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Agriturismo: quando l’Agenzia delle Entrate contesta irregolarità fiscali e indebite detrazioni Iva mai accertate

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Agriturismo: quando l’Agenzia delle Entrate contesta irregolarità fiscali e indebite detrazioni Iva mai accertate

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Tra le varie attività di impresa, avviare un agriturismo è forse quella che solletica maggiormente gli imprenditori agricoli. Basta avere al disponibilità di un fondo agricolo e di un immobile da destinare al soggiorno o all’ospitalità dei commensali.

Dal punto di vista legislativo l’agriturismo indica quelle attività di ricezione e ospitalità gestite esclusivamente da imprenditori agricoli, anche associati fra loro, mediante l’uso della propria azienda e, nello specifico, mediante il ricorso alle attività di coltivazione del fondo, silvicoltura o allevamento di animali.

L’agriturismo offre, così, una forma di turismo agreste o di campagna, diverso da quello tradizionale, dove viene incentivato il rapporto con la natura e la campagna grazie ad una forma di ospitalità più diretta e genuina con i clienti.

Accanto alle classiche attività di ristorazione e pernottamento gli agriturismo mettono sempre più a disposizione degli ospiti anche altre attività aggiuntive quali gite a cavallo, trekking, piscina,campi da tennis, campi da golf, escursioni, degustazione di prodotti, noleggio di biciclette, attività venatoria, ecc. Vengono, infatti, organizzate diverse attività ricreative, culturali e didattiche e di pratica sportiva mirate a promuovere l’attività agricola, che sta alla base dell’azienda.

Sostanzialmente l’attività agrituristica fornisce ai propri clienti servizi di ospitalità stagionale e servizi di somministrazione per di pasti e bevande preparati mediante l’impiego di beni agricoli autoprodotti, anche se lavorati all’esterno, come il caso del grano coltivato nell’azienda e macinato in un molino esterno. In particolare si considerano autoprodotte quelle materie prime che provengono dal fondo, comprese quelle che vengono lavorate da aziende esterne. Ogni regione ha una sua normativa in materia di agriturismo. Affinché possa parlarsi di agriturismo è, comunque, indispensabile che l’azienda agricola produca una percentuale che va dal 40% al 60%  del totale dei prodotti somministrati gli ospiti.

Anche se connesso allo svolgimento delle attività agricole avviare un agriturismo richiede spesso investimenti importanti da sostenere sia recuperare/ristrutturare immobili o ruderi presenti sul fondo, sia per potenziare le strutture produttive e per acquistare beni strumentali, specie nel caso in cui si attivino servizi ed attività extra aggiuntive.

Accertamenti e controlli fiscali

Anche gli agriturismo sono sottoposti ai controlli degli investigatori dell’Agenzia delle Entrate i quali dubitano sempre di quegli esercizi che dichiarano di svolgere attività di agriturismo celando, nella realtà, l’esercizio di un’attività commerciale pura e semplice.

Insomma il dubbio è quello che dietro la categoria degli agriturismo si nascondano vere e proprie attività ricettive o ristorative che non possiedono i requisiti propri dell’azienda agrituristica.

La questione rileva sotto il profilo delle imposte in quanto gli agriturismo beneficiano, per le imposte dirette, di una disciplina più vantaggiosa rispetto alle altre attività.  Ed infatti il reddito generato dalle attività di agriturismo si calcola secondo un regime forfettario, applicando il coefficiente di redditività del 25% ai ricavi.

Ad essere nel mirino, quindi, abusivismo commerciale, la contraffazione e il lavoro in nero.

Sotto il profilo fiscale, innanzitutto, è importante stabilire il rapporto di prevalenza dell’attività agricola rispetto a quella agrituristica connessa alla prima. Anche se ogni regione o provincia ha le sue regole per stabilire le percentuali di prevalenza, è bene chiarire che non si tratta di un’attività semplice e sempre ben definita. Sono frequenti, infatti, i casi in cui questa distinzione viene svolta con approssimazione.

Inoltre, obiettivo delle verifiche fiscali è quello di determinare il volume d’affari generato dall’agriturismo oggetto di controllo. Ad essere passati al setaccio, dunque, sono i ricavi conseguiti dall’attività e derivanti dall’ospitalità in camere e/o appartamento, dalla ristorazione, dai servizi accessori di varia natura ed anche dalla cessione dei prodotti.

In particolare, per calcolare il volume d’affari di un’impresa agrituristica bisognerebbe valutare in maniera precisa e puntuale la capacità ricettiva totale. Per il pernottamento bisognerebbe calcolare il numero di posti letto per i per i giorni d’apertura. Per la ristorazione, invece, bisognerebbe valutare il numero di coperti per i giorni d’apertura. Tuttavia, anche se così facendo si potrebbe arrivare ad individuare approssimativamente il numero effettivo di servizi erogati, non si tiene sufficientemente conto della stagionalità di questo tipo di attività.

Generalmente gli accertamento prendono avvio nei casi in cui si riscontrano anomalie fiscali “molto significative”. In questi casi gli accertatori procedono con la contrapposizione di costi e ricavi relativi allo stesso tipo di servizio da cui tentano di capire l’origine dall’anomalia. Quello che viene sottovalutato, in questa fase, è l’importanza del contraddittorio con il contribuente, gestore dell’attività agrituristica. Ed infatti, nei casi in cui dovessero venir fuori delle incongruenze o delle perdite non giustificate, l’apporto dell’imprenditore è di fondamentale importanza. Anche questa garanzia, in molti casi, non viene assicurata e l’Agenzia delle Entrate finisce per arrivare a conclusioni sbagliate. Questo è quello che si è verificato nei seguenti casi.

