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Accertamento a carico dell’elettricista. Esempi di casi in cui gli elettricisti hanno vinto il processo contro l’Agenzia delle Entrate.

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Accertamento a carico dell’elettricista. Esempi di casi in cui gli elettricisti hanno vinto il processo contro l’Agenzia delle Entrate.

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L’Agenzia potrebbe contestare agli elettricisti, magari sulla base di presunzioni, il mancato rilascio di ricevute o fatture, con omesso pagamento dell’IVA.

Casi di effettiva evasione.

Il meccanismo è semplice nei casi di effettiva evasione: il cliente che ricorre al lavoro di un elettricista intende pagare il meno possibile. Acconsente quindi di pagare il compenso del tecnico senza fattura pur di risparmiare il 22% di iva che non può in alcun modo scaricare ovvero detrarre dalle imposte.

Una prassi che porta ad un duplice risparmio: da un lato il cliente è più contento, dall’altro l’elettricista nasconde alle casse dello Stato i proventi intascati in nero.

Il danno concorrenziale degli elettricisti occasionali che lavorano in nero rispetto agli elettrocisti di professione.

A causa di questo malcostume l’elettricista che emettere regolare fattura, sia artigiano sia titolare di una società, risulta svantaggiato rispetto ai suoi colleghi che lavorano in nero in quanto meno competitivo.

Eppure, nonostante questo apparente risparmio le prestazioni non dichiarate espongono ad ingenti rischi non solo l’utente finale ma anche e soprattutto il tecnico.

Innanzitutto, oggi molto più di prima, il cliente è sensibile al tema dell’equità fiscale ritenendo doveroso che tutti paghino le tasse. Ciò comporta il rischio che l’elettricista possa essere segnalato all’Agenzia delle Entrate o alla Guardia di Finanza per la sua attività in nero.

Ed ancora, l’installazione di una caldaia, la progettazione e la messa in opera di un impianto elettrica per un’abitazione civile o un’azienda, l’installazione di un impianto fotovoltaico o d’allarme sono attività che, oggi molto più di ieri, richiedono delle certificazioni ed il rilascio di dichiarazioni di conformità.

L’elettricista, insomma, si assume la responsabilità di aver realizzato un impianto a regola d’arte in ossequio a tutte le normative vigenti in materia diventando il responsabile tecnico per la certificazione.

Ma, banalmente, anche l’elettricista chiamato a riparare un elettrodomestico non funzionante ancora in garanzia può, col suo intervento, andare ad inficiare la valenza dei certificati.

Queste e molte altre sono e ragioni per cui l’elettricista non vuole esporsi a responsabilità contrattuali ma anche tributarie e, in taluni casi anche penali, che comprometterebbero il suo lavoro.

La responsabilità dell’elettricista

I principali rischi riguardano, in particolare, la responsabilità contrattuale dell’installatore.

Basti pensare, per esempio, le numerose sentenze di condanna con cui gli elettricisti vengono chiamati a risarcire ingenti danni causati per loro per negligenza o colpa, qualora venga accertato il mancato o cattivo funzionamento dell’impianto di allarme durante furti o rapine.

Oppure, si pensi ad un eventuale sinistro derivato dal cattivo funzionamento dell’impianto elettrico. Un evento nefasto per un elettricista che sceglie di lavorare in nero.

Responsabilità e condanne che peserebbero troppo sulle spalle di un tecnico e che possono essere limitate adottando particolari accorgimenti.

Ed infatti, gli elettricisti al giorno d’oggi pensano a stipulare apposite polizze assicurative che li garantiscono nel lavoro consentendo loro di lavorare con sicurezza.

Non emettere fattura / ricevuta significherebbe, pertanto, per lo stesso elettricista, lavorare con minori garanzie correndo maggiori rischi.

Cosa guarda l’Agenzia delle Entrate

Sottrarre al Fisco i proventi della propria attività non è neppure cosa facile. Possedere un’auto di lusso, una casa al mare o una piscina sono tutti elementi che possono far saltare all’occhio una situazione reddituale effettiva e diversa rispetto a quella dichiarata.

