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Civile, Sez. 5, ordinanza Num. 7656 del 2 aprile 2020.
Rilevato che:
1. La T.S.M.O.Srl impugnò, innanzi alla CTP di Bari, l'avviso dell'Agenzia delle entrate di recupero del credito d'imposta (euro 25.500,00), per gli investimenti in aree svantaggiate, per l'annualità
2004, dopo che il Centro Operativo di Pescara aveva accolto l'istanza della società di riconoscimento dell'agevolazione fiscale;
la CTP di Bari, con sentenza n. 3/8/2011, accolse il ricorso ritenendo che l'Agenzia delle entrate avesse il potere di controllo delle modalità di utilizzo del credito d'imposta e non quello di controllo della ricorrenza, in capo all'impresa richiedente, dei requisiti soggettivi per il suo riconoscimento, già vagliati dal Centro Operativo di Pescara, quale unico ente a ciò competente;
2. la CTR della Puglia, con la sentenza in epigrafe, nel contraddittorio della contribuente, ha accolto l'appello dell'Agenzia ritenendo, invece, che quest'ultima, quale ente impositore, fosse legittimata ad effettuare un controllo sulla ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento del credito d'imposta, pur concesso, in una prima fase, dal COP; ha aggiunto che, nella fattispecie, era evidente che la società, per l'attività svolta, non rientrasse tra le imprese aventi diritto all'agevolazione, ai sensi dell'art. 8, comma 1, della legge n. 388/2000; in conclusione, ha affermato che era legittima anche l'irrogazione delle sanzioni per l'indebito utilizzo del credito d'imposta (che la società aveva portato, in parte, in compensazione, nell'annualità 2004), per la consapevolezza della contribuente di non essere in possesso dei requisiti soggettivi prescritti per l'ottenimento dell'agevolazione fiscale;
3. la società ricorre, sulla base di due motivi, a sostegno dei quali ha depositato una memoria ex art. 380-bis. 1., cod. proc. civ., per la cassazione della sentenza della CTR, mentre l'Agenzia delle entrate resiste con controricorso;
Considerato che: 1. con il primo motivo del ricorso, denunciando, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'art. 8, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, la ricorrente rileva che l'Agenzia delle entrate non era legittimata ad effettuare il controllo sui presupposti della spettanza del credito d'imposta in quanto essi erano già stati vagliati dal COP, che aveva espressamente concesso l'agevolazione fiscale;
1.1. il motivo è infondato;
la CTR ha fatto corretta applicazione del principio di diritto, enunciato da questa Corte (Cass. 12/11/2010, n. 23003), per il quale l'ente impositore è l'Agenzia delle entrate che, nella specie si è avvalsa della competenza, per così dire tecnica, del Centro operativo di Pescara, per l'istruttoria della pratica di riconoscimento dell'agevolazione fiscale connessa all'investimento in aree svantaggiate, senza però perdere il potere di controllo e di revoca del credito d'imposta, nell'ipotesi di assenza dei relativi requisiti soggettivi;
2. con il secondo motivo, denunciando, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell'art. 10, dello Statuto dei diritti del contribuente, la ricorrente premette di essere stata in buona fede in quanto utilizzò il credito d'imposta, solo dopo l'atto di accoglimento, ritenendo di possedere i requisiti per ottenere l'agevolazione; assume che l'avviso di recupero è illegittimo, per un duplice motivo: a) perché tale atto è volto a recuperare un credito utilizzato indebitamente, laddove, nella fattispecie, non si è avuto alcun indebito utilizzo, visto che l'agevolazione era stata riconosciuta dal COP; b) perché l'Agenzia era incompetente ad emettere l'avviso in quanto i requisiti per il riconoscimento dell'agevolazione erano già stati ritenuti esistenti dal COP;
2.1. il motivo è fondato nei termini che seguono; posto che non è contestata la buona fede della contribuente, la quale si è avvalsa del credito d'imposta, nell'esercizio 2004, solo dopo che il Centro Operativo di Pescara aveva accolto la sua istanza di riconoscimento dell'agevolazione fiscale, successivamente disconosciuta dall'Agenzia delle entrate, è opportuno rammentare che, in passato, questa Corte, occupandosi della materia del contendere, ha affermato che: «In tema di legittimo affidamento del contribuente di fronte all'azione dell'Amministrazione finanziaria, ai sensi dell'art. 10, commi primo e secondo, legge n. 212 del 2000 (cd. Statuto del contribuente), che tale tutela ha voluto esplicitamente offrire, costituisce situazione tutelabile quella caratterizzata: a) da un'apparente legittimità e coerenza dell'attività dell'Amministrazione finanziaria, in senso favorevole al contribuente; b) dalla buona fede del contribuente, rilevabile dalla sua condotta, in quanto connotata dall'assenza di qualsiasi violazione del dovere di correttezza
gravante sul medesimo; c) dall'eventuale esistenza di circostanze specifiche e rilevanti, idonee a indicare la sussistenza dei due presupposti che precedono.» (Cass. 10/12/2002, n. 17576); nel corso degli anni si è andato delineando un orientamento della Corte che, senza discostarsi dai criteri enunciati da Cass. n. 17576/2002, ha delimitato, con rigore, l'ambito di applicazione del principio del legittimo affidamento e si è preoccupata di precisare che: «Il legittimo affidamento del contribuente comporta, ai sensi dell'art. 10, commi 1 e 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l'esclusione degli aspetti sanzionatori, risarcitori ed accessori conseguenti all'inadempimento colpevole dell'obbligazione tributaria, ma non incide sulla debenza del tributo, che prescinde del tutto dalle intenzioni manifestate dalle parti del rapporto fiscale, dipendendo esclusivamente dall'obiettiva realizzazione dei presupposti impositivi.» (Cass. 25/03/2015, n. 5934; conf., in tema di tributi armonizzati: Cass. 9/01/2019, n. 370);
nel caso concreto, la CTR, discostandosi da tali princìpi di diritto, ha errato nel negare rilevanza alla buona fede della contribuente, non già (come si è appena visto) al fine di disconoscere la legittimità del recupero fiscale, non potendosi mettere in discussione la debenza del tributo, ma al limitato fine di esonerare l'interessata esclusivamente dal pagamento delle sanzioni e degli interessi di mora, quali accessori della maggiore imposta senz'altro dovuta;
3. in conclusione, accolto il secondo motivo, nei termini appena enunciati, rigettato il primo motivo, la sentenza impugnata è cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, alla quale è demandato di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità
P.Q.M.
la Corte accoglie il secondo motivo del ricorso, nei termini di cui in motivazione, rigetta il primo motivo, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, alla quale demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il 26 giugno 2019
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