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Corte di Cassazione, Sez. 5,
sentenza Num. 33659 del 18 dicembre 2019
FATTI DI CAUSA
G.C. e G.R. impugnarono, innanzi alla CTP di Roma, l'avviso d'accertamento IRPEF, ILOR, per l'anno d'imposta 1996, condotto con metodo sintetico, che si fondava sulla capacità di spesa per incrementi patrimoniali (consistiti soprattutto nell'acquisto, nello stesso anno, di un immobile al prezzo di lire 520.000.000) dimostrata dal C.
La CTP di Roma rigettò il ricorso (sentenza n. 286/08/2006), con sentenza pronunciata nei confronti del solo C. quale unico destinatario dell'avviso e la decisione fu confermata dalla CTR del Lazio (sentenza n. 313/05/2007).
Avverso la sentenza d'appello C. propose ricorso per cassazione e questa Corte, con ordinanza n. 18244/2010, in accoglimento del primo motivo di gravame, annullò con rinvio la sentenza impugnata perché viziata da motivazione apparente.
Riassunta la causa dal contribuente, la CTR del Lazio, con la sentenza menzionata in epigrafe, rilevata la tardività della costituzione in appello dell'ufficio e, quindi, delle memorie aggiuntive dell'erario, ha accolto il gravame, sul presupposto che: per un verso, fosse venuto meno uno dei requisiti dell'accertamento induttivo, vale a dire lo scostamento per almeno due periodi d'imposta del reddito presunto dal reddito dichiarato, in quanto il reddito del 1995, anch'esso oggetto d'accertamento fiscale, era stato confermato in giudizio, sia in primo che in secondo grado, e per di più l'ufficio non aveva compiuto accertamenti per i periodi d'imposta precedenti; per altro verso, che la capacità di spesa dell'appellante fosse determinata dalla vendita di altri immobili e che egli potesse giovarsi dell'apporto finanziario della moglie, per altro contitolare dell'immobile acquistato nel 1996, in virtù della comunione legale dei beni tra coniugi.
L'Agenzia ricorre per la cassazione, sulla base di tre motivi; il contribuente resiste con controricorso, nel quale propone ricorso incidentale condizionato, con un motivo.
Il contribuente ha depositato una memoria ex art. 378, cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo del ricorso principale, l'Agenzia denuncia, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della decisione o del procedimento, in quanto la sentenza impugnata, in violazione dell'art. 23, del d.lgs. n. 546/1992, nella formulazione temporalmente vigente, ha affermato contra legem che la tardiva costituzione dell'ufficio comportava la decadenza della difesa erariale dalla facoltà di depositare memorie aggiuntive, in realtà non prevista da alcuna disposizione processuale.
1.1. Il motivo è inammissibile. È saldo indirizzo di questa Corte che i vizi dell'attività del giudice che possano comportare la nullità della sentenza o del procedimento, rilevanti ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., non sono posti a tutela di un interesse all'astratta regolarità dell'attività giudiziaria, ma a garanzia dell'eliminazione del pregiudizio concretamente subito dal diritto di difesa in dipendenza del denunciato "error in procedendo" (Cass. 2/02/2018, n. 2626), sicché quando (con riferimento al caso di specie) venga dedotto l'error in procedendo del giudice di merito che ha dichiarato di non potere «prendere in considerazione le memorie aggiuntive presentate dall'Ufficio tardivamente» (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata), l'Agenzia non può limitarsi a fare valere la violazione, ma deve specificare, a pena d'inammissibilità, la concreta lesione che essa abbia arrecato al suo diritto di difesa.
Nella fattispecie concreta, invece, la censura è solo abbozzata ed è priva della necessaria indicazione della lesione che il dictum del giudice d'appello avrebbe arrecato ai poteri e alle facoltà difensive dell'erario.
