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L'articolo seguente prende spunto da una problematica attuale. Infatti, la realtà lavorativa italiana è sempre più in crisi e tanti giovani, e non solo, sono costretti ad andare a lavorare all'estero, in particolar modo molti scelgono di trasferirsi in Germania.
Nel momento in cui si deve procedere, però, con la dichiarazione dei redditi nasce un dubbio, ovvero se le tasse devono essere pagate o meno in Italia. Tanti sono i contribuenti che si rivolgono ad un professionista al fine di veder chiarita la propria posizione innanzi al fisco per evitare di commettere errori o di trovarsi a pagare delle sanzioni o di trovarsi, addirittura a pagare le imposte due volte. Pertanto, al fine di sciogliere i dubbi più comuni in merito a tale tematica ti consiglio di leggere quanto segue che ti consentirà di capire meglio la questione in oggetto e che cercherà di rispondere ad alcuni quesiti diffusi.
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Lavorare all'estero e posizione fiscale
I contribuenti che decidono di recarsi all'estero per motivi lavorativi, si chiedono fin da subito come devono comportarsi nel momento in cui devono provvedere alla dichiarazione dei redditi: devo pagare le tasse in Italia o no? Tuttavia, per dare una risposta è importante partire da un concetto fondamentale: la residenza fiscale.
Infatti, l'articolo 2, comma 2, del D.P.R. n. 917/86, il Testo Unico delle Imposte sui Redditi, dispone in tal modo: "Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile".
Dal seguente articolo rileva che un soggetto è considerato residente fiscalmente in Italia se è iscritto nell'anagrafe della popolazione residente per la maggior parte del periodo d’imposta (cioè, per almeno 183 giorni all’anno o 184 nel caso di mesi bisestili) o se ha nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza.
Pertanto, il luogo in cui si stabilisce la residenza pone delle differenze fiscali. Infatti, il contribuente si troverà in due situazioni differenti a seconda se risiede o meno in Italia.
A tal proposito, occorre fare la distinzione tra i soggetti che lavorano all’estero, ma risultano residenti fiscalmente in Italia, e coloro che lavorano all’estero e vi trasferiscono anche la propria residenza.
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Soggetti che lavorano all’estero, ma risultano residenti fiscalmente in Italia
Diversi soggetti che lavorano all'estero non spostano la propria residenza e pertanto sorge il dubbio se si corre il rischio della doppia imposizione.
Innanzitutto, bisogna precisare che in questi casi è preso come riferimento il principio della tassazione mondiale (principio del World Wide Taxation) sul quale si fonda il sistema tributario, ovvero i redditi, anche quelli che sono prodotti all’estero, devono essere dichiarati anche in Italia, a meno che non è disposto in modo diverso dalle disposizioni contenute nelle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni. Ad esempio, una fra queste convenzioni, è quella con la Germania firmata a Bonn 18.10.1989 e ratificata con la L. 24.11.1992, n. 459 in vigore dal 26.12.1992, la quale all'articolo 2 paragrafo 3 precisa a quali imposte tale Convenzione si applica, ovvero:" Le imposte attuali cui si applica la Convenzione sono: a) per quanto concerne la Repubblica italiana: i) l'imposta sul reddito delle persone fisiche; ii) l'imposta sul reddito delle persone giuridiche; iii) l'imposta locale sui redditi, ancorché riscosse mediante ritenuta alla fonte (qui di seguito indicate quali "imposta italiana"); b) per quanto concerne la Repubblica federale di Germania: i) l'imposta sul reddito (Einkommensteuer); ii) l'imposta sulle società (Korperschaftsteuer); iii) l'imposta sul patrimonio (Vermogensteuer); iv) l'imposta sulle attività commerciali, industriali e artigianali (Gewerbesteuer); v) l'imposta fondiaria (Grundsteuer)", o ancora all'articolo 4 si sofferma proprio sul concetto di residenza che come detto riveste un ruolo importante nel sistema fiscale.
Queste convenzioni sono di fondamentale importanza poiché non hanno solo lo scopo di evitare le doppie imposizioni ma mirano anche a colpire l’evasione e l’elusione fiscale.
Inoltre, è prevista la possibilità di evitare la doppia tassazione mediante quanto indicato nell'art 165 del TUIR, ossia in diverse ipotesi si possono detrarre dalle imposte italiane quelle che sono state già pagate nello stato estero. Precisamente l'articolo citato così recita: “Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all'estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall'imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d'imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all'estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d'imposta ammesse in diminuzione”.
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Soggetti che lavorano all’estero e vi trasferiscono anche la propria residenza
Invece, quando il soggetto decide di trasferire anche la propria residenza nel paese estero in cui va a lavorare, pagherà le relative tasse nel corrispondente paese estero di residenza in virtù della residenza fiscale. Si sottolinea che il cittadino deve provvedere oltre a trasferire la propria residenza all’estero e quindi cancellarsi dall’Anagrafe della Popolazione Residente, anche ad iscriversi nell’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) ed avere anche il proprio domicilio nel Paese estero.
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AIRE: iscrizione degli italiani residenti all'estero
Coloro che decidono di trasferirsi all'estero per un periodo superiore ad un anno devono iscriversi all'Aire, che è l’anagrafe dei cittadini italiani residenti all’estero, istituita con legge 27 ottobre 1988, n. 470. Non è previsto tale obbligo per coloro che si trasferiscono per un periodo inferiore a 12 mesi.
I cittadini italiani che trasferiscono la propria residenza all'estero devono iscriversi all'A.I.R.E., iscrizione che è effettuata dopo la dichiarazione resa dall’interessato all’Ufficio consolare competente per territorio entro 90 giorni dal trasferimento della residenza. Si ricorda che l'iscrizione all'Aire è gratuita. Inoltre, è possibile anche che si verifichi l’iscrizione d’ufficio, quando l’Ufficio consolare sia venuto a conoscenza di determinate informazioni.
Da un punto di vista fiscale, tale iscrizione è rilevante in quanto permette al soggetto italiano all’estero di pagare le tasse direttamente nel Paese estero.
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Se anche tu hai deciso di trasferirti a lavorare all'estero ma ancora continui ad avere dei dubbi in merito la tua posizione fiscale, contatta un professionista specializzato per evitare di avere brutte sorprese. D'altronde oltre a non poter riassumere una tematica così complessa in poche righe, non si può generalizzare ed ogni caso va analizzato. Inoltre, non è poi neanche così facile capire subito quale sia il sistema di tassazione dei redditi percepiti all’estero da soggetti italiani poiché devono essere presi in considerazione molteplici aspetti e le stesse regole possono essere differenti a seconda dei singoli casi personali.
Le informazioni sopra riportate sono state scritte da un avvocato che collabora con professionisti del nostro studio ma la loro rispondenza al sistema vigente non è garantita da DLP Studio Tributario, né nessuno dei suoi avvocati, né nessun altro, non rispecchia la professionalità media di DLP Studio Tributario e non sono state sottoposte ad ulteriori controlli da parte del nostro studio.
Ulteriori approfondimenti sono comunque dovuti in dipendenza delle specificità dei singoli casi concreti, anche (ma non solo) per verificare che le informazioni siano aggiornate al momento in cui servono.
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