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L’avviso di accertamento conteneva pretese non provate dall’Agenzia delle Entrate. La stessa non ha provato la fittizietà del contratto. Accertamento integralmente annullato.

L'AGENZIA DELLE ENTRATE AVREBBE DOVUTO IMPUGNARE IN MANIERA AUTONOMA E DISTINTA LE TRE RATIONES DECIDENDI.  L'UFFICIO CONDANNATO AL PAGAMENTO DELLE SPESE

Estratto: “Nel caso di specie l'Ufficio risulta avere omesso di procedere a(...)verifica con riferimento alla documentazione allegata all'istanza di autotutela proposta dalla contribuente per contestare l'accertamento, comprensiva del bilancio di esercizio della società conduttrice S.P.D. srl regolarmente depositato, costituente un ulteriore elemento atto a suffragare, valutato nel contesto degli altri elementi precisi e concordanti, la rilevanza probatoria e l'efficacia ai fini fiscali dell'intervenuto accordo di riduzione del canone di locazione”.

Estratto: “In realtà, il metodo, per come applicato, risulta oggettivamente avulso e disancorato dalle effettive circostanze fattuali, presupposto della fattispecie concreta, come dedotte dalle parti, limitandosi l'Ufficio ad affermare di averle considerate, affermazione priva della concreta dimostrazione e comunque smentita dalla lettura del contenuto dell'atto di rettifica e liquidazione. In altri termini, è corretto affermare, come rileva la sentenza impugnata, che l'Ufficio ha erroneamente impiegato una metodologia basata sul solo fatturato, applicando ad esso una percentuale astratta ed uniforme del 20%, che trascura gli elementi differenziali dei 4 punti vendita in esame, senza tenere in considerazione la incidenza dei costi e quindi la situazione reddituale, che caratterizza l'azienda oggetto di valutazione”.

Estratto: “Questa Corte, in relazione a fattispecie similari, ha già avuto occasione di affermare (Cass. n. 22176 del 2015; Cass. n. 26045 del 2016; Cass. n. 30810 del 2017) che l'accentramento presso un unico ufficio doganale delle pratiche relative alla revisione degli accertamenti effettuati da uffici diversi è possibile, in base ad un'interpretazione estensiva dell'art. 6 del d.P.R. n. 43 del 1973, solo in presenza di un apposito e motivato provvedimento del capo dell'unità territoriale sovraordinata, trattandosi di deroga al criterio generale secondo cui per l'accertamento delle violazioni doganali è territorialmente competente l'autorità presso la quale è sorta l'obbligazione tributaria”.

Estratto: “competente territorialmente alla revisione dell'accertamento divenuto definitivo è la dogana presso la quale è sorta l'obbligazione tributaria, ossia quella dove si sono svolte le operazioni di importazione, con conseguente annullabilità dell'atto impositivo adottato dall'Ufficio territorialmente incompetente (…) nel sistema di accertamento delle violazioni doganali, delineato dal d.P.R. n. 43 del 1973, dal d.lgs. n. 374 del 1990 (ante modifiche introdotte dall'art. 9, comma 3-decies, del d.l. n. 16 del 2012) e dal Reg. (CEE) n. 2913/92 (applicabili ratione temporis), territorialmente competente alla rettifica è, a pena di annullabilità dell'atto impositivo, la dogana presso la quale è sorta l'obbligazione tributaria, ossia quella presso la quale si sono svolte le operazioni di importazione, tanto che trattasi di avviso emesso nei confronti del rappresentante (indiretto) dell'importatore quanto di avviso emesso nei confronti del rappresentato”.

Estratto: “in punto di diritto, si osserva, in fatto, che dalla lettura dell'avviso di liquidazione emerge che l'Ufficio indica solo: il numero dell'atto «sentenza civile n. XXX», la controparte «xxx spa» e una serie di tre codici, 109T,806T, 964t, con a fianco la somma da corrispondere ad ogni titolo. Non viene indicata la base impositiva, né l'aliquota applicata per l'imposta. Non vengono neppure indicati gli articoli di riferimento del dpr 131/86. Ciò basta per rigettare l'appello” (dell’Agenzia delle Entrate - NDR)”.