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Civile, Sez. 5, ordinanza Num. 7382 del 17 marzo 2020.
Ritenuto che P.S. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 90/38/2012, depositata il 26.06.2012 dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia, la quale, confermando la decisione del giudice provinciale, aveva rigettato l'impugnazione avverso l'avviso di accertamento con cui era stato rideterminato il reddito relativo all'anno d'imposta 2004.
Ha riferito che a seguito di verifiche ex art. 38 co. 4, d.P.R. n. 600 del 29 settembre 1973, l'Agenzia delle entrate aveva notificato l'atto impositivo, fondato sul riscontro di spese per incrementi patrimoniali e per consumi, rideterminando sinteticamente il reddito della contribuente, con conseguente accertamento di maggiori imposte ai fini Irpef e addizionali comunali. Contestando gli esiti dell'accertamento, la P. aveva introdotto il contenzioso, definitosi dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano con la sentenza n. 301/36/2010, che aveva rigettato il ricorso.
La pronuncia era stata impugnata dinanzi alla Commissione tributaria regionale, la quale, con la sentenza ora al vaglio della Corte, aveva rigettato l'appello.
I giudici regionali avevano ritenuto che la documentazione, allegata dalla contribuente a sostegno della disponibilità della provvista impiegata per l'acquisto di due immobili e per sostenere le spese di gestione di una autovettura e di una unità abitativa, non fosse sufficiente a giustificare il reddito sinteticamente determinato.
In particolare hanno ritenuto che gli incrementi patrimoniali e le spese sopportate nell'anno 2004 non fossero giustificate dalla esibizione di un contratto di mutuo dell'importo di € 457.112,00, concesso dal dott. G.
La P. censura la sentenza della Commissione tributaria regionale lombarda con otto motivi: con il primo per contraddittoria motivazione su un punto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., in ordine all'erronea valutazione delle prove offerte dalla contribuente, idonee a giustificare le spese per gli incrementi patrimoniali imputati dall'Ufficio; con il secondo per violazione e falsa applicazione dell'art. 38, d.P.R. n. 600 del 29 settembre 1973, ratione temporis vigente, dell'art. 22, d.l. n. 78 del 31 maggio 2010, dell'art. 2697 c.c., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., per non aver correttamente governato le prove in merito all'accertamento sintetico; con il terzo per violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per aver ritenuto che la scrittura privata prodotta dalla P. fosse idonea a dimostrare la disponibilità della provvista di euro 457.000,00;
con il quarto per insufficiente motivazione su un punto decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., relativamente alla sussistenza della provvista derivante dal prestito concesso con la scrittura privata; con il quinto per omessa o insufficiente motivazione, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., relativamente alla provvista di euro 85.607,78 portata su conto corrente, incontestata dall'Ufficio ma non presa in considerazione nella motivazione della decisione; con il sesto per violazione e falsa applicazione dell'art. 38, d.P.R. n. 600 del 29 settembre 1973, ratione temporis vigente, dell'art. 2697 c.c., degli artt. 15 e 167 c.p.c., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per l'incomprensibile valutazione delle spese di gestione dei beni mobili ed immobili senza tener conto della provvista bancaria di euro 85.607,78, incontestata dall'Ufficio; con il settimo per omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., in relazione alle spese sostenute per gli incrementi patrimoniali, a fronte della provvista dedotta dalla contribuente;
con l'ottavo per omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., relativo alla eccepita duplice tassazione del medesimo presupposto d'imposta.
Ha pertanto chiesto la cassazione della sentenza e l'annullamento dell'avviso di accertamento.
Si è costituita l'Agenzia, che ha contestato i motivi avversi, chiedendo il rigetto del ricorso.
La ricorrente ha depositato memorie ai sensi dell'art. 380 bis.1 c.p.c. Considerato che: Va premesso che l'atto impositivo fu notificato alla P. nel 2008.
Con esso, sulla base dell'acquisto di due unità abitative a fine 2006, nonché di spese di gestione di una autovettura e di una abitazione in locazione, incompatibili con il reddito della controricorrente, ai sensi dell'art. 38 cit. ratione temporis vigente, fu accertato sinteticamente il reddito degli anni 2003-2007, rideterminato in particolare -con riguardo a quello dell'annualità oggetto del presente giudizio- nella misura di euro 121.582,00.
