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Corte di Cassazione, Sez. 5,
Sentenza n. 3378 del 12 febbraio 2020
Con sentenza n. 247 depositata il 12/10/2011, la Commissione Tributaria Provinciale di Milano, sez. n. 42, accoglieva il ricorso presentato da R.P. avverso il preavviso di fermo amministrativo n. xxx notificato dalla S.p.a. Equitalia in relazione alle cartelle di pagamento colà indicate, compensando le spese di lite del grado. La S.p.a. Equitalia E., con atto notificato il 06/03/12, proponeva appello avverso la predetta sentenza, chiedendone la riforma, con vittoria di spese. R.P. si costituiva con atto depositato il 04.05.12, chiedendo il rigetto dell'impugnazione avversaria, con vittoria di spese.
Con sentenza del 18.2.2013 la CTR Lombardia rigettava l'appello sulla base delle seguenti considerazioni: 1) premesso che la CTP, nell'accogliere il ricorso del contribuente, aveva rilevato che il ricorrente non aveva mai avuto "effettiva conoscenza" delle due cartelle poste alla base dell'atto impugnato, siccome notificate presso il domicilio fiscale (a Gorgonzola) con il rito degli irreperibili, mentre la Equitalia s.p.a. era a conoscenza del nuovo indirizzo (di Bari) ove era posto il domicilio effettivo del P., avendo lì notificato in precedenza altre cartelle, la ratio decidendi non era stata oggetto di specifica contestazione; 2) d'altra parte, il contribuente non aveva mai allegato di non avere avuto conoscenza del provvedimento di fermo, ma solo degli atti presupposti; 3) in ogni caso, nessuna contestazione specifica era stata mossa dalla Equitalia in merito alla circostanza della sua pregressa conoscenza del nuovo effettivo domicilio in Bari del contribuente, nel quale ha anche notificato poi il provvedimento di fermo; 4) invece, Equitalia si era fondata solo su una ricerca anagrafica superata nei fatti.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso Equitalia N. s.p.a., sulla base di cinque motivi. P. R. ha resistito con controricorso.
Ritenuto in diritto 1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 26 d.P.R. n. 602/1973, 60 d.P.R. n. 600/1973 e 2700 c.c., in relazione all'art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato che la notifica della cartella di pagamento n. xxx era regolarmente avvenuta presso il domicilio fiscale del contribuente, non potendosi attribuire alcuna rilevanza al domicilio di fatto del medesimo (il quale ultimo, peraltro, non aveva provveduto a comunicare la variazione di indirizzo), e che la circostanza (risultante dalla relata di notificazione) che all'indirizzo coincidente con il domicilio fiscale (come attestato dall'ufficio dell'anagrafe del Comune di Gorgonzola) il contribuente fosse irreperibile faceva fede fino a querela di falso, nel caso di specie non proposta.
1.1. Il motivo è infondato. In tema di notifica degli atti impositivi, la cd. irreperibilità assoluta del destinatario che ne consente il compimento ai sensi dell'art. 60, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973, presuppone che nel Comune, già sede del domicilio fiscale dello stesso, il contribuente non abbia più abitazione, ufficio o azienda e, quindi, manchino dati ed elementi, oggettivamente idonei, per notificare altrimenti l'atto (Sez. 5, Ordinanza n. 19958 del). In quest'ottica, la notificazione di cui all'art. 60 comma primo, lett. e) del d.P.R. n. 600 del 1973 è ritualmente eseguita solo nella ipotesi in cui, nonostante le ricerche che il messo notificatore deve svolgere nell'ambito del Comune di domicilio fiscale, in esso non si rinvengano l'effettiva abitazione o l'ufficio o l'azienda del contribuente. Solo in questi casi la notificazione è ritualmente effettuata mediante deposito dell'atto nella casa comunale ed affissione dell'avviso di deposito nell'albo del Comune senza necessità di comunicazione all'interessato a mezzo di raccomandata con ricevuta di ritorno, ne' di ulteriori ricerche al di fuori del detto comune (Sez. 1, Sentenza n. 11152 del 13/12/1996; conf. Sez. 1, Sentenza n. 5100 del 09/06/1997). Ciò in applicazione del principio generale secondo cui le risultanze anagrafiche rivestono un valore meramente presuntivo circa il luogo dell'effettiva abituale dimora, che è accertabile con ogni mezzo di prova, anche contro le stesse risultanze anagrafiche, assumendo rilevanza esclusiva il luogo ove il destinatario della notifica dimori, di fatto, in via abituale (di recente, Sez. 3, Ordinanza n. 19387 del 03/08/2017).
