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Agenti immobiliari, movimentazioni bancarie e provvigioni ritenute sottocosto: quando l’accertamento fiscale si basa su elementi generici

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Agenti immobiliari, movimentazioni bancarie e provvigioni ritenute sottocosto: quando l’accertamento fiscale si basa su elementi generici

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La carriera di agente immobiliare continua a sortire un grande interesse, anche da parte dei più giovani.

Resistita alla fase di contingenza economica e di contrazione del mercato immobiliare, questa professione dedita all’attività di intermediazione e negoziazione, ha lo scopo di mettere in relazione coloro che offrono sul mercato immobili di qualsiasi tipo e coloro che stanno cercando immobili da acquistare o locare.

Sostanzialmente l’attività di mediazione immobiliare comprende due principali attività: l’acquisizione del mandato per la vendita o la locazione di un immobile e la conclusione del contratto di compravendita o locazione.

Tuttavia, sempre più spesso, l’agente immobiliare svolge anche attività parallele e connesse all’intermediazione vera e propria diventando un vero e proprio consulente immobiliare. L’agente, infatti, supporta i clienti anche nell’attività di valutazione e stima degli immobili, verifica e controllo delle diverse certificazioni e documenti, ecc.

Tradizionalmente quella dell’agente è considerata un’attività mediamente remunerata, con alcuni picchi per gli agenti che si occupano solamente degli immobili più prestigiosi. I proventi dell’agente immobiliare derivano, quindi dagli affari conclusi aventi ad oggetto la vendita o la locazione di immobili o derivanti dalla gestione diretta di locali affidati dalla clientela per affitti di tipo temporaneo.

Nella realtà italiana gli agenti immobiliari operano prevalentemente per il tramite di agenzie di media dimensione che offrono servizi in maggioranza ad una clientela privata. Si tratta, per lo più, di società semplici o di fatto e di ditte individuali di piccole/ dimensioni.

Tra le principali accuse di evasione fiscale legate all’attività di agente immobiliare vi è quella relativa alla omessa o parziale certificazione delle prestazioni rese. Insomma, il fisco ritiene che l’agente immobiliare occulti, in tutto o in parte, i ricavi conseguiti, dichiarando un volume d’affari completamente diverso da quello che appare. In sostanza l’accusa è quella dell’omessa fatturazione, della sottofatturazione o, addirittura, di orchestrare delle compravendite con finalità speculative.

Nella categoria, inoltre, si riscontrano soggetti che svolgono abusivamente la professione, spesso senza possedere la partita IVA ovvero utilizzando una partita IVA riferita a codice attività differente.

Tuttavia, è bene precisare che i controlli documentali diretti alla ricostruzione delle prestazioni effettivamente rese e all’individuazione delle componenti positive e negative di reddito non rispecchiano sempre la realtà.

Accade, non di rado, che l’indagine finanziaria venga svolta in presenza di indizi di evasione, ovvero qualora permanga un significativo divario tra il volume d’affari ed i redditi accertati, anche in presenza di scritture contabili regolari e lineari.

Per tali ragioni, l’attività accertativa posta in essere dall'Amministrazione finanziaria e basata sugli studi di settore (oggi ISA) potrebbe sfociare in accertamenti poco motivati e pertinenti, che non tengono sufficientemente conto della concreta situazione.

Anche perché accade che, chi svolge l’attività di agente immobiliare lo faccia part time, e svolga contemporaneamente anche un altro incarico o lavoro.

La principale voce oggetto di accertamento riguarda quindi le provvigioni praticate che, nei casi di ricostruzione induttiva dei ricavi, si basa sull’esame della documentazione pervenute, quali lettere di incarico, appunti, sconti applicati, ecc. Tuttavia, per determinare in maniera veritiera il fatturato conseguito, sarebbe determinante assicurare il contraddittorio con la parte e la verbalizzazione puntuale di quanto dichiarato. Cosa che non sempre accade.

Si tenga conto, inoltre, che l’agente immobiliare può ricevere un compenso sia da parte dell’acquirente che da parte del venditore, anche se vi sono casi in cui le provvigioni sono dovute da un solo contraente. Anche per tali motivi e specie nei casi in cui tale informazione non risulti chiaramente dalla documentazione rintracciata nel corso dell’accesso o esibita dall’agente, bisognerebbe operare un approfondimento, non sempre espletato dagli organi di controllo.

