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Corte di Cassazione, Sez. 5
Ordinanza n. 32637 del 12 dicembre 2019
Rilevato che:
P., esercente l'attività di medico pediatra di libera scelta in convenzione con il Servizio sanitario nazionale (SSN), impugnò davanti alla Commissione tributaria provinciale di Campobasso (hinc anche: «CTP») il rifiuto tacito della restituzione dell'IRAP versata per i periodi d'imposta 2004, 2005, 2006 e 2007, deducendo l'insussistenza del presupposto di tale imposta per la mancanza del requisito - previsto dall'art. 2 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 - dell'autonoma organizzazione dell'attività; la CTP rigettava il ricorso con la motivazione che «il dott. P. [...] utilizza due distinti studi, posti in due comuni differenti (G. e T.) e si avvale dell'opera di una dipendente fissa, con la qualifica di "collaboratore di studio"», sicché «[g]ià l'uso, non di uno solo, ma di due studi professionali ed in due differenti località lascia propendere per l'esistenza [...] di una autonoma e ben articolata organizzazione, cui l'intervento non occasionale del lavoro subordinato di una terza persona (la collaboratrice di studio) conferisce un ulteriore elemento di funzionalità»; il contribuente propose appello alla Commissione tributaria regionale del Molise (hinc anche: «CTR») che dichiarò «la inammissibilità del ricorso introduttivo e rigettò l'appello» con la motivazione che: «l'art. 21 del D.Lgs. n. 546/92 dispone che il ricorso deve essere proposto, a pena di inammissibilità, [...] decorsi 90 gg. dalla domanda di restituzione in caso di rifiuto tacito», mentre «[n]el caso che occupa [...] è stato proposto addirittura oltre l'anno [...] per cui [...] deve ritenersi inammissibile» dato che «la domanda di rimborso è stata notificata il 29.09.2008 mentre il ricorso è stato proposto solo in data 22.09.2010»; «[t]ale rilievo, peraltro non rilevato dal primo Giudice, travolge ogni altra eccezione di merito»; avverso tale sentenza della CTR - depositata 1'8 luglio 2016 e non notificata - ricorre per cassazione P., che affida il proprio ricorso, notificato il 31 gennaio-7 febbraio 2017, a cinque motivi; l'Agenzia delle entrate resiste con controricorso, notificato il 1° marzo 2017.
Considerato che:
con il primo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell'art. 21, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, per avere la CTR affermato, in contrasto con tale disposizione, la tardività e, quindi, l'inammissibilità del ricorso introduttivo in quanto «proposto [...] oltre l'anno» dalla domanda di restituzione, laddove, ai sensi di detto comma 2, il ricorso avverso il rifiuto tacito della restituzione di tributi può essere proposto, dopo il novantesimo giorno dalla domanda di restituzione, «fino a quanto il diritto alla restituzione non è prescritto», cioè, nella specie, entro il termine decennale - pienamente rispettato - di prescrizione ordinaria;
con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., l'omesso esame del fatto decisivo per il giudizio che, con il ricorso introduttivo, era stato impugnato non il rifiuto espresso ma il rifiuto tacito della restituzione dell'IRAP;
con il terzo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., la nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell'art. 101, secondo comma, cod. proc. civ., per avere la CTR posto a fondamento della propria decisione il rilievo d'ufficio dell'inammissibilità, per tardività, del ricorso introduttivo, senza assegnare alle parti un termine per il deposito di memorie contenenti le proprie osservazioni al riguardo;
con il quarto motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 324, 329 e 342 stesso codice e dell'art. 2909 cod. civ., per avere la CTR, in contrasto con tali disposizioni, rilevato d'ufficio l'inammissibilità, per tardività, del ricorso introduttivo, nonostante tale tardività non fosse stata né eccepita dall'Agenzia delle entrate in primo grado, né rilevata dalla CTP, né oggetto di motivi di appello, sicché sulla stessa doveva ritenersi essersi formato il giudicato interno implicito;
con il quinto motivo, il ricorrente deduce «fondatezza della domanda di rimborso e richiesta di pronuncia nel merito ai sensi dell'art. 384 c.p.c.», in quanto, premesso che la CTR non ha esaminato il merito della causa: da un lato, l'utilizzo di due studi e l'impiego di un collaboratore di studio - unici dati di fatto considerati nella sentenza di merito della CTP - non costituiscono elementi che consentono, di per sé, di ritenere la sussistenza del requisito dell'autonoma organizzazione dell'attività di medico pediatra di libera scelta convenzionato con il SSN necessario a integrare il presupposto dell'IRAP, ai sensi dell'art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997; dall'altro lato, tale requisito è in effetti
insussistente alla stregua dei costi, mai contestati, esposti nei quadri RE delle dichiarazioni per i periodi d'imposta 2004, 2005, 2006 e 2007;