Corte di Cassazione, V Sez. Civile, sentenza n. 23694 del 24/09/2019

Questa vicenda ha avuto origine da tre avvisi di accertamento emessi dall'Agenzia delle Entrate aveva emesso nei confronti di un’imprenditrice agricola titolare di un agriturismo con i quali si contestava l'indebita detrazione dell'Iva. In particolare per gli accertatori l'Iva versata per i lavori di ristrutturazione della casa colonica non poteva essere detratta, in quanto riferiti ad un bene non strumentale. Ed infatti, i lavori erano stati eseguiti si una casa in cui abitava la stessa imprenditrice, destinata perciò a solo uso abitativo. Solo successivamente ai lavori la casa colonica era stata accatastata per un nuovo uso, non più abitativo ma destinato all’esercizio dell’agriturismo. Insomma, siccome l’immobile all’epoca dei lavori aveva destinazione abitativa non era possibile riconoscere il diritto alla detrazione dell'Iva.

L’imprenditrice, al contrario, aveva dimostrato che la casa colonica ristrutturata costituiva un bene strumentale dell'impresa agricola sin dal momento in cui furono eseguiti i lavori di ripristino. L’immobile, infatti, era destinato sin dall’inizio dei lavori ad accogliere una struttura ricettizia.

I giudici di merito avevano accolto le motivazioni della contribuente ritenendo legittima la detrazione dell'Iva effettuata per la ristrutturazione dell'immobile, in quanto si trattava di edificio destinato ad accogliere una struttura ricettiva e un’ attività di agriturismo che l’imprenditrice intendeva realizzare. La casa colonica, inoltre, costituiva un bene strumentale dell'impresa agricola.

Anche la Cassazione ha condiviso queste considerazioni in quanto gli interventi di ristrutturazione eseguiti sulla casa colonica erano connessi all'attività di impresa svolta dalla contribuente. Tali lavori, infatti, erano funzionali allo svolgimento della successiva attività di agriturismo avviata una volta terminati.

Per questi motivi la Cassazione ha considerato illegittime le pretese impositive dell’Agenzia delle Entrate.

Comm. Trib. Reg. per la Calabria, sentenza n. 2543 del 19/08/2017

Questo caso ha preso avvio da un accertamento relativo a maggiori IRPEF, IRAP ed IVA dovuti da un’attività agrituristica. In particolare l’Agenzia delle Entrate, dopo aver acquisito tutta la documentazione contabile e fiscale, aveva contestato la mancata corrispondenza con i dati derivanti dalla comunicazione IVA. Per tali ragioni si riteneva che l’imprenditore avesse tenuto una contabilità irregolare.

Ad avviso degli accertatori il sistema della detrazione forfettaria dell’Iva adoperata dal contribuente, titolare di un agriturismo, non poteva essere applicata in presenza di omessa dichiarazione fiscale.

Il contribuente, dal suo canto, ha ritenuto approssimativa e poco approfondita la verifica svolta dall’Agenzia delle Entrate, la quale si sarebbe limitata soltanto a rilevare una presunta irregolarità contabile.

La CTR calabrese ha accolto il ricorso del contribuente. Ed infatti, l’Agenzia delle Entrate si sarebbe limitata a motivare l'atto impositivo basandosi unicamente sulle discordanze tra i dati desunti dalla documentazione contabile e fiscale acquisita in sede di verifica e quelli contenuti nella comunicazione lva annuale. L’ufficio, invece, non avrebbe indicato in maniera precisa le divergenze riscontrate in sede di accertamento fiscale.

Per tali ragioni la commissione ha ritenuto illegittimo l’accertamento, sia per quanto riguarda le imposte dirette e sia ai fini lva. A parere dei giudici l'Ufficio non avrebbe tenuto in considerazione le diverse normative di riferimento delle singole imposte (europea e nazionale ). Inoltre, l’Amministrazione finanziaria avrebbe considerato in maniera unitaria l'attività di agricoltura in senso stretto e quella di agriturismo, senza fare alcuna differenza anche sotto il profilo del trattamento fiscale.

Comm. Trib. Reg. per il Lazio, sentenza n. 345 del 21/01/2020

Infine, questa terza ed ultima vicenda ha riguardato il cado del rifiuto manifestato da un Comune nei confronti di un’imprenditrice esercente attività di agriturismo relativo alla riduzione della tassa dei rifiuti dovuti dalla contribuente. Il Comune, in particolare, aveva applicato all’agriturismo la stessa tariffa prevista per le attività alberghiere.

La contribuente ha contestato il diniego espresso al Comune alla sua richiesta di riduzione della tassa rifiuti dimostrando come l’attività di agriturismo fosse aperta soltanto per 224 giorni all'anno rispetto ai 365 applicati dal Comune.

La Ctr laziale ha accolto il ricorso della contribuente ritenendo che agli agriturismi debbano essere applicate delle tariffe specifiche. Tali importi, in particolare, devono considerare la specificità dell'attività svolta, in quanto l'agriturismo è finalizzato ad attuare il recupero del patrimonio edilizio rurale. Inoltre, il Comune avrebbe dovuto considerare la stagionalità dell'attività, la minor capacità ricettizia rispetto agli alberghi, connessa al numero massimo di pasti e di posti letto presenti.

Infine, bisognava considerare che l’attività agrituristica svolge anche operazioni di compostaggio in loco dei rifiuti prodotti, che costituisce un elemento da valutare in sede di riduzione della tariffa.

Per questi motivi la commissione tributaria ha accolto il ricorso del contribuente ritenendo che il Comune applicasse alla ricorrente una riduzione del 40% sulla tassa dei rifiuti.

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