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Il sistema penale italiano si è sempre fondato su un principio fondamentale, per decenni ritenuto insormontabile: societas delinquere non potest. Tale locuzione latina costituisce l’espressione del pilastro costituzionale per cui la responsabilità penale è personale: così, per lungo tempo, il panorama penalistico è rimasto esclusivamente riservato alle persone fisiche.
Tale rigida impostazione ha, però, incontrato una deroga con il D. Lgs. 231/2001, per mezzo del quale il Legislatore ha introdotto nell’Ordinamento la cosiddetta responsabilità amministrativa degli enti.
Detta riforma ha concepito l’imputabilità delle persone giuridiche rispetto ad una serie specificamente elencata di reati, principalmente in materia di salute e sicurezza sul lavoro, Pubblica Amministrazione, reati societari, contro la personalità individuale, con finalità di terrorismo o eversione dell'ordine democratico, di natura transnazionale (traffico di migranti, riciclaggio...), ambientale, di criminalità informatica, manipolazione del mercato e abuso di informazioni privilegiate.
Al fine di non incorrere in tali responsabilità e, soprattutto, nelle sanzioni interdittive (tra le altre, si ricorda il divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione e di pubblicizzare beni e servizi) e pecuniarie (computate secondo un particolare calcolo in quote), le imprese devono opportunamente adottare un accurato modello di organizzazione e gestione (comunemente detto modello 231): esso consiste in un vero e proprio sistema di gestione preventiva dei rischi, con un contenuto variabile a seconda delle peculiarità del singolo ente (nel concreto contenente, nella maggior parte dei casi, disposizioni di carattere prettamente organizzativo in ordine alla modulistica e a precisi codici comportamentali).
Pur non avendo una struttura rigida, la predisposizione del modello richiede innanzitutto la realizzazione di una vera e propria mappatura delle aree a rischio di reato: a seconda delle caratteristiche d’impresa (natura dell’attività, soggetti con i quali si intrattengono rapporti socio-economici) vengono individuate le attività che concretamente costituiscono un pericolo di commissione dell’illecito. Successivamente a ciò, si effettua una valutazione del sistema di controllo interno e, eventualmente, si predispone un piano di miglioramento: il tutto confluisce nella redazione del modello definitivo.
Ma chi è preposto alla cura ed alla sorveglianza del modello 231?
Il sistema del D. Lgs. 231/2001 prevede che gli enti siano dotati di un Organismo di Vigilanza (ODV), il quale, a seconda delle caratteristiche dell’impresa, assume una composizione collegiale o monocratica, potendo essere inoltre costituito sia da componenti interni che esterni (nelle aziende di minori dimensioni, ad esempio, l’ODV può coincidere con lo stesso apparato amministrativo).
Come anticipato, dunque, le principali funzioni dell’Organismo sono dirette a vigilare e controllare l’attuazione e l’osservanza del modello da parte dei destinatari, curare le iniziative di formazione per garantirne la migliore comprensione e diffusione, nonché proporre aggiornamenti, modifiche ed interventi di adattamento.
Proprio a tale ultimo proposito, il Decreto Fiscale 2019 (adottato con L. 19 dicembre 2019 n. 157) ha apportato un’importante innovazione alla disciplina sin qui delineata, in particolare con l’introduzione nel D. Lgs. 231/2001 del nuovo art. 25 quinquesdecies, il quale dispone:
In relazione alla commissione dei delitti previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, si applicano all'ente le seguenti sanzioni pecuniarie:
a) per il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti previsto dall'articolo 2, comma 1, la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote;
b) per il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall'articolo 2, comma 2-bis, la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote;
c) per il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, previsto dall'articolo 3, la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote;
d) per il delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall'articolo 8, comma 1, la sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote;
e) per il delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall'articolo 8, comma 2-bis, la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote;
f) per il delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili, previsto dall'articolo 10, la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote;
g) per il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, previsto dall'articolo 11, la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote.
2. Se, in seguito alla commissione dei delitti indicati al comma 1, l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entita', la sanzione pecuniaria e' aumentata di un terzo.
3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2, si applicano le sanzioni interdittive di cui all'articolo 9, comma 2, lettere c), d) ed e).
Ecco dunque che il Legislatore ha scelto di estendere all’ambito della responsabilità amministrativa degli enti anche tutti i reati tributari sopra elencati, i quali sono puniti, come anticipato, con pene pecuniarie calcolate di volta in volta per quote e con le pene interdittive del divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione (salvo che per ottenere le prestazioni di pubblico servizio), dell’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi (con eventuale revoca di quelli già concessi) e del divieto di pubblicizzare beni o servizi.
Quali sono, dunque, le conseguenze pratiche di questo intervento legislativo?
Proprio perché gli Organismi di Vigilanza sono incaricati dello specifico ruolo di cura del modello, al fine di prevenire la commissione di detti reati, è necessario che gli stessi si adoperino per predisporne una revisione, inserendo, se del caso, dei protocolli ad hoc.
Ciò può essere attuato, ancora una volta, partendo da un’attenta mappatura dei rischi: gli Organismi di Vigilanza sono così chiamati a compiere un’attenta analisi delle caratteristiche fiscali proprie della società, al fine di individuare le singole attività da considerarsi sensibili rispetto alla possibile commissione di nuovi reati.
A tal punto, sarà opportuno predisporre un attento sistema di controllo e prevenzione interno, da inserire nel modello preesistente.
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