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Avviare un’attività di commercio al dettaglio di pesci, altri prodotti ittici e prodotti derivati è un’opportunità che, nonostante il passare del tempo, continua a dare molte soddisfazioni. I dati di vendita dimostrano come il pescivendolo di fiducia, quello che ha la sua attività nel quartiere, gode di maggior credibilità rispetto alla grande distribuzione, mantenendo un discreto flusso di clienti.
In un momento storico dove l’attenzione del consumatore è sempre più volta all'eccellenza del prodotto ed alla sua tracciabilità, le pescherie ne escono rafforzate. Il pescivendolo di zona, infatti, conoscendo la provenienza del pesce messo sul mercato, diventa sinonimo di garanzia per il consumatore che è diventato più sensibile all’origine di genuinità del prodotto.
Gli esercizi commerciali che operano in Italia sono costituti, per la maggiore, da piccoli negozi di pesce fresco, dediti quasi esclusivamente alla vendita di pesce, crostacei e molluschi freschi che acquistano presso commercianti all’ingrosso o e dai mercati generali. Nel panorama italiano non mancano neppure imprese che vendono, insieme al pesce, crostacei e molluschi freschi, anche prodotti surgelati, scatolame ed altri prodotti ittici. Si tratta generalmente di piccole attività commerciali a conduzione familiare anche se cominciano ad affacciarsi anche negozi di dimensioni grandi o, in alcuni casi, di catene che commercializzano prodotti ittici anche preparati. La forma giuridica è per la maggiore quella della ditta individuale con la presenza anche di società. Accanto ai piccoli commercianti si collocano anche attività commerciali di grandi dimensioni, con personale dipendente e un'elevata varietà di prodotti offerti. Insomma, un panorama variegato che dimostra la vivacità di un mercato ancora in fermento, nonostante sia tra i più antichi della storia.
Tuttavia, la filiera commerciale dei prodotti ittici è sottoposta, più di altri, a controlli fiscali. Essi, sono mirati, innanzitutto alla prevenzione ed eventuale repressione delle frodi in commercio, mediante accertamenti relativi a violazioni della normativa di settore in tema di etichettatura, tracciabilità e modalità di vendita. Accanto a questi si collocano i non infrequenti accertamenti in materia fiscale.
Numerosi sono infatti gli esercizi dediti a commercio di prodotti ittici sottoposti a controlli fiscali, in modo particolare in prossimità delle festività dove l’acquisto di pesce si intensifica, ma bisogna tener conto (e non sempre ciò accade come emerge dall’analisi di molte sentenze) che si tratta di un’attività stagionale dove a periodi di grandi introiti si alternano momenti di stasi anche per diversi mesi.
La principale irregolarità che viene registrata riguarda soprattutto la mancata emissione dello scontrino fiscale.
Tra le contestazioni più rilevanti vi sono quelle che riguardano la mancata dichiarazione di tutti o parte dei ricavi al fisco.
In particolare, l’accusa mossa ai commercianti di prodotti ittici in tali può essere quella di infedele dichiarazione o anche di omessa presentazione delle dichiarazioni annuali ai fini delle imposte sui redditi, dell’Iva e dell’Irap, impedendo, di conseguenza, di determinare le imposte a debito e il relativo versamento.
Ed ancora, le verifiche condotte dalla Guardia di Finanza portano talora a rilevare il mancato versamento delle ritenute fiscali operate dall'azienda su redditi di lavoro dipendente e autonomo. Insomma, contestazioni su mancata emissione di scontrini, incassi reali considerati molto maggiori di quelli dichiarati, eventuali lavoratori in nero, sono tutti temi al centro degli accertamenti condotti verso i piccoli pescivendoli di quartiere.
Peccato che molte delle irregolarità riscontrate si riferiscano a dati presunti e, quindi, non necessariamente ed indubitabilmente corrispondenti alla realtà effettiva.
I calcoli, in alcuni casi giurisprudenziali (si vedano le molte sentenze emesse al riguardo dai Giudici negli ultimi anni), furono effettuati senza consentire al contribuente un adeguato contraddittorio ed in altri addirittura senza prendere in considerazione le spese sostenute.
Non di rado vengono rilevate inoltre incongruenze (a volte solo lievi) rispetto agli studi di settore, ora Isa (Indici sintetici di affidabilità) magari a carico di commercianti che sono sempre risultati in regola e da diversi anni congrui e coerenti con i studi di settore.