Del pari, il ricorso alle formalità di notificazione di cui all'art. 143 c.p.c., per le persone irreperibili, non può essere affidato alle mere risultanze di una certificazione anagrafica, ma presuppone sempre e comunque che, nel luogo di ultima residenza nota, siano compiute effettive ricerche e che di esse l'ufficiale giudiziario dia espresso conto (Sez. 6 - L, Ordinanza n. 24107 del 28/11/2016). Invero, le condizioni legittimanti la notificazione a norma dell'art. 143 cod. proc. civ. non sono rappresentate dal solo dato soggettivo dell'ignoranza da parte del richiedente o dell'ufficiale giudiziario circa la residenza, la dimora o il domicilio del destinatario dell'atto, ne' dal possesso del solo certificato anagrafico dal quale risulti che il destinatario è trasferito per ignota destinazione. È richiesto anche che la condizione di ignoranza non possa essere superata attraverso le indagini possibili nel caso concreto, che il mittente deve compiere usando l'ordinaria diligenza (Sez. 3, Sentenza n. 1092 del 03/02/1998). Orbene, nel caso di specie, rappresenta circostanza incontestata che prima della notifica (risalente al periodo luglio-novembre 2008) delle due cartelle di pagamento oggetto di causa la stessa Equitalia aveva già provveduto a notificare (negli anni 2006-2007; cfr. pagg. 7-8 del controricorso e 2 della sentenza qui impugnata) altre cartelle presso l'indirizzo (corrispondente al domicilio effettivo) di via C. n. 66 in Bari, al pari del successivo preavviso di fermo amministrativo (cfr. pag. 3 della sentenza emessa dalla CTR).
1.2. Inconferente è, invece, la censura concernente la valenza fidefacente della attestazione, risultante dalla relata di notifica, della irreperibilità del contribuente presso il domicilio fiscale, atteso che la relativa circostanza non è contestata dal Piva ed, anzi, è posta alla base della doglianza relativa all'invalidità della notifica della cartella di pagamento.
2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta l'omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c., per non aver la CTR considerato che le relate delle notificazioni di entrambe le cartelle di pagamento (attestanti l'irreperibilità del P.), così come la certificazione rilasciata dall'ufficiale dell'anagrafe del Comune di Gorgonzola in data 25.6.2008, rappresentavano atti pubblici aventi valenza fidefacente, come tali facenti, in assenza di querela di falso, piena prova.
2.1. Il motivo è inammissibile per plurime ragioni. In primo luogo, non essendovene cenno nella sentenza impugnata, la ricorrente avrebbe dovuto indicare con precisione in quale fase e con quale atto processuale avesse tempestivamente sollevato la relativa questione. In secondo luogo, il fatto di cui sarebbe stato omesso l'esame è all'evidenza privo del carattere di decisività, ossia della idoneità del vizio denunciato a determinare una diversa ricostruzione del fatto, atteso che in nessun passaggio logico della sentenza impugnata viene contestato quanto emergente dalle relate di notifica (l'irreperibilità del destinatario) o dal certificato rilasciato dall'ufficio anagrafe (la circostanza che il P. avesse il domicilio fiscale in Gorgonzola), ma, anzi, partendo da questi presupposti, si afferma che Equitalia, essendo a conoscenza del domicilio effettivo del contribuente, avrebbe dovuto notificare colà le cartelle di pagamento. Infine, quanto alle dedotte (peraltro, in termini estremamente laconici) violazioni degli artt. 115 e 116 c.p.c., esse sono prive di consistenza, in quanto la violazione dell'art. 115 c.p.c. può essere ipotizzata come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha deciso la causa sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, mentre la violazione dell'art. 116 c.p.c. è idonea ad integrare il vizio di cui all'art. 360, n. 4, c.p.c., denunciabile per cassazione, solo quando il giudice di merito abbia disatteso il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale, e non per lamentare che lo stesso abbia male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova (Cass. Sez. 3, 10/06/2016, n. 11892).