2. Con il secondo motivo, denunciando, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione dell'art. 38, commi 4 e 5, del d.P.R. n. 600/1973 (ratione temporis vigente), l'Agenzia censura la sentenza impugnata per non avere tenuto conto che la decisione d'appello sull'accertamento relativo al 1995 non era divenuta definitiva, ma era stata impugnata con ricorso per cassazione (recante RG n. 8284/2009), all'epoca pendente.
Rimarca, inoltre, che l'ufficio, nel procedere ad accertamento sintetico, non è obbligato a rettificare le dichiarazioni relative a più anni d'imposta (con un minimo di due annualità), ma si deve limitare a considerare nella motivazione della rettifica l'incidenza pluriennale dello scostamento .
2.1. Il motivo è infondato.
All'esito dell'esame degli atti di causa, cui la Corte ha direttamente accesso, come giudice del fatto (processuale), ogniqualvolta sia investita di una questione processuale (Cass. sez. un. 25/07/2019, n. 20181), è da escludere che vi sia stato uno scostamento pluriennale del reddito dichiarato rispetto a quello determinato come metodo induttivo. Infatti, risulta che (in assenza di rettifiche delle dichiarazioni di altre annualità) l'accertamento relativo al periodo d'imposta 1995 è coperto da giudicato, favorevole al contribuente, giusta sentenza di questa Corte n. 8126/2016 (nella causa con RG n. 8284/2009), che ha cassato senza rinvio la sentenza impugnata.
3. Con il terzo motivo, denunciando, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, l'Agenzia censura la carenza e la contraddittorietà dello sviluppo argomentativo della sentenza impugnata che, nonostante la premesso che l'avviso di accertamento fosse ben motivato, ha affermato che l'ufficio non aveva tenuto conto delle disponibilità finanziarie del contribuente, sufficienti a giustificare l'acquisto dell'immobile, avvenuto nel 1996.
Riassunta la situazione reddituale del contribuente ed evidenziato il notevole scostamento dal reddito dichiarato (risultando il reddito accertato maggiore del doppio del dichiarato), l'Agenzia imputa alla CTR di avere erroneamente ritenuto che il contribuente avesse giustificato i maggiori redditi accertati.
3.1. Il motivo è infondato. La sentenza impugnata, senza incorrere nel prospettato vizio di carenza dello sviluppo argomentativo, si rivela sufficientemente motivata e lineare, sul piano logico, laddove desume l'illegittimità dell'accertamento dalle circostanze di fatto (insindacabilmente accertate dal giudice di merito) dell'idoneità dei disinvestimenti effettuati e dell'apporto degli introiti della moglie a giustificare l'ingente spesa connessa ai riscontrati incrementi patrimoniali.
4. Con l'unico motivo del ricorso incidentale condizionato, denunciando, in relazione all'art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., violazione dell'art. 38, comma 4, del d.P.R. n. 600/1973, il contribuente censura la sentenza impugnata che si è limitata a rilevare che era venuto meno uno dei presupposti dell'accertamento sintetico, vale a dire lo scostamento per almeno due periodi d'imposta del reddito presunto da quello dichiarato, senza considerare che, essendo detto scostamento biennale un presupposto di legittimità dell'accertamento, l'ufficio avrebbe dovuto, nell'avviso di accertamento riguardante il 1996, dare atto del medesimo scostamento anche per il 1995, onde la mancata indicazione di tale aspetto era causa di nullità radicale dell'avviso del 1996, che la CTR avrebbe dovuto rilevare (secondo quanto dedotto dal contribuente nella narrativa del ricorso introduttivo). 4.1. Il rigetto del ricorso principale dell'Agenzia esime dallo scrutinio del ricorso incidentale del contribuente (peraltro, attinente ad una questione logicamente prioritaria). 5. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza. Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l'art. 13 comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass. 29/01/2016, n. 1778).
PQM
la Corte rigetta il ricorso e condanna l'Agenzia delle entrate a corrispondere al contribuente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.300,00, a titolo d compenso, oltre a euro 200,00 per spese, al 15% sul compenso, a titolo di rimborso forfetario delle spese generali, e agli altri accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 6/11/2019
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