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In questo articolo faremo luce su alcune cose che da sapere quando l'INPS o l'Agenzia delle Entrate non rispondono.
Ecco, 3 cose da sapere in caso di silenzio da parte dell'INPS o dall'Agenzia delle Entrate:
1) Presentazione del modello di dichiarazione (anche eventualmente rivolgendoti ad un avvocato tributarista)-
Tieni presente che in forza di quanto stabilito dalla legge 228/2012 entro il termine (breve e previsto a pena di decadenza) di 90 giorni dalla notifica di un atto di riscossione, puoi inviare un Modello di dichiarazione con il quale fai presente che l'atto non è dovuto ovvero è illegittimo.
Ricorda che affinché la tua dichiarazione sia valida, dovrai indicare almeno una delle cause indicate in tale Modello (comma 538).
Noi ti consigliamo di rivolgerti al più presto ad un avvocato tributarista che saprà consigliarti e trovare la strategia migliore per il tuo personale caso.
2) I termini e l'onere dell'Agenzia delle Entrate.
L’Agente della riscossione, ricevuto il modello di dichiarazione, entro 10 giorni, è tenuto a trasmettere quanto ricevuto all'ente creditore interessato.
Inoltre, “Decorso il termine di ulteriori sessanta giorni l'ente creditore è tenuto, con propria comunicazione inviata al debitore a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno (…) a confermare allo stesso la correttezza della documentazione prodotta (...) ovvero ad avvertire il debitore dell'inidoneità di tale documentazione a mantenere sospesa la riscossione (...)”( comma 539).
3) Il Fisco non risponde? Il debito potrebbe essere annullato come in questo caso giurisprudenziale.
In materia di silenzio da parte dell'INPS e dell'Agenzia delle Entrate si è pronunciata la Corte d'Appello di Lecce con sentenza numero 1539/2018 (nel frattempo divenuta definitiva in quanto non impugnata dagli enti) che ha accolto l'impugnazione di un contribuente che aveva contestato le cartelle esattoriali e gli atti di pignoramento relativi ad una richiesta di versamento di circa 40mila euro per oneri previdenziali.
Il procedimento aveva avuto origine dalla richiesta da parte dell'INPS di versamento di oneri previdenziali dal 2010 al 2012, per circa 40 mila euro, e tramite L'Agenzia delle Entrate aveva intimato e notificato via posta anche due distinti ordini di pignoramento mobiliare.
Il contribuente aveva inviato una lettera di contestazione per bloccare l'esecutività dei provvedimenti e delle pretese del concessionario e dell'ente previdenziale, rilevando vizi di notifica e di motivazione e sulla intervenuta prescrizione del diritto di credito azionato, ma non ha ricevuto alcuna risposta nei termini di legge.
Dopo una prima sentenza del Tribunale del lavoro sfavorevole per il contribuente, la Corte d'Appello di Lecce ha riformulato la sentenza, accogliendo il ricorso presentato dal contribuente e annullando il debito vantato dall'Inps.
In poche parole, i giudici della sezione lavoro della Corte d'appello di Lecce, conformandosi alla Legge 228/2012, hanno sancito che se l'ente non risponde entro 220 giorni alla lettera del contribuente che contesta le pretese del concessionario il debito viene annullato per silenzio-assenso.
L'art. 1, comma 537 della L. 228/2012 prevede che i concessionari per la riscossione sono tenuti a sospendere immediatamente ogni ulteriore iniziativa finalizzata alla riscossione delle somme non appena il debitore presenta l'istanza.
A seguito dell'invio dell'istanza da parte del contribuente al concessionario, quest'ultimo deve avvisare l'ente competente, il quale dovrà tempestivamente dare risposta al contribuente.
L'art. 1, comma 540 della succitata legge prevede che trascorso inutilmente il termine di duecentoventi giorni dalla data di presentazione della dichiarazione del debitore allo stesso concessionario della riscossione, le partite sono annullate di diritto.
La Corte d'Appello nel riformulare la sentenza di primo grado ha rilevato che non “Vi è dubbio che il contribuente abbia presentato al concessionario le istanze dirette ad ottenere l'annullamento degli avvisi e delle intimazioni di pagamento sottesi ai due pignoramenti proposti nei suoi confronti. Nella fattispecie è decorso, senza che l'interessato ricevesse comunicazione alcuna in ordine alle proprie dichiarazioni, il termine di 220 giorni dalla loro presentazione: a monte del comma 540 dell'art. 1 invocato, le partite di cui al 537 sono annullate di diritto e il concessionario è considerato automaticamente discaricato dai relativi ruoli. Contestualmente sono eliminati dalle scritture patrimoniali dell'ente creditore i corrispondenti importi”. E che “la circostanza del decorso del termine di 220 giorni dalla presentazione delle domande senza alcun pronunciamento sulle stesse da parte del concessionario e dell'Inps, è già di per sé sufficiente a determinare l'annullamento di diritto del credito oggetto delle istanze”.
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Tieni a mente che tuttavia quanto sopra si basa su singoli casi giurisprudenziali che potevano presentare specificità tali da giustificare la pronuncia. Esamina sempre la versione completa delle sentenze prima di farti un’idea.
Queste sono solo alcune delle cose da sapere nel caso in cui l'INPS o l'Agenzia delle entrate non rispondano. Tuttavia, l'elenco non è per niente esaustivo e le variabili da considerare sono molte di più.
Per approfondire puoi ricercare tra le tante sentenze e ricorsi pubblicati sul nostro sito o chiedere l'intervento di un avvocato tributarista esperto proprio in questi temi per trovare la soluzione migliore possibile in relazione al tuo personale caso.
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Le informazioni sopra riportate sono state scritte da un giurista che collabora occasionalmente con professionisti del nostro studio ma la loro rispondenza al sistema vigente non è garantita da DLP Studio Tributario, né nessuno dei suoi avvocati, né nessun altro, non rispecchia la professionalità media di DLP Studio Tributario e non sono state sottoposte ad ulteriori controlli da parte del nostro studio.
Ulteriori approfondimenti sono comunque dovuti in dipendenza delle specificità dei singoli casi concreti.
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