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L’attività commerciale svolta in maniera itinerante rappresenta tutt’oggi un’importante forma di guadagno. Ed infatti, il settore del commercio ambulante, anche se ha subito una fase di stallo durante la ripresa dalla crisi economica, in realtà ha visto un aumento degli acquisti effettuati presso le bancarelle.
Mercati, fiere e sagre continuano a costituire un’importante occasione di commercio effettuata a prezzi notevolmente inferiori rispetto ai negozi fisici tradizionali ed agli ipermercati.
Il settore è caratterizzato dalla presenza di una diversità di soggetti, prevalentemente di piccole dimensioni. Si tratta per lo più di ditte individuali o società di persone a conduzione prettamente familiare o, al massimo, con pochi addetti.
Inoltre, i piccoli imprenditori che investono in questo settore devono devono sopportare grandi spese. I principali costi riguardano le spese di occupazione del suolo per i posteggi, poche attrezzature relative a banchi e scaffali ed infine il mezzo di trasporto come un furgone o un autocarro.
Strade, piazze, aree mercatali, posteggi assegnati, aree apposite sono le sedi in cui solitamente viene svolta l’attività commerciale itinerante che riguarda lo smercio di diverse attività: abbigliamento, prodotti per la casa, calzature, giocattoli, generi alimentari (frutta, verdura, dolciumi), fiori, ma anche commercio dei souvenir nelle grandi città turistiche o di gadget sportivi all’esterno degli stadi o in occasione delle manifestazioni sportive.
Prima di iniziare l’attività inoltre, il piccolo commerciante deve richiedere apposita autorizzazione amministrativa al Comune e può facilmente cominciare la sua impresa.
Nonostante la grave crisi che ha investito questo settore che non vede mai enormi guadagni salvo rare eccezioni, anche i venditori ambulanti sono sono esenti da controlli ed accertamenti fiscali. Le principali verifiche riguardano il rispetto degli obblighi fiscali del venditore ambulante, il controllo relativo all’esistenza ed alla regolare e corretta tenuta della contabilità.
Al di là dei casi più eclatanti in cui il venditore ambulante non ha mai presentato una dichiarazione dei redditi, in verità i controlli portano a rilevare piccole irregolarità, di trascurabile rilevanza.
Fra i controlli più pregnanti vi sono quelli riguardanti l’emissione dello scontrino fiscale ai clienti. La gran parte delle bancarelle, infatti, sono tenute ad emettere il certificato fiscale. Tuttavia, ve ne sono alcune che non devono adempiere a questo obbligo. Tra di esse vengono in rilievo i venditori che somministrano alimenti e bevande in forma itinerante presso stadi, stazioni, teatri, cinema ed altri eventi che si tengono in luoghi pubblici. Ed ancora, non devono emettere scontrino gli ambulanti impiegati nella vendita di palloncini, souvenir, giocattoli, gelati, dolci, caldarroste, olive, sementi a condizione che non dispongano di attrezzature motorizzate. Proprio questo aspetto si trova spesso al centro di dubbi ed incertezze da parte degli accertatori, primi fra tutti la Guardia di Finanza. Determinare, infatti, quanto un ambulante faccia ricorso ad attrezzature motorizzate è tutt’altro che semplice ed intuitivo. Infatti, l'esenzione dall'obbligo di emettere lo scontrino fiscale riguarda tutte quelle attività di smercio che non comportano la produzione delle merci vendute e che richiedono minime dotazioni strumentali. Tale accertamento non può, quindi, essere presunto ma accertato a seguito di un approfondito esame che, non sempre, accade.
Un altro errore in cui incorre Guardia di Finanza ed Agenzia delle Entrate è l’accertamento basato sui parametri degli studi di settore, oggi ISA. I risultati paventati, infatti, non tengono conto delle specifiche caratteristiche di ogni ramo merceologico tipico del commercio itinerante che vari anche in base a come viene svolta l’attività, all’ubicazione territoriale dei punti vendita e alle dimensioni.