3. Con il terzo motivo la ricorrente denunzia la insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c., per non aver la CTR precisato quale fosse il contenuto delle cartelle di pagamento notificate presso il domicilio effettivo del contribuente prima di quelle oggetto di causa né il momento in cui la notifica delle prime era avvenuta.
3.1. Il motivo è per plurime ragioni inammissibile. In primo luogo, non essendovi menzione della questione nella sentenza impugnata, la ricorrente avrebbe dovuto indicare con precisione in quale fase e con quale atto processuale l'avesse tempestivamente sollevata. In secondo luogo, la circostanza che le precedenti cartelle di pagamento riguardassero la TARSU è del tutto irrilevante ai fini del presente giudizio, atteso che depone in ogni caso nel senso che la Equitalia fosse già a conoscenza del domicilio effettivo del P. e, ciò nonostante, avesse notificato le due cartelle prodromiche al preavviso di fermo amministrativo presso il domicilio fiscale risultante dalla certificazione anagrafica. Senza tralasciare che, a ben vedere, la ricorrente non indica un preciso fatto storico il cui esame sarebbe stato omesso, ma ipotizza in termini del tutto astratti possibili circostanze (la riferibilità delle pregresse cartelle a debiti non aventi natura tributaria; l'elezione di domicilio del P. in Bari).
4. Con il quarto motivo la ricorrente si duole della violazione del principio "tempus regit actum", in relazione all'art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c., per non aver la CTR considerato che legittimamente il preavviso di fermo era stato emesso e notificato, atteso che, in quel momento, la cartella di pagamento n. xxx non era stata ancora pagata.
4.1. Il motivo è inammissibile, in quanto non attinge la ratio decidendi sottesa alla sentenza impugnata. Invero, la CTR ha confermato la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente per essere risultata la notifica delle due cartelle di pagamento invalida. In quest'ottica, la circostanza che, al momento della notifica del preavviso di fermo, la cartella di pagamento non fosse stata ancora soddisfatta è del tutto irrilevante.
5. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia la insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c., per non aver la CTR indicato gli elementi che l'avevano indotta ad individuare in Bari il domicilio effettivo e per non aver considerato che la contestazione di Equitalia concerneva l'individuazione, sulla base delle norme di legge, di Bari come il luogo in cui le cartelle sarebbero dovute essere notificate.
5.1. Il motivo è inammissibile per plurime ragioni. In primo luogo, in seguito alla riformulazione dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall'art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla I. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, pur non sottraendosi i provvedimenti giudiziari all'obbligo di motivazione previsto in via generale dall'art. 111, sesto comma, Cost. e, nel processo civile, dall'art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. (Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 22598 del 25/09/2018). Pertanto, deve dichiararsi inammissibile il gravame allorché sostenga che la motivazione sia contraddittoria o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge (Sez. 2, Ordinanza n. 10862 del 07/05/2018). In ogni caso, anche a voler inquadrare il vizio nell'ambito dell'art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c. come novellato, la ricorrente non ha indicato un fatto storico il cui esame sarebbe stato omesso dalla CTR, ma si è limitata contestare la valutazione operata dalla stessa con riferimento alla individuazione di Bari come domicilio effettivo del contribuente ed a ribadire che, secondo la sua ricostruzione delle norme, la concessionaria avrebbe dovuto effettuare le notifiche presso il domicilio fiscale in Gorgonzola del medesimo (circostanza, quest'ultima, sulla quale ci si è già pronunciati nell'esaminare il primo motivo).
6. In definitiva, il ricorso non merita accoglimento. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore del resistente, delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi euro 5.000,00, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.
Cosi deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, 1'8.10.2019.
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