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E-commerce e compravendite online. Verifica dell’Agenzia delle Entrate. Un esempio di un caso in cui il venditore online (operante su ebay) ha vinto il processo contro l’Agenzia dopo la presentazione del ricorso

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E-commerce e compravendite online. Verifica dell’Agenzia delle Entrate. Un esempio di un caso in cui il venditore online (operante su ebay) ha vinto il processo contro l’Agenzia dopo la presentazione del ricorso

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Ad ognuno di noi sarà capitato, almeno una volta, di volersi sbarazzare di oggetti ormai in disuso e lasciati in un angolo di casa: beni usati, acquistati e mai tolti dall’imballaggio, regali non graditi, creazioni realizzate nel tempo libero e poi riposte in uno scatolone, e tanto altro ancora.

Al giorno d’oggi, come si sa, il mondo di internet offre una innumerevole quantità di strumenti per poter vendere e rivendere qualunque tipologia di beni: basti pensare, tra le altre, a piattaforme quali e-bay, amazon, marketplace e subito.it.

Ognuna di esse, invero, offre in forma più o meno gratuita tutti gli strumenti per poter pubblicizzare il proprio prodotto agli occhi di milioni di utenti, mediante sistemi di accesso senza dubbio agevoli: nella maggior parte dei casi è sufficiente creare un account dichiarando i dati personali ed inserire le foto dei beni per la cui vendita si intende procedere, unitamente ad una breve descrizione degli stessi.

Ecco dunque che l’oggetto viene inserito in un elenco a tutti accessibile, individuabile attraverso sistemi di ricerca sempre più dettagliati: all’utente interessato viene generalmente conferita anche la possibilità di contattare direttamente il venditore, ovvero di formulare un’offerta, qualora, ad esempio, la compravendita avvenga per mezzo di aste telematiche.

Per quanto riguarda le forme di pagamento, poi, generalmente i sistemi di commercio elettronico consentono l’utilizzo di carta di credito, paypal, bonifico bancario e, talvolta, ricarica postepay e pagamento in contrassegno: tutti metodi, comunque, tracciabili.

Tali sistemi di commercio elettronico su piattaforma, così, indubbiamente, costituiscono oggi per i navigatori un’ulteriore opportunità di guadagno.

Ma quando occorre fare attenzione, dal punto di vista fiscale, nella vendita on line?

Innanzitutto, pare utile precisare come il concetto di commercio elettronico possa estrinsecarsi in due distinte forme.

Si parla di commercio elettronico diretto ogni volta in cui l’intera operazione di acquisto e consegna permanga all’interno del sistema on line: esso ha per oggetto beni digitali, i quali vengono ordinati, pagati e consegnati all’utente tramite internet (si pensi ad album e canzoni acquistabili direttamente da piattaforme musicali, biglietti di viaggio, prodotti assicurativi e tanto altro ancora).

L’e-commerce, invece, si presenta in forma indiretta laddove solo le fasi di ordine e acquisto si svolgono on line, mentre la consegna avviene per mezzo dell’affidamento del bene ad un vettore, il quale lo conferisce fisicamente nelle mani dell’utente.

Quello da ultimo descritto, per evidenti ragioni, è senza alcun dubbio il sistema che registra il maggiore (se non addirittura esclusivo) accesso di venditori privati, i quali mettono in vetrina i propri articoli, per poi recapitarli al domicilio dell’acquirente.

Sicché, a seconda della frequenza e sistematicità con cui si verificano le vendite, è possibile suddividere i venditori on line in tre principali categorie:

- Il venditore una tantum è colui il quale pone in essere la vendita di un bene proprio (o di propria produzione) in via eccezionale o comunque talmente sporadica da non potersi in alcun modo ricondurre ad un’attività commerciale, risultando così esente da qualsiasi onere fiscale (sia ai fini dichiarativi, sia per quanto concerne il rilascio di ricevute o fatture);

- Il venditore occasionale, invece, si caratterizza per la vendita meno sporadica ed, appunto, occasionale, di beni (si pensi ai cosiddetti hobbisti): in tal caso, le somme guadagnate, in linea generale, devono essere oggetto di dichiarazione nella categoria “redditi diversi”, come disposto dall’art. 67 lett. i) TUIR. Tuttavia, non essendo riconducibili ad un’attività professionale, non si considerano rilevanti ai fini IRAP e IVA e pertanto non richiedono particolari adempimenti contabili;

- Si parla, al contrario, di venditore abituale, ogniqualvolta sussista un volume di vendite tale da potersi considerare imprenditoriale, professionale e stabile: nello specifico identificabile nella definizione contenuta nell’art. 55 TUIR, e pertanto assoggettato alla disciplina in materia di IRAP, IVA e tutta la conseguente contabilità.

Proprio con riferimento a queste due ultime categorie, occorre sottolineare come gli assidui frequentatori delle piattaforme di vendita telematiche siano spesso posti sotto la lente d’ingrandimento dell’Agenzia delle Entrate, interessata a smascherare i venditori abituali travestiti da venditori occasionali.

In particolare, l’Ente accertatore, anche alla luce delle ultime pronunce di Legittimità (V. Cass. Ordinanza 22/10/2019 n. 26987; Cass. Sent. 18/10/2018 n. 26107.), solitamente pone in essere il proprio accertamento, nei confronti del privato venditore digitale, applicando il metodo induttivo: in caso di mancata tenuta delle scritture contabili, o di ritenuta non veridicità delle stesse, è possibile che venga acquisita documentazione dalla piattaforma on line attraverso la quale il privato ha effettuato le compravendite.

Così, viene rideterminato il volume d’affari dell’utente sulla base delle trattative ed operazioni poste in essere attraverso il proprio account del sito di e-commerce.

Ma non solo: i recenti arresti giurisprudenziali hanno altresì specificato come gli elementi a tal fine desumibili dall’Agenzia, non debbano nemmeno presentare i tipici requisiti di gravità, precisione e concordanza: la sorte tributaria del contribuente è pertanto spesso liberamente affidata a presunzioni cosiddette semplicissime, così rischiando di vedersi contestato un volume d’affari di natura abituale e professionale e pertanto incorrendo in pesanti sanzioni!

Sovente, però, tale metodo induttivo non consente di delineare un quadro esattamente rispondente alla realtà: analizzeremo di seguito una recente pronuncia che ha visto l’annullamento totale dell’avviso di accertamento ricevuto dal venditore on line.

Commissione Tributaria Regionale della Toscana, sentenza n. 826/31/16

Nel caso di specie, la Commissione Tributaria Regionale confermava la sentenza di primo grado pronunciata in merito ad un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate di Lucca per il recupero di imposte ai fini IRPEF, IVA, IRAP e contributi INPS per l’anno 2007. Al destinatario veniva contestata l’omessa dichiarazione dell’esercizio di un’attività di impresa attraverso la compravendita on line di bottiglie “mignon”.

L’annullamento della contestazione (con relativa condanna alle spese a carico dell’Ente), si fondava su due motivi: da un lato, l’accertatore, sebbene avesse dichiarato di aver richiesto i tabulati alla piattaforma (nella specie, e-bay), aveva gravemente omesso di allegare tali documenti al processo verbale di contestazione; dall’altro, la Corte ha escluso la riconducibilità alla categoria dei venditori professionali ed abituali (e conseguentemente ai relativi oneri fiscali) coloro i quali pongano in essere acquisti e vendite di oggetti riconducibili all’attività di collezionista. Ha pertanto assunto rilevanza, oltre al quantitativo di transazioni svolte, lo scopo perseguito dall’utente.

 

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