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Tabaccai e fisco: un rapporto fatto di fraintendimenti. 3 esempi di casi in cui l'esercente la tabaccheria ha vinto il processo contro l'Agenzia delle Entrate

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Tabaccai e fisco: un rapporto fatto di fraintendimenti. 3 esempi di casi in cui l'esercente la tabaccheria ha vinto il processo contro l'Agenzia delle Entrate.

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Nell’ambito delle diverse attività esercitate dal contribuente, quelle ad aggio o a ricavo fisso, quali quelle di rivendita tabacchi, sono considerate a volte ambite perché a numero limitato.

Vero è che l’acquisto della licenza per la rivendita di tabacchi è costosa e personale, ovvero intestata al solo titolare, ma chi fa l’investimento è spesso portato a pensare che l’attività sia molto redditizia in quanto non si limita alla sola rivendita di tabacchi ma riguarda anche altre attività quali bar caffetteria, ricevitoria per i giochi del Totocalcio, Lotto, Enalotto, ecc.

L’avvio di questa attività è però tutt’altro che semplice.

Per aprire l’attività è necessario avviare una pratica che ha inizio con la presentazione di domanda ai competenti Uffici dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato i quali ogni anno predispongono due piani semestrali per l’istituzione di nuove rivendite di tabacchi, avendo riguardo a quelle già esistenti nel territorio o nelle zone di riferimento.

L’assegnazione di una nuova tabaccheria, inoltre, non è automatico. Alla presentazione di una nuova domanda non consegue immediatamente l’assegnazione di una tabaccheria. Ciò in quanto il numero di tabaccherie non può essere illimitato o inflazionato ma l’assegnazione avviene in proporzione alla popolazione residente in quella città o quartiere.

Occorre infatti che le attività di rivendita di tabacchi siano poste ad una certa distanza l’una dall’altra. Questo è anche il motivo per cui le licenze vengono vendute a buon prezzo.

Tuttavia, l’esercente l’attività di tabaccheria non di rado viene monitorato dal fisco per la tenuta della contabilità, per la cessione della licenza e per i maggiori ricavi asseritamente conseguiti e non dichiarati.

Dal punto di vista fiscale/contabile la tabaccheria che tiene la contabilità adottando il regime ordinario, contabilizza costi e ricavi derivanti dalle attività di rivendita.

Ai fini IVA, la vendita di generi di Monopolio, per i quali è esclusa l’emissione dello scontrino fiscale, segue l’applicazione dell’imposta in forma “monofase”. Ciò significa che l’IVA viene assolta direttamente dall’Amministrazione dei Monopoli sulla base del prezzo di rivendita al pubblico, mentre i proventi del gioco rientrano tra le operazioni esenti da IVA.

Insomma, gli aggi percepiti per la vendita di tabacchi non hanno rilevanza ai fini dell’IVA e non influenzano il volume di affari dei rivenditori.

La questione più nodosa riguarda la tassazione delle attività accessorie, ovvero estranee all’attività di rivendita di tabacchi pura e semplice.

Infatti, i ricavi relative a tutte le altre attività connesse, quali ad esempio bar e caffetteria, gadget, accessori vari, ecc. sono sottoposti ad un diverso regime di tassazione e di rilevanza ai fini Iva.

Altre questioni problematiche che coinvolgono i tabaccai riguardano le imposte di registro dovute in caso di cessione elle attività. In diversi casi l’Agenzia delle Entrate, infatti, ha ritenuto che tale imposta fosse maggiore rispetto a quella versata. I controlli in questi casi sono i più disparati e si basano spesso sui confronti con altre operazioni di compravendita avvenute in quella zona e relative ad attività simili. A destare i sospetti, in particolare, il valore di avviamento dichiarato su cui è difficile avere precisa contezza.

Ed ancora, ad attirare l’attenzione sono gli scostamenti tra i redditi dichiarati dai tabaccai ed i redditi determinati in maniera sintetica, ovvero sulla base degli studi di settore e quindi sulla base del c.d. redditometro.

E così, attraverso l’estrapolazione dei dati statistici acquisiti su campioni di contribuenti e dalle relative dichiarazioni, l’agenzia delle Entrate arriverebbe ad individuate, e non sono pochi i casi giurisprudenziali in cui è dimostrato che ciò è avvenuto erroneamente, l’ "effettivo" volume di affari generato dalla tabaccheria da sottoporre a tassazione.