Per tutti questi motivi i contenziosi instaurati tra Agenzia delle Entrate ed agenti immobiliari possono portare ad esiti diversi da quelli oggetto di accertamento fiscale.

Questo è quello che si è verificato nei seguenti casi.

Corte di Cassazione, V Sez. Civile, sentenza n. 19568 del 24 luglio 2018

Questa vicenda ha preso avvio da un’indagine fiscale avviata dall’Agenzia delle Entrate terminata con un atto impositivo e basata sull’ esame della movimentazione bancaria di quattro conti correnti intestati al contribuente, esercente l’attività di agente immobiliare, ed anche al suo coniuge. Da tali movimenti, infatti, si desumeva un suo maggior reddito rispetto a quello dichiarato.

Il contribuente, dal suo canto, ha contestato le risultanze dell’Amministrazione Finanziaria precisando che solo una parte delle somme oggetto dei versamenti bancari era riferito a provvigioni inerenti alla sua attività di agente immobiliare. Gli altri importi, invece, si riferivano ai canoni

di locazione riscossi dall’agente in nome e per conto dei locatori nonché ai compensi relativi a spese di pulizia eseguite dal coniuge, titolare di una sua autonoma attività di impresa.

La Cassazione ha così dato ragione alle argomentazioni dimostrate dal contribuente ritenendo sussistenti i costi sostenuti per canoni e servizi.

Corte di Cassazione, V Sez. Civile, sentenza n. 6869 del 11 marzo 2020

Questa vicenda ha preso avvio da un avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate, a seguito delle indagini bancarie svolte, aveva contestato nei confronti una contribuente esercente l’attività di agente immobiliare in contabilità semplificata un maggiore reddito imponibile. Inoltre, erano state imputate a tassazione anche alcuni costi indebitamente dedotti in relazione a presunte operazioni fittizie poste in essere dall’intermediario immobiliare.

La contribuente ha contestato immediatamente l’accertamento precisando di aver provveduto immediatamente ed in modo analitico a ricostruire la maggior parte delle movimentazioni contestate dagli accertatori. Di fronte a queste prove, tuttavia, l'Agenzia delle Entrate si era limitata a contrapporre dei motivi generici senza contestare voce per voce le operazioni contestate.

La Cassazione, così come i giudici di merito, ha avvalorato la tesi della contribuente. Ed infatti era emerso che, a fronte dei copiosi riscontri probatori di tipo documentale forniti dall’agente immobiliare l’Agenzia delle Entrate non aveva rilevato elementi concreti che fondassero i suoi assunti.

Comm. Trib. Prov. Milano, sentenza n. 152 del 04/07/2012

Di grande rilievo questa pronuncia che, anche se datata, affronta il ricorso di un contribuente esercente la professione di intermediario immobiliare il quale era stato destinatario di un avviso di accertamento con il quale l'Agenzia delle Entrate, all’esito di un controllo fiscale, accertava un maggiore reddito conseguito.

A parere degli accertatori l’avviso si fondava in primis sulla mancanza di contratti in forma scritta relativi al conferimento degli incarichi di intermediazione immobiliare. Inoltre, erano stati rilevate delle percentuali di provvigioni applicate mediamente più basse rispetto a quelle praticate nel settore.

Dal suo punto di vista, il contribuente ha precisato di non avere stipulato dei contratti in forma scritta, ma solo verbalmente. Le provvigioni venivano pagate dai clienti, solitamente solo dall’acquirente, dopo la conclusione della vendita immobiliare per il suo tramite ed erano stabilite in base al rapporto di mediazione concluso verbalmente con il cliente.

La CTP ha accolto il ricorso dell’agente immobiliare così dichiarando illegittimo l'accertamento.

A parere dei giudici, infatti il contratto di mediazione è un contratto a forma libera, e quindi non deve essere stipulato necessariamente in forma scritta ma può essere anche solo verbale. Inoltre, nella prassi accade che, per gli incarichi non in via esclusiva, le provvigioni siano concordate solo a carico esclusivo dell’acquirente immobiliare.

 

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