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Corte di Cassazione, Sez. 5,
Sentenza n. 2817 del 06 febbraio 2020
1. - La Commissione Tributaria Regionale della Campania con sentenza n. 2/2/13 del 29 novembre 2012, pubblicata il 23 gennaio 2013, ha confermato la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Salerno n. 82/2/10 di accoglimento - per quanto serba rilievo nella sede del presente scrutinio di legittimità - del ricorso proposto dalla contribuente D. N. avverso l'avviso di accertamento, ai fini della imposta sul reddito delle persone fisiche, dovuta per l'anno 2003 (e delle relative addizionali), della plusvalenza ricavata della vendita immobiliare - effettuata con rogito della notaia A. B., in data 12 dicembre 2003 - della quota (2/12) di un terreno di mq. 16.286, sito nel comune di San Pietro in Cairano e riportato in catasto al foglio 6, particella 101. 2. - L' Avvocatura generale dello Stato, mediante atto del 6 marzo 2014, ha proposto ricorso per Cassazione. 3. - La contribuente ha resistito mediante controricorso del 26 aprile 2014, col quale ha eccepito la inammissibilità, in rito, e, nel merito, la infondatezza della impugnazione.
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1. - La Commissione Regionale Tributaria ha osservato che il gravame della Agenzia delle Entrate risultava carente « di motivi specifici e deduzioni che non avevano già trovato riscontro nella decisione di primo grado » e ne ha, quindi, motivato la conferma osservando (relativamente all'accoglimento del ricorso della contribuente) che la Commissione Tributaria Provinciale aveva ampiamente dato conto della esclusione della natura edificatoria del terreno alienato; che si tratta di area la quale era compresa « solo in parte » nella zona di completamente residenziale del piano regolatore, destinata a verde, impianti sportivi e parcheggi; sicché il ricavato della vendita relativa non costituiva plusvalenza imponibile.
2. - L'Avvocatura Generale dello Stato ricorrente denunzia, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione all'art. 67 [già art. 81] del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e all'art. 2.697 cod. civ. Deduce la ricorrente che — laddove il precedente di legittimità citato dalla Commissione Tributaria Regionale (sentenza n. 19.668 del 2009) è impertinente concernendo il caso (differente) di un terreno destinato a verde pubblico attrezzato — sarebbe stato onere della contribuente dimostrare « (non certamente attraverso la perizia di un tecnico di parte) l'inedificabilità assoluta e totale » del terreno alienato, peraltro contraddicendo l'assunto del libello introduttivo secondo il quale l'area « non sarebbe del tutto inedificabile ».
3. - Il ricorso è inammissibile. 3.1 - La sentenza impugnata appare fondata sulla duplice - e autonoma - ratio decidendi della inammissibilità dell'appello della Agenzia delle Entrate « per mancanza di motivi specifici » (come illustrato nel paragrafo che precede sub 1.). Orbene la ricorrente ha omesso di impugnare tale capo della sentenza colla conseguenza della formazione del giudicato interno in ordine alla inammissibilità del gravame. Tanto comporta che deve ritenersi escluso l'interesse della parte a impugnare la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per far valere la supposta violazione di legge in cui sarebbe incorso il giudice di secondo grado nella decisione del merito della causa.
Esattamente in termini soccorre il principio di diritto da ultimo ribadito dalla giurisprudenza di legittimità secondo il quale « Ove il giudice d'appello abbia dichiarato inammissibile uno dei motivi di gravame per difetto di specificità, affermandone poi comunque nel merito l'infondatezza, la parte rimasta soccombente che ricorra in Cassazione contro tale sentenza, ove intenda impedirne il passaggio in giudicato, ha l'onere di impugnare la relativa statuizione, da sola sufficiente a sorreggere la decisione, dato che il passaggio in giudicato della pronuncia di inammissibilità priverebbe la medesima parte dell'interesse a far valere in sede di legittimità l'erroneità delle ulteriori statuizioni della decisione impugnata » (così da ultimo Sez. 2, ordinanza n. 21514 del 20/08/2019, Rv. 654633 - 01; cui adde Sez. 1, sentenza n. 4854 del 14/05/1998, Rv. 515426 - 01). Consegue la declaratoria della inammissibilità del ricorso.
3.2 - Le spese, congruamente liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi C 2.100,00 per compensi, oltre spese forfettarie e accessori di legge.
Cosi deciso nella camera di consiglio della V Sezione Civile il 19 novembre 2019
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