Chi si discosta da tali parametri deve quindi giustificare e motivare perché in quell’anno ha generato maggiori o minori ricavi rispetto alla media de settore, presupponendo che dietro queste anomalie vi siano attività irregolari.

Vediamo, però alcuni casi in cui questi accertamenti si sono mostrati privi di fondamento e gli esercenti, usciti fuori dagli standard, si sono difesi con successo i in sede di contenzioso tributario.

Corte di Cassazione - sentenza n. 15289 del 21 luglio 2015

In questa vicenda la Suprema Corte ha affrontato il caso di un contribuente sottoposto ad accertamento sintetico del reddito effettuato sulla base del cd. "redditometro" e fondato sulla sua presunta disponibilità economica derivante dall’acquisto di una tabaccheria, il possesso di autovettura di grossa cilindrata e la disponibilità di numerosi immobili di proprietà.

Il contribuente, chiedendo l’annullamento degli avvisi di accertamento, ha però contestato che la tabaccheria fosse stata acquistata in parte tramite pagamento in contanti e in parte con cambiali, e poi successivamente ceduta con accollo da parte del nuovo acquirente delle cambiali non ancora estinte. Per il contribuente, insomma, siccome l’acquisto era avvenuto tramite cambiali, e quindi tramite una promessa di pagamento in futuro di una somma di denaro al momento non posseduta, l’Amministrazione avrebbe dovuto fondare il suo accertamento non sull’intero prezzo di compravendita ma solo sulla spesa effettivamente sostenuta.

La Suprema Corte ha accolto questa impostazione ritenendo che la ricostruzione del reddito non può basarsi sull’acquisto di un bene quando questo è pagato in parte in contanti ed in parte con emissione di cambiali. La parte concordata tramite pagamento con cambiali non è sintomo di effettiva ed attuale espressione di capacità economica. Ciò in quanto il pagamento tramite cambiali non può infatti essere equiparato al pagamento effettuato in contanti, dal momento che le cambiali costituiscono una promessa di pagamento futuro di una somma di denaro di cui il soggetto al momento dell'emissione non ha disponibilità.

Corte di Cassazione - Sentenza n. 15848 del 15 giugno 2018 

Questa vicenda, invece, ha riguardato l’impugnazione di un avviso di liquidazione e rettifica dell’imposta di registro notificato dall'agenzia delle entrate ad un contribuente relativamente all'atto di compravendita avente ad oggetto un’attività di rivendita di articoli di tabaccheria.

In questo caso, infatti, erroneamente l’Amministrazione Finanziaria aveva fatto riferimento alla cessione di azienda avente ad oggetto l'attività di bar gelateria, quando invece oggetto della cessione era la rivendita di articoli di tabaccheria. La cessione dell'attività di bar gelateria era avvenuta in un altro momento e con un altro contratto stipulato in precedenza.

La Corte, concordando sull’errore, ha rimesso nuovamente la questione ai giudici di merito per un nuovo riesame dando così ragione al contribuente.

Comm. Trib. Reg. per il Lazio, sentenza n. 3776 del 8 maggio 2017

Anche questo caso ha riguardato l’avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate ad un contribuente relativamente alla cessione dell’attività di rivendita di tabacchi il quale la aveva ricevuta a titolo di donazione. L'ufficio ha provveduto al calcolo della plusvalenza da tassare determinata sulla base dei beni strumentali, valore delle merci che la parte aveva in precedenza acquistato ed valore di avviamento.

Il contribuente in tal caso ha ritenuto errato l'inquadramento fiscale operato dall'Agenzia che avrebbe dovuto inquadrare il regime fiscale dell'impresa nel suo complesso ed applicare il regime fiscale della donazione di impresa. La CTR ha condiviso questa impostazione ritenendo che l'Agenzia avrebbe dovuto tener conto della donazione intercorsa applicando il principio secondo cui il trasferimento di azienda per atto gratuito non costituisce realizzo di plusvalenza da cessione di azienda. In questo caso, infatti, il valore fiscale dell’azienda è quello che essa aveva nella contabilità del donante e, quindi, la vendita intercorsa successivamente dovrà essere tassata per i plusvalori che sono maturati nel periodo di possesso del donante.

 

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