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QUADRO RW: 3 CASI IN CUI IL CONTRIBUENTE HA DETENUTO DENARI ALL'ESTERO SENZA COMPILARE IL QUADRO RW MA HA OTTENUTO EGUALMENTE L’ANNULLAMENTO TOTALE DELLA SANZIONE Featured

Scritto da Avv. Federico Pau
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Hai trasferito o detenuto delle somme di denaro all'estero per motivi di investimento o di tutela e non hai compilato il quadro RW?

In questo articolo cercheremo di fare chiarezza sulla mancata compilazione del quadro RW e vedremo insieme alcuni casi che, a seguito di ricorso, si sono conclusi comunque a favore del contribuente che non è stato sanzionato.

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Andiamo con ordine.

La compilazione del quadro RW è legata ai contribuenti che effettuano trasferimenti o detengono denaro all'estero.

Le operazioni di trasferimento e detenzione di denaro all'estero sono pienamente legali se conformi alla normativa in vigore.

La normativa prevede che i conti correnti e gli investimenti finanziari all'estero debbano essere indicati nel quadro RW.

Ti consigliamo di prestare molta attenzione quando trasferisci o detieni somme all'estero, specie con riguardo ai Paesi che sono definiti Paradisi Fiscali.

Tieni conto che esiste l'art. 12, comma 2 del D.L 78/2009 che prevede una presunzione di evasione nei confronti del contribuente. Si tratta di una presunzione che opera a fronte di investimenti ed attività finanziarie detenute in Paesi c.d. a fiscalità privilegiata oggetto di monitoraggio nel quadro RW.

Considera che l'omessa indicazione di tali attività nella dichiarazione comporta un raddoppio di termini di accertamento.

Intanto, fai caso a questi 3 casi (fra tanti) che si sono conclusi comunque a favore del contribuente, pur senza aver compilato il quadro RW:

1) Annullamento dell’atto in ragione dell’efficacia non retroattiva della presunzione relativa ai redditi sottratti a tassazione nel caso di attività finanziarie detenute in paradisi fiscali.

Un'esemplificazione di questa ipotesi è fornita dalla recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 5471/2019, che si è pronunciata sul ricorso per cassazione proposto dall'Agenzia delle Entrate (da ultimo rigettato), avverso la decisione in secondo grado che già aveva dato ragione alla contribuente.

Il procedimento era iniziato a seguito dell'accertamento nei confronti della contribuente, per gli anni dal 2005 al 2008, dal quale emergeva la mancata compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi.

La contribuente aveva proposto opposizione / ricorso, ed entrambi i gradi di merito si erano conclusi con la vittoria del contribuente. Il contribuente, fra l'altro, aveva fatto valere la non applicabilità retroattiva della presunzione (art. 12, comma 2, legge 78/2009) per la quale gli investimenti fatti o le somme detenute in Stati a fiscalità privilegiata si presume siano provento di redditi sottratti a tassazione, salva prova contraria.

Avverso la decisione di secondo grado proponeva ricorso l'Agenzia delle Entrate con due motivi. Il primo denunciava l'erronea applicazione di legge affermando che “nella misura in cui è stato ritenuto inammissibile un appello che invece coglieva esattamente la ratio della decisione impugnata”. Il secondo motivo denunciava la violazione dell'art. 12, comma 2, legge n. 78 del 2009, nella parte in cui se ne fa un'applicazione non retroattiva, diceva l’Agenzia, “che invece è smentita dalla natura processuale della norma”, anziché sostanziale (ma non è affatto come ritiene l’Agenzia delle Entrate, come diranno in esito al processo i giudici).

Con riguardo al secondo motivo, la Corte di Cassazione, lo ha ritenuto infondato in quanto “la presunzione di evasione sancita, con riferimento agli investimenti ed alle attività di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, dall'art. 12, comma 2, del d. l. n. 78 del 2009(…) non ha efficacia  retroattiva, in quanto non può attribuirsi alla stessa natura processuale, essendo le norme in tema di presunzioni collocate, tra quelle sostanziali, nel codice civile, ed inoltre perché una differente interpretazione potrebbe- in contrasto con gli articoli 3 e 24 Cost.- pregiudicare l'effettività  del diritto di difesa del contribuente”.

Pertanto, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso e condannato l'Agenzia delle Entrate al pagamento delle spese processuali.

2) Annullamento dell’atto per insussistenza dell'obbligo di compilazione del  quadro RW in caso di conto infruttifero.

La Commissione Tributaria regionale del Veneto n. 70/2/2018 ha affermato, dando ragione al contribuente ed annullando l’atto, che l'obbligo di compilazione del quadro RW non riguarda qualsiasi attività finanziaria  detenuta all'estero, ma solo quelle potenzialmente idonee a produrre redditi di fonte estera imponibili in Italia.

I Giudici hanno affermato che l'art. 4 del D. L. 167/90 stabilisce che affinché esista l'obbligo dichiarativo necessita che esistano redditi prodotti all'estero imponibili in Italia “(...) debbono esistere redditi prodotti all'estero, che nel caso che occupa sono assenti- ma anche lo spirito della norma depone a favore di un obbligo dovuto almeno nella potenzialità reddituale- anche questa assente”.

Anche la Commissione tributaria di Bolzano con sentenza n. 48/2/14 aveva escluso l'obbligo generalizzato di monitoraggio delle attività finanziarie (si trattava anche in questo caso di un finanziamento infruttifero) affermando che i principi di legalità e tassatività impongono una lettura molto rigorosa della norma che non consente interpretazioni estensive.

3) Annullamento dell’atto in quanto la mancata compilazione del quadro RW fu ritenuta dai giudici non sanzionabile perché le informazioni erano già in possesso dell'Amministrazione Finanziaria.

Ciò fu affermato dalla Commissione Tributaria provinciale di Bolzano n. 40/02/2013.

Il procedimento aveva preso le mosse dalla contestata omessa compilazione del quadro RW a fronte di alcune movimentazioni di capitali all'estero e irrogazione della sanzione al contribuente.

Pertanto, il contribuente presentava ricorso eccependo la nullità del provvedimento a suo carico per sproporzione delle sanzioni e falsa applicazione dello Statuto del contribuente che vieta di richiedere informazioni e documenti di cui l'amministrazione finanziaria è in possesso.

Il contribuente aveva precisato che i movimenti finanziari verso lo Stato estero erano state effettuati da intermediari finanziari residenti nel territorio dello Stato Italiano e, quindi, obbligati per legge a inviare tali informazioni all'Anagrafe tributaria.

La Commissione Tributaria ha così accolto il ricorso del contribuente, ritenendo il comportamento non sanzionabile poiché le movimentazioni hanno riguardato “trasferimenti da e verso l'estero effettuati tramite intermediari finanziari abilitati residenti in Italia e obbligati a inviare tali informazioni alla stessa amministrazione finanziaria”.

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Questi sono solo alcuni dei casi che si sono conclusi a favore del contribuente, i motivi di annullamento possono essere molti di più, per farti un'idea guarda le tante sentenze e ricorsi pubblicati sul nostro sito. Inoltre, ricorda che le leggi possono variare nel corso del tempo e, pertanto, è sempre opportuno individuare esattamente quale sia la formulazione vigente della legge in riferimento al tuo specifico caso.

 

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