei fatti scorretta.
Altre volte, inoltre, sulla base dei documenti acquisiti ed esaminati da Guardia di Finanza e Agenzia delle Entrate, si presume che l’albergo abbia conseguito dei corrispettivi superiori a quelli dichiarati, sulla base di un lieve scostamento dallo studio di settore.
Altra critica mossa agli accertatori nei processi riguarda, inoltre, l’inadeguatezza delle verifiche che in alcuni casi non tengono conto della diversità dei servizi offerti e separatamente addebitati ai clienti quali per esempio pernottamento, mezza pensione, pensione completa, ristorante, affitto di sale per congressi, ecc. L’analisi dovrebbe valutare attentamente le diverse prestazioni di cui un cliente ha effettivamente usufruito. In caso contrario, le risultanze non possono essere attendibili e realistiche.
Occorre, infine, tenere bene a mente che l’affluenza ed i prezzi praticati da alberghi e pensioni non è costante nel corso dell’anno ma è decisamente diversa tra i periodi di alta stagione e nei week-end anche in bassa stagione oppure ed in concomitanza di fiere e manifestazioni pubbliche.
Infine, i motivi di contenzioso riguardano non solo la determinazione del volume d’affari realizzato dalla struttura alberghiera ma anche i criteri per il pagamento della Tarsu, la tassa sui rifiuti. Il problema, in particolare, si pone per gli alberghi stagionali, utilizzati per una sola parte dell'anno e per i quali dovrebbe essere esclusa l’imposizione del tributo per l'intero anno solare.
Altra questione spesso oggetto di contenzioso è poi quella che riguarda la deducibilità dei costi di ristrutturazione sostenuti dalla società nell'immobile oggetto dove viene svolta l’attività alberghiera.
Per tutti questi motivi l’albergatore che ha ricevuto un avviso di accertamento o una cartella di pagamento e che ritiene ingiusta la pretesa tributaria è costretto ad agire davanti alla Commissione Tributaria per vedere riconosciute le sue ragioni, come nei casi di seguito menzionati.
Corte di Cassazione, V Sez. Civile, sentenza n. 8921 del 14/05/2020
Questa controversia ha avuto origine da un avviso di accertamento di cui è stata destinataria un’attività alberghiera toscana con cui venivano recuperati a tassazione IRES, IRAP, IVA derivanti da maggiori ricavi. Questi ultimi erano accertati tramite lo scostamento tra i ricavi dichiarati e quelli risultanti dall'apposito studio di settore. In particolare, anche se i dati contabili relativi a costi e ricavi erano identici a quelli dell’anno precedente, l’Agenzia delle Entrate aveva individuato uno scostamento del 30% tra i ricavi apparenti e quelli ricostruiti in via induttiva. Per tali ragioni l’albergo aveva conseguito un maggior reddito non dichiarato.
Per la contribuente l’ufficio tributario avrebbe, invece, usato un metodo di calcolo completamente errato basato esclusivamente sulle risultanze degli studi di settore. Inoltre, non erano stati adoperati degli aggiustamenti che tenessero conto della specifica realtà aziendale quali la crisi del settore alberghiero, il tasso di occupazione dell'albergo superiore alla media del settore, la distinzione dei ricavi a seconda delle categorie di clienti, ecc.
A suo avviso, quindi, non vi sarebbe stato un grave scostamento tra ricavi dichiarati e ricavi accertati, bensì solo un lievissimo scostamento, di poco superiore al 5%. L’Ufficio, in sostanza, non aveva individuato dei concreti indici sintomatici dell’evasione.
La Cassazione ha accolto il ricorso della contribuente ritenendo che i giudici di merito non avessero esaminato attentamente gli scritti difensivi della contribuente. Ed infatti, applicando lo studio di settore più recente ed evoluto, lo scostamento tra ricavi dichiarati e quelli presunti era molto lieve, attestandosi intorno al 5% e non al 30% come ritenuto. Per tali ragioni erano da escludere presunti ricavi non dichiarati.
Comm. Trib. Reg. per la Lombardia, sentenza n. 5 del 24/01/2013
Questa vicenda, allo stesso modo della precedente, ha riguardato il richiamo a tassazione di maggiori ricavi conseguiti da un albergo ed accertati mediante ricostruzione induttiva dei ricavi basati sugli studi di settore.
Il contribuente in questo caso ha contestato l’accertamento ritenendo che lo scostamento tra il reddito dichiarato ed il reddito accertato fosse giustificato dai lavori di ristrutturazione e manutenzione dell'immobile che avevano portato ad un’interruzione dell’attività di impresa.
La CTR lombarda ha accolto questa tesi ritenendo che nel caso di un accertamento effettuato nei confronti di un'attività alberghiera fondato sugli studi di settore, lo svolgimento di attività di manutenzione e ristrutturazione sull'immobile rappresenta una causa di giustificazione che legittima gli scostamenti rilevati dall'Ufficio tributario. In questi casi, infatti, si sarebbe verificata una situazione di evidente disagio per l’attività svolta dal contribuente che avrebbe giustificati minori ricavi rispetto agli anni precedenti.
Comm. Tri. Reg. della Sardegna, sentenza n. 298/04/14
Infine, questa vicenda ha preso avvio da una cartella di pagamento con cui un Comune sardo chiedeva il pagamento di una somma superiore a 10 mila euro a titolo di tassa sui rifiuti, c.d. TARSU, nei confronti di un complesso alberghiero munito di ristorante per aver quest’ultimo pagato meno di quanto dovuto.
La contribuente ha immediatamente contestato la cartella ritenendo che quest’ultima fosse priva di motivazione e soprattutto priva dei requisiti. Il Comune, infatti, avrebbe commesso un errore nella determinazione dell'imposta, calcolata senza tenere conto dell'uso stagionale dei locali. Inoltre, l’ente comunale non aveva in alcun modo giustificato la diversa tariffa applicata agli esercizi alberghieri rispetto agli immobili ad uso abitativo.
La Commissione tributaria ha accolto il suo appello in quanto il Comune, pur avendo il potere di discostarsi dai parametri previsti dalla legge, deve comunque motivarne le ragioni. In questo caso, invece, era stata effettuata una differenziazione macroscopica tra le tariffe applicate alle civili abitazioni e quelle applicate agli esercizi alberghieri. Si trattava, in sostanza, di una differenza ingiustificata che anzi, manifestava una disparità di trattamento per l'elevata differenziazione tariffaria fra categorie ritenute omologhe dalla legge.
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