Con i primi quattro motivi, che possono essere trattati unitariamente perché tra loro connessi, la P. sostiene che la pronuncia di annullamento sia viziata per inosservanza delle regole probatorie che presidiano l'accertamento sintetico, e comunque per l'erroneo apprezzamento formulato dalla Commissione a proposito della documentazione da lei allegata a sostegno degli investimenti e degli impegni di spesa.
Essi sono fondati. L'Agenzia, a fronte di spese pari ad euro 792.030,00, ha giustificato solo euro 230.000,00 per il mutuo contratto dalla P., mentre ha ritenuto inconferente l'ulteriore documentazione prodotta dalla contribuente, relativa al finanziamento ottenuto dal G., dell'importo di euro 457.112,00, di cui vi è una scrittura privata, con timbro postale comprovante la data del contratto, nonché dichiarazioni rilasciate dallo stesso mutuante presso l'Agenzia, a conferma del prestito concesso.
Il giudice d'appello, con la sentenza ora impugnata, ha ritenuto corretto il procedimento d'accertamento seguito dall'Ufficio, negando valore di prova alla documentazione allegata dalla contribuente, con la quale volevano giustificarsi le spese sostenute per gli incrementi patrimoniali.
Sotto il profilo dell'errore di diritto, la giurisprudenza di legittimità, quanto alla prova in tema di accertamento sintetico, ha affermato che ai sensi dell'art. 38, quarto comma, cit., una volta che l'Amministrazione abbia dimostrato, anche mediante un unico elemento certo, la divergenza tra il reddito risultante attraverso la determinazione analitica e quello attribuibile al contribuente, quest'ultimo è onerato della prova che l'imponibile così accertato è costituito, in tutto o in parte, da redditi soggetti a ritenute alla fonte o esenti ovvero da finanziamenti di terzi (Cass., 13602/2018).
D'altronde, sempre con riguardo alla formulazione dell'art. 38 vigente ratione temporis, è stato evidenziato che, ove il contribuente deduca che la spesa effettuata derivi dalla percezione di ulteriori redditi, è onerato della prova in ordine sia alla loro disponibilità, sia all'entità dei medesimi, sia alla durata del possesso, sicché, sebbene non debba dimostrarne l'utilizzo per sostenere le spese contestate, è tenuto a produrre documenti dai quali emergano elementi sintomatici del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere (Cass., 1510/2017).
In particolare si è riconosciuto che la prova contraria a carico del contribuente può essere assolta mediante la produzione di un contratto di mutuo, idoneo a dimostrare la provenienza non reddituale delle somme utilizzate per l'acquisto del bene (cfr. Cass., 31124/2018, nella quale si afferma la sufficienza della prova costituita dalla allegazione del mutuo, senza necessità di dover dimostrare anche le motivazioni dell'erogazione e le garanzie che la supportano).
In altri termini non è richiesta la prova specifica della fonte del pagamento, ma che sussistano elementi anche indiziari, atti a desumere tale convincimento.
Nel caso di specie la Commissione tributaria regionale nel decidere il contenzioso ha disatteso i principi appena espressi, negando valore alla documentazione allegata dalla P., che comprovava il prestito personale dell'importo di euro 457.000,00, da lei ricevuto dal G. La documentazione era costituita da una scrittura privata, sottoscritta e con data certa, confermata dal medesimo mutuante G., sentito a tal fine presso gli uffici dell'Agenzia nella fase endoprocedimentale.
Risulta peraltro non contestabile che quella stessa scrittura, che l'Amministrazione finanziaria ha ritenuto inconferente ai fini della esistenza di una provvista capace di supportare gli impegni di spesa sostenuti per l'acquisto degli immobili e per le spese di gestione di taluni beni mobili e immobili, sia stata poi dalla medesima Amministrazione utilizzata per procedere ad un ulteriore accertamento fiscale, nei confronti dello stesso mutuante G., ai fini della applicazione dell'imposta di registro sull'atto negoziale di mutuo.
Sul punto la sentenza si sofferma, affermando che non «ha pregio l'obiezione di contradditorietà mossa dall'appellante in relazione al fatto che lo stesso documento qui considerato non probante è stato ritenuto prova di presupposto tassabile (e quindi reale) in altra sede impositiva.
Basti al riguardo osservare che un'eventuale contraddittorietà andava semmai fatta valere nel procedimento instaurato dal Sig. G. laddove l'ufficio attribuiva valore ed efficacia a quel documento, ma non in questo procedimento ove tale efficacia viene negata dall'Ufficio.».
