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Guardia di Finanza e Agenzia Entrate focalizzano i loro controlli ed accertamenti anche sulle palestre, specie quelle più strutturate e frequentate, con lo scopo di verificare se si tratta di un’associazione o di un’attività commerciale nascosta dietro un ente no profit.
Infatti, stabilire il discrimine tra un’associazione sportiva dilettantistica (ASD) ed una palestra quale vera e propria attività commerciale non è sempre facile.
Cominciamo col dire che l’ASD è un soggetto appositamente creato per operare senza fini di lucro che non ha la possibilità di distribuire utili o capitali.
Questo strumento, che non richiede grandi complessità ed oneri per la sua costituzione e gestione, permette anche di usufruire di importi agevolazioni fiscali.
Per questo, il 95% delle palestre esistenti in Italia operano sotto forma di ASD.
Generalmente poi l’ASD è affiliata ad una federazione sportiva o ad un ente di promozione sportiva riconosciute dal CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano).
Per poter operare quale ASD l’associazione deve quindi tesserare ciascun iscritto con tessera amatoriale o agonistica assicurandogli il conseguente potere di partecipare alle assemblee ed a nominare le cariche.
Tuttavia, quello di cui vengono talvolta accusate le ADS, nel corso dei controlli fiscali, è che quelli che risultano essere soci dell’ASD in realtà siano clienti inconsapevoli di diventare soci e quindi di arrecare un vantaggio fiscale all’associazione.
L’accusa, insomma, è che dietro un’associazione sportiva dilettantistica, specie con numerosi iscritti, in realtà si nasconda un’attività commerciale il cui fine è fare business.
Il vero nodo della questione riguarda, infatti, il particolare regime fiscale agevolato previsto dalla legge 398 del 16/12/1991 per le ASD.
Infatti, dal punto di vista fiscale le Asd, se regolarmente iscritte al CONI e con proventi annuali che non superano i 250 mila euro, possono godere di questo particolare regime fiscale agevolato.
Detto regime, innanzitutto prevede una determinazione forfettaria dell’IVA e delle imposte dirette. In secondo luogo, l’esercizio in forma associata dell’attività sportiva consente di erogare compensi ad allenatori, istruttori sportivi, preparatori atletici, ecc, godendo dell’esenzione totale delle imposte dirette o sostitutive sui redditi, fino all’importo massimo di 7.500 euro annuali.
Per non incorrere, quindi, in spiacevoli controlli è opportuno che l’ASD tenga sempre aggiornati ed in ordine alcuni importanti documenti che attestino il rispetto di questi requisiti. In particolare, insieme all’atto costitutivo ed allo statuto aggiornato, è bene che l’ASD metta a disposizione degli accertatori i verbali delle assemblee indette, copia degli avvisi di convocazione delle assemblee affisse sulla bacheca pubblica in modo che tutti i soci siano stati informati di tale riunione e quindi l’elenco di tutti i tesserati, i giustificativi di tute le spese sostenute ed infine il rendiconto economico annuale.
Accanto a questi documenti, l’Asd deve risultare in regola con l’iscrizione nei registri del CONI e con l’ulteriore documentazione che attesti la partecipazione alle attività federali (gare, tornei, corsi di formazione ed aggiornamento, ecc.) sia di tipo promozionale che agonistico.
Ciò nonostante, non raramente l’attività svolta dalle ASD viene accusata di occultare fini lucrativi e, per questo, gli accertatori tentano, spesso invano, di ricostruire i reali ricavi dell’attività col fine di recuperare a tassazione le imposte non versare.
Vediamo però alcuni esempi in cui le associazioni sportive, di fronte al controllo, hanno proposto ricorso ed ottenuto una vittoria in esito al processo che ne è seguito.
Comm. Trib. Reg. per la Liguria, Sentenza n. 710 del 04 giugno 2019
In questa vicenda la CTR della Liguria ha accolto il ricorso di una contribuente, presidente di una ASD, avverso l'avviso di accertamento relativo ad imposte Ires, Irap ed Iva non versate.
In particolare, la contestazione riguardava la parziale contabilizzazione di una fattura, registrata per la metà del suo importo la quale, se giustamente contabilizzata, avrebbe comportato il superamento del limite di 250.000,00 euro previsto dalla L. 398/91, cioè il limite massimo dei ricavi commerciali.
I giudici hanno dato ragione alla contribuente sia perché è riuscita a dimostrare, attraverso la documentazione contabile e finanziaria l’esatto volume di affari dell’ASD, sia perché la sentenza risultava viziata anche per l'errata applicazione della legge 398/91.
Ciò in quanto, la verifica relativa al superamento del limite stabilito dalla legge, si deve basare sul principio di cassa e non di competenza. Ciò significa che il momento rilevante è quello in cui il corrispettivo viene incassato e solo dopo tale momento può essere imputato a tassazione, così come previsto dalla L. 398/1991, secondo cui il reddito imponibile si definisce in base all’ammontare dei ricavi conseguiti durante l’esercizio commerciale.
Comm. Trib. Reg. per la Basilicata, sentenza n. 269 del 31 maggio 2019
Anche questo caso ha avuto origine da ben quattro avvisi di accertamento notificati ai fini Ires, Irap, Iva ad una Asd di aver usufruito dei benefici fiscali previsti per le associazioni dilettantistiche sportive senza averne i requisiti, di aver incassato ricavi per prestazioni eseguite a terzi (non soci) e per non aver tenuto la contabilità in maniera corretta.
La CTR ha dato ragione alla contribuente che ha chiesto l’annullamento dell’avviso in quanto così come indicato nello statuto dell’ASD questa non ha fine di lucro e risulta possedere gli altri requisiti richiesti, vale a dire lo svolgimento di attività dilettantistica riconosciuta dal Coni e l’affiliazione a federazione sportiva. I giudici hanno inoltre precisato che le associazioni sportive, anche se svolgono per la maggior parte del periodo d'imposta attività commerciale, non possono mai perdere la qualifica di "ente non commerciale" a condizione, però, che abbiano redatto atto costitutivo e statuto nelle forme di legge e siano presenti le altre clausole previste dalla legge per essere considerate ASD.
Comm. Trib. Prov. Savona, sentenza n. 151 del 24 maggio 2019
Infine, anche questo caso ha preso avvio da un avviso di accertamento notificato ad una ASD per le maggiori imposte dovute ai fini Ires, Irap ed Iva in quanto, a parere degli accertatori, non si trattava di un’associazione sportiva dilettantistica, a cui poter applicare il relativo regime agevolato, ma di una palestra che erogava servizi e prestazione commerciali, al pari di un’attività di impresa.
I giudici hanno dato ragione al contribuente che ha proposto ricorso chiedendo l’annullamento dell’avviso sia perché l’Amministrazione finanziaria non ha fornito la prova circa la finalità di lucro dell’associazione sia perché sono stati riscontrati tutti i requisiti previsti per la realizzazione dello scopo associativo/sportivo (tra i quali il versamento delle quote da parte dei soci, finanziamenti da parte degli associati, ecc). Risultava poi garantita a tutti gli iscritti la fattiva partecipazione alla vita associativa.
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