Ed infatti, l’Ufficio che concentra i suoi controlli sull’effettive ore di lavoro svolto, sull’ausilio di collaboratori, sui costi sostenuti anche per l’acquisto di beni strumentali ecc.

Accertamenti che talora conducono a conclusioni errate circa l’effettiva sussistenza dei presupposti per sottoporre l’elettricista ad imposizione fiscale coattiva.

Casi in cui l’elettricista ha vinto contro l’Agenzia delle Entrate

Comm. Trib. Reg. per la Lombardia - Sentenza n. 447 del 10 febbraio 2017

Questa vicenda ah avuto origine da un avviso di accertamento notificato ad un elettricista lombardo relativo ad imposte dirette ed indirette per un importo superiore a 30 mila euro.

A seguito del respingimento del ricorso da parte della Commissione Tributaria Provinciale, il contribuente ha proposto appello davanti alla CTR della Lombardia che ha finito per dargli ragione.

In primo luogo, l’elettricista lamentava la carenza dei presupposti per l'accertamento in virtù dell'adeguamento agli studi di settore così com’era evidente dalla dichiarazione nell'anno di riferimento contestato sia per IRPEF che per IVA e IRES.

In secondo luogo, a parere dell’elettricista mancava il presupposto delle gravi incongruenze tra i ricavi dichiarati e quelli accertati che, nel suo caso, si aggiravano intorno al 13%. Infine, l’elettricista contestava il metodo usato dall’Ufficio in sede di accertamento.

La CTR ha così dichiarato illegittimo l'avviso di accertamento sia in quanto il contribuente ha provato di essersi adeguato agli studi di settore, sia perché l’Agenzia non ha contestato l’incongruenza.

Trovando applicazione in questo caso l'art. 10, comma 4bis, della l. 146 del 1998 non si è ritenuto di dover procedere ad accertamento presuntivo atteso che i redditi dichiarati allineati agli studi di settore si presumono congrui per effetto di legge.

CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 21 settembre 2016, n. 18447

Questo caso, invece, ha avuto origine da un avviso di accertamento notificato ad un elettricista che era lavoratore dipendente e artigiano nel tempo libero per i suoi maggiori ricavi e maggior reddito di impresa non dichiarati ai fini IRPEF, IRAP ed IVA.

Anche questa pronuncia ha dato ragione al contribuente ritenendo illegittima la rettifica nei confronti dell’elettricista che non si è adeguato agli studi di settore, avendo quest’ultimo dimostrato di svolgere parallelamente attività di lavoro dipendente.

In tali casi, infatti, spetta all’Amministrazione Finanziaria individuare e provare ulteriori elementi idonei a giustificare lo scostamento derivante dagli studi di settore.

Corte di Cassazione, Sentenza n. 2430 del 31 gennaio 2017

Infine, questa vicenda ha riguardato l’assoggettabilità di un istallatore di impianti elettrici all’IRAP.

Nei due gradi di merito, infatti, sia la CTP che la CTR hanno finito per dare ragione all’elettricista considerato che la sua attività veniva esercitata come libero professionista e non come piccolo imprenditore. Non era stata riscontrata un’autonoma organizzazione ben strutturata. L’ufficio, d’altro canto, era convinto che l’attività esercitata dall’elettricista in realtà avesse natura imprenditoriale.

Proposto ricorso in Cassazione, il Collegio ha finito per dare ragione al contribuente precisando che non è soggetta ad IRAP l’attività esercitata dal piccolo imprenditore non autonomamente organizzata.

Il requisito dell'autonoma organizzazione richiede la sussistenza di due presupposti: in primo logo è richiesto che il contribuente sia il responsabile dell’organizzazione; in secondo luogo deve risultare il ricorso a beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza dell'organizzazione, oppure l’ausilio continuativo di terzi collaboratori. Elementi che, nel caso di specie, non sono stati rinvenuti.

 

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