A parte le riserve su un ragionamento solo apparentemente logico, che, sul presupposto della indipendenza di valutazione di organi di controllo della medesima Agenzia, offre una immagine dell'Amministrazione finanziaria propensa, secondo convenienza, ora ad attribuire valore giuridico, ora a negarlo, ad un atto attestante l'insorgenza di un rapporto negoziale, che se accettata inciderebbe sui principi di collaborazione e buona fede nei rapporti con il contribuente, con violazione dell'art. 10, primo comma, I. n. 212 del 27 luglio 2000, trattasi in ogni caso con evidenza di una valutazione del tutto erronea del giudice d'appello, alla luce dei principi regolatori della distribuzione dell'onere probatorio in tema di accertamento sintetico.
È infatti errato il prosieguo del ragionamento portante della decisione, secondo cui «mancava e manca ai fini probatori un flusso oggettivamente rintracciabile dell'entrata delle somme erogate e soprattutto dell'uscita e dell'impiego delle stesse, non essendo stato dimostrato che la appellante abbia utilizzato le somme oggetto del promesso finanziamento per consegnarle alla società immobiliare che ha venduto gli immobili.
In mancanza di prova dell'impiego l'accertamento sintetico non poteva e non può dunque essere sovvertito.».
Tale ragionamento disattende la giurisprudenza di legittimità, che marca i confini della prova, di cui il contribuente è onerato, ritenendo idonea la produzione di documenti atti a dimostrare la disponibilità e l'entità dei redditi necessari a sostenere le spese, di cui non deve dimostrare l'effettivo utilizzo, ma la sussistenza di elementi sintomatici del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere (Cass., 1510/2017 cit.) Risulta allora priva di pregio la pretesa dell'Agenzia, di fatto condivisa dal giudice regionale, secondo cui non era sufficiente quella scrittura privata, perché occorreva la produzione di documentazione bancaria, quale prova della effettiva disponibilità, in capo alla P., delle somme concesse a mutuo dal G. Al contrario di quanto preteso dall'Ufficio, la documentazione bancaria non costituisce l'unica prova della disponibilità della provvista con cui affrontare le spese, essendo invece idonea e sufficiente una documentazione che sostenga, con elementi certi o anche indiziari, purchè gravi, precisi e concordanti, la disponibilità di mezzi economici che spieghino e giustifichino la manifestazione di spesa del contribuente.
A tal fine la scrittura privata offerta all'Amministrazione finanziaria, attestante la stipula di un contratto di mutuo, con consequenziale insorgenza di obbligazioni tra mutuante e mutuataria, non solo non è stata disconosciuta dall'Agenzia, ma ha costituito essa stessa il fondamento per un ulteriore accertamento nei confronti di G. ai fini dell'imposta di registro.
Ciò evidenzia la rilevanza attribuita a tale documento dalla stessa Amministrazione, che non può poi negarne valore ai fini della dimostrazione, indiziaria, della disponibilità da parte della P.della provvista idonea ad affrontare gli acquisti immobiliari successivamente avvenuti, i cui importi assorbono la gran parte del maggior reddito contestato alla contribuente. Trovano fondamento anche il quinto ed il sesto motivo, che possono parimenti trattarsi unitariamente perché, sotto il profilo del vizio motivazionale e dell'errore di diritto, denunciano l'omesso esame e l'erroneo governo delle prove, con riguardo al silenzio tenuto dal giudice regionale sulla disponibilità dell'ulteriore importo di euro 85.607,78, allegato e mai contestato dalla Agenzia e tenuto nel conto corrente intestato alla P.. Trattasi in particolare di una ulteriore provvista della contribuente, la quale, unitamente all'entità del mutuo di euro 230.000,00 contratto in occasione dell'acquisto dei due immobili, ed al finanziamento ricevuto dal G., compone le provviste complessive, la cui disponibilità è stata addotta dalla contribuente a giustificazione delle spese sostenute per gli incrementi immobiliari e per la gestione dei beni mobiliari e immobiliari.
L'accoglimento dei motivi sino al sesto assorbe il settimo e l'ottavo.
In conclusione il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della sentenza e rinvio del giudizio alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, che in diversa composizione provvederà a liquidare le spese del giudizio di legittimità e ad esaminare tutti gli elementi allegati dalle parti, tenendo conto dei principi di diritto enucleati ai fini del governo delle prove in tema di accertamento sintetico, secondo quanto esposto.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi sei motivi di ricorso, assorbiti il settimo e l'ottavo. Cassa la sentenza e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, che in diversa composizione provvederà anche alla liquidazione delle spese processuali del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, il giorno 18 dicembre 2019
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