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Corte di Cassazione - Sezione/Collegio 3
Sentenza del 03/09/2018 n. 39413 -
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 12/7/2017, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della pronuncia emessa il 16/9/2016 dal Tribunale di Monza, riduceva la pena inflitta a G.T. ad un mese di reclusione e 200,00 Euro di multa; allo stesso era contestato il delitto di cui al D.L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 2, comma 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 1983, n. 638, per aver omesso - nella qualità di legale rappresentante della impresa "G. I." - di versare all'INPS le ritenute assistenziali e previdenziali operate sulle retribuzioni dei dipendenti in varie mensilità del 2010 (quanto all'annualità successiva, era stato assolto in primo grado per mancato raggiungimento della soglia di punibilità).
2. Propone ricorso per cassazione il G., a mezzo del proprio difensore, deducendo - con unico motivo - l'inosservanza e/o erronea applicazione dell'art. 131-bis c.p. La causa di non punibilità di cui alla norma sarebbe stata esclusa pur ricorrendone tutti i presupposti, anche alla luce della giurisprudenza di questa Corte; in particolare, il debito tributario ammonterebbe a soli 11.108,00 Euro (a fronte di 42.035,00 Euro da versare per l'anno 2010), quindi di soli mille Euro superiore alla soglia di punibilità, ed avrebbe ad oggetto mensilità discontinue, sì da non potersi ravvisare il presupposto negativo dell'abitualità a delinquere.
Si chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza.
Considerato in diritto
3. Il ricorso risulta fondato.
L'art. 131-bis c.p. stabilisce che "nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'art. 133, comma 1, l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale"; ai sensi del comma 2, poi, "l'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, ai sensi del primo comma, quando l'autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona". A mente del comma 3, invece, "il comportamento è abituale nel caso in cui l'autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate".
4. Tanto premesso, la Corte di appello ha negato al ricorrente questa causa di non punibilità sul presupposto che "trattasi di reato caratterizzato da plurime condotte (i singoli omessi versamenti mensili), sicchè sussiste la preclusione di cui all'art. 131 bis, comma 3 attinente ai reati aventi ad oggetto condotte plurime e reiterate".
Orbene, tale assunto non può essere condiviso nella sua assolutezza.
5. La lettera della norma, infatti, nel collegare l'abitualità del comportamento alla pluralità o reiterazione di condotte, si riferisce, all'evidenza, soltanto a quelle che già di per sè costituiscono reato, anche isolatamente valutate, sì da evidenziare - volta per volta - una nuova e ripetuta lesione del bene giuridico tutelato dalla norma penale. Con riguardo alla fattispecie in oggetto, invece, ben è possibile che le diverse mensilità richiamate in sentenza consentano - tutte sommate, e soltanto in tal modo - di integrare il reato in rubrica, che tuttavia è unico, e si consuma soltanto nel momento in cui è raggiunta la soglia di punibilità di 10.000 Euro annui (soglia introdotta dal D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 8, art. 3, comma 6). Al riguardo, infatti, questa Corte ha sottolineato che il reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali si configura oggi come una fattispecie connotata da una progressione criminosa nel cui ambito, superato il limite di legge, le ulteriori omissioni consumate nel corso del medesimo anno si atteggiano a momenti esecutivi di un reato unitario a consumazione prolungata, la cui definitiva cessazione coincide con la scadenza del termine previsto per il versamento dell'ultima mensilità, ovvero, con la data del 16 gennaio dell'anno successivo (Sez. 3, n. 649 del 20/10/2016, Messina, Rv. 268813; Sez. 3, n. 37232 dell'11/5/2016, Lanzoni, Rv. 268308).
6. A quanto precede, peraltro, deve poi aggiungersi che la causa di non punibilità della "particolare tenuità del fatto" è di certo applicabile ai reati di omissione di versamenti contributivi, per i quali il legislatore abbia fissato una soglia di punibilità, solo se gli importi omessi superano di poco l'ammontare di tale soglia, in considerazione del fatto che il grado di offensività che integra il reato è già stato valutato dal legislatore nella determinazione della soglia di rilevanza penale (in tal senso, Sez. 3, n. 3292 del 3/10/2017, Spera, non massimata; in termini analoghi, seppure con riferimento agli omessi versamenti tributari, Sez. 3, n. 13218 del 20/11/2015, Reggiani Viani, Rv. 266570). Quel che, peraltro, costituisce l'applicazione di quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 13681 del 25/2/2016, imp. Tushaj, che ha affermato che la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, in quanto configurabile - in presenza dei presupposti e nel rispetto dei limiti fissati dalla norma - ad ogni fattispecie criminosa, non è in astratto incompatibile, con la presenza di soglie di punibilità all'interno della fattispecie tipica, anche nel caso in cui, al di sotto della soglia di rilevanza penale, vi è una fattispecie che integra un illecito amministrativo (principio affermato in riferimento al reato di guida in stato di ebbrezza, cfr. Rv. 266589).
7. Alla luce dei principi di diritto appena indicati, deve esser quindi censurata la motivazione della sentenza impugnata, che ha ancorato il diniego della causa di non punibilità alla mera pluralità delle mensilità interessate, senza alcuna verifica del momento in cui si è verificato il superamento della soglia di punibilità e, soprattutto, dell'effettiva entità dello stesso.
Si impone, pertanto, l'annullamento della sentenza con rinvio, limitatamente alla applicabilità dell'istituto di cui all'art. 131-bis c.p.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente all'applicabilità dell'art. 131-bis c.p. con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano per nuovo esame.
Così deciso in Roma, il 30 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 3 settembre 2018
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