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Corte di Cassazione, Sez. 5,
Ordinanza n. 5655 del 2 marzo 2020
Rilevato che:
1. Con sentenza n. 99/32/12 pubblicata 1'8 giugno 2012 la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha accolto l'appello proposto dall'Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano n. 15/18/11 che aveva accolto il ricorso proposto dalla I.M. s.r.l. avverso l'avviso di accertamento n. R1XXX1221/XXXX ad essa notificato e con il quale era stata accertata l'omessa ritenuta alla fonte su compensi erogati a T.G.E., in violazione dell'art. 25 del d.P.R. 600 del 1973 rideterminando le maggiori imposte e le relative sanzioni per l'anno d'imposta 2004.
In particolare, la Commissione tributaria regionale ha considerato che la I.M. s.r.l. aveva fatto figurare compensi corrisposti alla P.B. s.n.c. per attività di intermediazione finalizzata a procacciare clienti, e in realtà corrisposti alla persona fisica T.G. che, a sua volta, aveva dichiarato fiscalmente di avere percepito compensi per euro 200.000,00 e subito ritenute per euro 40.000,00 nello stesso anno di imposta. La stessa Commissione tributaria regionale ha considerato che il rappresentante della I. M. s.r.l. si era rivolto esclusivamente al T. per incaricarlo di procacciare clienti per la propria azienda e questi aveva in effetti svolto il relativo compito e non la P.B. avente tutt'altro oggetto sociale, per cui il rappresentante della I.M. doveva essere consapevole di partecipare ad una frode IVA.
2. La I.M. s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolato su quattro motivi.
3. L'Agenzia delle entrate resiste con controricorso chiedendo il rigetto del ricorso deducendone l'infondatezza.
Considerato che:
1. Con il primo motivo si deduce, ex art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ.
La nullità della sentenza per omessa motivazione, violazione dell'art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. 546 del 1992 e violazione dell'art. 112 cod. proc. civ.
In particolare si assume che la Commissione tributaria regionale avrebbe riportato meccanicamente la motivazione riguardante altro procedimento relativo ad indebita detrazione dell'IVA così omettendo ogni motivazione relativa al procedimento in questione.
Con il secondo motivo si lamenta, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o la falsa applicazione dell'art. 25-bis d.P.R. 600 del 1973 sotto il profilo dell'insussistenza dell'obbligo di effettuazione della ritenuta.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 64 e 67 d.P.R. 600 del 1973 sotto il profilo del divieto di doppia imposizione.
Con il quarto motivo si lamenta, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. La violazione e/o falsa applicazione dell'art. 25-bis d.P.R. 600 del 1973 sotto il profilo dell'erronea determinazione della ritenuta da parte dell'Agenzia delle entrate. 2. Il primo motivo è fondato.
La sentenza impugnata fa riferimento a questione diversa da quella oggetto del procedimento in questione.
In particolare, la motivazione riguarda l'illegittimità della detrazione dell'IVA per operazioni inesistenti, mentre è del tutto omessa la motivazione relativa alla questione relativa all'omessa ritenuta alla fonte su compensi erogati a soggetto incaricato individualmente a procacciare clienti e alle questioni relative al calcolo della base imponibile e dell'aliquota applicata.
In tal modo la sentenza impugnata incorre nel difetto di motivazione e nella violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. e pertanto va cassata con rinvio per una nuova valutazione.
3. Gli altri tre motivi di ricorso sono assorbiti.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia in diversa composizione cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Roma, 21 novembre 2019
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