Ed ancora, anche in presenza di una contabilità regolare spesso prendono avvio degli accertamenti mirati ad individuare maggiori redditi d'impresa.
In queste ed in altre circostanze gli accertamenti conducono a risultati non veritieri e non fedeli alla reale condizioni economica della piccola attività itinerante.
Corte di Cassazione, V Sez. Civile, sentenza n. 18674 del 23 settembre 2016
In questa controversia la Suprema Corte ha affrontato il caso di un venditore ambulante di prodotti dolciari a cui era stato notificato un atto di irrogazione sanzioni per omessa installazione del misuratore fiscale nell'esercizio della sua impresa.
Ad avviso dell’ambulante non vi era alcun obbligo nei suoi confronti di dotarsi del misuratore fiscale in quanto si trattava di attività marginale esercitata solo nel corso di sagre e fiere religiose e senza il ricorso ad attrezzature motorizzate.
Al contrario, a parere dell’Agenzia delle Entrate l’ambulante era tenuto ad adottare un misuratore fiscale in quanto egli svolgeva la sua attività per mezzo di attrezzature motorizzate ovvero ricorrendo ad un furgone motorizzato ed adoperando una pralinatrice elettrica.
Per i giudici della Cassazione il contribuente non aveva una dotazione tale da poter essere definita attrezzatura motorizzata, limitandosi ad utilizzare semplicemente un automezzo per il trasporto delle merci. Inoltre, è da escludere che il volume d’affari dichiarato dal contribuente sia da addebitare solo all’esercizio dell’attività itinerante in quanto si andava a cumulare con il reddito derivante dall’esercizio di un’altra attività lavorativa.
Corte di Cassazione, V Sez. Civile, sentenza n. 13142 del 16 maggio 2019
In questa vicenda la Cassazione ha affrontato il caso di una contribuente esercente attività di venditrice ambulante la quale era stata destinataria di alcuni atti impositivi relativi ad un maggior reddito di impresa non dichiarato.
In particolare, l’Agenzia delle Entrate era arrivata a determinare il reddito dell’ambulante sulla base di un accertamento induttivo fondato sugli studi di settore e su una diversa quantificazione del costo del venduto. Ad avviso degli accertatori vi era un’evidente antieconomicità dell'attività svolta dalla contribuente, anche sulla base dei ricavi dichiarati.
La Cassazione, così come i due precedenti giudizi di merito, ha dato ragione alla contribuente ritenendo che l'accertamento induttivo non era idoneo a fondare una prova presuntiva. Inoltre, i giudici hanno ritenuto eccessivo il ricarico percentuale del 90% sui costi sostenuti dall’ambulante. Infine, dai dati affiorati i ricavi dichiarati risultavano pienamente coerenti con gli studi di settore.
Corte di Cassazione, V Sez. Civile, sentenza n. 20388 del 26 luglio 2019
Infine, questo contenzioso ha riguardato un venditore ambulante a posteggio fisso di calzature e pelletteria che aveva impugnato alcuni avvisi d'accertamento con i quali l'Agenzia delle Entrate aveva rettificato, ai fini IRPEF, il reddito dichiarato dal contribuente per un dato periodo di imposta.
Alla base dell’accertamento sintetico del reddito vi era la disponibilità di un'abitazione principale molto grande di cui l’ambulante era nudo proprietario ed anche di un’auto.
A parere degli accertatori il reddito dell’ambulante si discostava di oltre un quarto da quello sinteticamente determinabile sulla base degli studi di settore e quindi non era giustificato e doveva essere soggetto ad imposta.
Al contrario, ad avviso del contribuente l’Agenzia non aveva esaminato i dati relativi alla residenza
anagrafica anche di terze persone all’interno dell’immobile in questione.
La Cassazione ha dato ragione al contribuente ritenendo dimostrato che anche i congiunti della moglie abitassero nello stesso immobile, al contrario attribuito interamente ed esclusivamente all’ambulante.
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