Altre volte gli accertamenti sui prodotti ittici si basano sulla verifica delle percentuali di ricarico. Se vengono riscontrati delle differenze rispetto a quelle dichiarate, parte l’accertamento. Quello che, in alcuni di questi casi, non sempre è stato considerato, è che le maggiori percentuali di ricarico riscontrate possono anche non essere rappresentative dell’intero anno ma riferirsi solo a particolari periodi di picco, come le festività o la stagione estiva. Insomma, tali dati non rappresentano la realtà economica dell’impresa ma si riferiscono solo ad un arco temporale molto limitato e non si ripresentano nel resto dell’anno.
Bisogna, infatti, tenere in mente che l'attività di pescheria è fortemente influenzata dalla stagionalità. E questa circostanza dovrebbe essere correttamente enfatizzata dal contribuente (o da chi lo difende) anche in caso di eventuali contestazioni ed accertamenti.
Ecco alcune sentenze in cui i rivenditori di pesce non si sono arresi di fronte alla contestazione ed all’accertamento, hanno iniziato la battaglia processuale, incaricando un avvocato e proponendo ricorso, ed alla fine del processo i giudici gli hanno dato ragione.
Comm. Trib. Reg. per la Liguria, sentenza del 28/03/2017 n. 433
Questa vicenda - finita in giudizio - ha preso origine da una verifica fiscale eseguita presso un esercizio commerciale dedito ad attività di rivendita al dettaglio di pesce fresco, basata sulla differenza tra il prezzo di acquisto di alcune specie ittiche e il prezzo di vendita al pubblico esposto sui cartellini. In particolare, a parere dell’Agenzia il commerciante aveva applicato una percentuale di ricarico pari al 62,01%, rispetto al ricarico del 24% dichiarato negli anni precedenti. Anche per questo motivo l’Agenzia aveva rideterminato il reddito ascrivibile alla pescheria emettendo i relativi avvisi di accertamento per il recupero di maggiori imposte ritenute dovute ai fini lva e Irap ed applicando le relative sanzioni.
Il contribuente, dal suo canto, aveva dimostrato come gli accertatori avessero del tutto omesso di considerare che la percentuale di ricarico era stata determinata basandosi sui dati raccolti in una giornata estiva in località balneare fortemente turistica.
La CTR ha accolto il ricorso del contribuente ponendo anche l’attenzione su tale aspetto.
Infatti è stato affermato che l’attività di rivendita al dettaglio di pesce fresco è fortemente influenzata dalla stagionalità ed è caratterizzata da grandi oscillazioni di prezzo in relazione alla tipologia e la qualità del pescato giornaliero. Per tali motivi le percentuali di ricarico accertate in una località turistica nel corso dell’alta stagione estiva non sono rappresentative di quelle praticate durante l’arco dell’intero anno.
Comm. Trib. Reg. per la Sicilia, sentenza del 03/02/2014 n. 327
Dello stesso tenore della precedente anche la sentenza in esame che considerato illegittimo l’avviso di accertamento notificato ad un’attività commerciale, fondato sulla percentuale di ricarico.
Ad avviso della CTR, infatti, i risultati derivanti dall'applicazione delle percentuali di ricarico non possono essere considerati, da soli, quali prove certe sull’esistenza di elementi attivi non dichiarati e sottratti al fisco. Tali percentuali costituiscono unicamente degli indizi che devono essere accompagnati da ulteriori elementi probatori.
Comm. Trib. Reg. per il Lazio, sentenza del 16/01/2012 n. 38
Anche questo contenzioso ha avuto origine da un avviso di accertamento notificato ad un’esercente attività di vendita al dettaglio di pesce fresco e relativo a presunti maggiori imposte dovute ai fini IVA, IRPEF ed IRAP.
A parere del contribuente l’Agenzia delle Entrate avrebbe errato nell’adoperare i criteri di accertamento, fondati unicamente sui prezzi di vendita applicati nei mesi di gennaio e dicembre. Inoltre, l’Ufficio non avrebbe considerato il calo di peso naturale, dello sfrido e lo scarto tipico del prodotto ittico.
La CTR si esprimeva da ultimo a favore del contribuente determinando la massima secondo cui l’avere utilizzato, quale parametro di riferimento per le determinazioni matematiche, i prezzi di vendita di gennaio e dicembre, non aver debitamente valorizzato il calo di peso naturale, dello sfrido e lo scarto tipico del prodotto induce a ritenere illegittimo l’avviso di accertamento per l’attività di pescheria.
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