il quarto motivo di ricorso - che, essendo logicamente prioritario, va esaminato per primo - non è fondato; questa Corte ha ripetutamente affermato il principio, che questo collegio condivide, che, «[i]n tema di contenzioso tributario, la decadenza del contribuente dal diritto di agire in giudizio, per inosservanza dei termini stabiliti dall'art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (applicabile "ratione temporis"), è rilevabile d'ufficio, ai sensi dell'art. 2969 cod. civ., trattandosi di materia sottratta alla disponibilità delle parti. Tale rilevabilità d'ufficio sussiste anche nei gradi di giudizio successivi al primo, e quindi anche in sede di legittimità, salvo che sulla questione non si sia formato il giudicato interno espresso, non essendo sufficiente ad impedire la rilevabilità d'ufficio il giudicato implicito» (Cass., 23/06/2003, n. 9952; nello stesso senso, con riferimento alla disciplina del d.lgs. n. 546 del 1992, Cass., 13/09/2013, n. 20978); pertanto, poiché la CTP non aveva emesso alcuna statuizione sul punto non impugnata, sicché non si era formato il giudicato interno espresso, la CTR ben poteva rilevare d'ufficio la decadenza del contribuente dall'impugnazione del rifiuto tacito per inosservanza del termine di cui all'art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1996;
il terzo motivo di ricorso - secondo in ordine di priorità logica - non è fondato; questa Corte ha precisato che, «[i]n tema di contraddittorio, le questioni di esclusiva rilevanza processuale, siccome inidonee a modificare il quadro fattuale ed a determinare nuovi sviluppi della lite non presi in considerazione dalle parti, non rientrano tra quelle che, ai sensi dell'art. 101, comma 2, c.p.c. (nel testo introdotto dall'art. 45, comma 13, della I. n. 69 del 2009), se rilevate d'ufficio, vanno sottoposte alle parti, le quali, per altro verso, devono avere autonoma consapevolezza degli incombenti cui la norma di rito subordina l'esercizio delle domande giudiziali» (Cass., 29/09/2015, n. 19372 e 04/03/2019, n. 6218); nella specie, il rilievo d'ufficio dell'inammissibilità per tardività del ricorso introduttivo è stato operato dalla CTR applicando la normativa processuale - in particolare, l'art. 21 del d.lgs. n. 546 del 1992 - a un quadro fattuale pacifico e incontestato (presentazione della domanda di restituzione il 29 settembre 2008 e proposizione del ricorso il 22 settembre 2010); pertanto non coglie nel segno il ricorrente nel dolersi che detto rilievo - che costituisce, dunque, una questione di esclusiva rilevanza processuale - sia stato operato dalla CTR in assenza di contraddittorio;
il primo motivo di ricorso è, invece, fondato; l'art. 21, comma 2, primo periodo, del d.lgs. n. 546 del 1992 stabilisce che «[I]l ricorso avverso il rifiuto tacito della restituzione di cui all'articolo 19, comma 1, lettera g), può essere proposto dopo il novantesimo giorno dalla domanda di restituzione presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d'imposta e fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto»; in base al chiaro tenore letterale di tale disposizione, pertanto, una volta che, con la scadenza del novantesimo giorno dalla domanda di restituzione, si sia formato il cosiddetto silenzio-rifiuto, il ricorso avverso lo stesso può essere proposto «fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto»; questa Corte ha chiarito che tale prescrizione decorre dalla formazione del silenzio-rifiuto ed è, nel caso del rifiuto della restituzione dell'IRAP, quella ordinaria decennale dell'art. 2946 cod. civ. (Cass., 22/01/2018, n. 1543); la sentenza impugnata, con l'affermare l'inammissibilità del ricorso introduttivo in quanto «proposto addirittura oltre l'anno», ha pertanto violato l'art. 21, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, atteso che, in base a tale disposizione, e per quanto ora esposto, detto ricorso poteva
essere proposto entro il termine di prescrizione ordinario di dieci anni, decorrenti da dopo la scadenza (che segna la formazione del silenzio rifiuto) del novantesimo giorno dalla domanda di restituzione, ed era, quindi, tempestivo;
il secondo motivo, denunciando un vizio motivazione sulla stessa questione oggetto del primo motivo, resta assorbito; anche il quinto motivo resta assorbito in quanto, a seguito dell'accoglimento del primo motivo, la CTR, cui la causa dovrà essere rinviata, dovrà provvedere sul merito di essa e, in particolare, sui non esaminati motivi di appello concernenti l'(in)esistenza, nella specie, del requisito dell'autonoma organizzazione; in conclusione, il quarto e il terzo motivo di ricorso devono essere rigettati, il primo motivo di ricorso deve essere accolto e il secondo e il quinto motivo di ricorso devono essere assorbiti, la causa deve essere rinviata alla Commissione tributaria regionale del Molise, in diversa composizione, affinché provveda sul merito della stessa e, in particolare, sui motivi di appello, non esaminati, concernenti l'(in)esistenza, nella fattispecie, del requisito dell'autonoma organizzazione, nonché per provvedere alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
rigetta il terzo e il quarto motivo di ricorso; accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbiti il secondo e il quinto motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Molise, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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