Estratto: “l'avviso di accertamento contiene riferimenti assolutamente generici all'esistenza di ricavi non congrui rispetto a quelli giudicati ammissibili, senza alcuna concreta indicazione né evidenza della misura dei ricavi dichiarati rispetto a quella desumibile attraverso il richiamo, nei termini sopra precisati, a studi di settore non meglio specificati nei fondamentali parametri di riferimento. In tale prospettiva, non resta che concludere che la presunta antieconomicità risulta meramente affermata e non realmente riscontrata sulla base degli elementi adottati dall'Ufficio accertatore, atteso che l'estremamente ridotto margine di scostamento fra ricarico dichiarato e ricarico ritenuto congruo - pari soltanto allo 0,16% e tale da determinare una "forbice" di appena 1'8% fra i ricavi dichiarati e quelli accertati - non consente in alcun modo di configurare quei livelli di macroscopicità, abnormità ed irragionevolezza indispensabili per rendere complessivamente inattendibile la documentazione contabile e da giustificare l'accertamento in via analitico-induttiva (cfr., altresì, Sez. 5, n. 9084 del 07/04/2017, Rv. 643626- 01) Nel medesimo senso, è da sottolinearsi che il riferimento alla bassa redditività rispetto al volume d'affari realizzato, derivante dal costo del personale ritenuto molto elevato, con risultato reddituale scarso, non configura un autonomo piano dell'accertamento, posto che tale conclusione valutativa rappresenta pur sempre l'effetto dello scostamento della percentuale di ricarico ritenuta applicabile”.
Massima: “L'utilizzo da parte del contribuente di una percentuale di ricarico diversa da quella indicata negli studi di settore, in presenza di una contabilità regolarmente tenuta, non costituisce da sola una circostanza grave, precisa e concordante idonea a fondare un accertamento. Inoltre occorre valutare la situazione concreta in cui il contribuente opera, senza considerare solo l'indice di reddittività media del settore. Nel caso di specie, ad una società, con contabilità regolare, veniva notificato un avviso di accertamento ai fini IVA e delle imposte dirette con il quale si contestava l'omessa contabilizzazione di corrispettivi e l'illegittima detrazione di costi, e venivano ricalcolati i ricavi in base ad una percentuale di ricarico indicata negli studi di settore di categoria, con rideterminazione induttiva del reddito. In presenza di una regolarità contabile non è sufficiente per l'accertamento di un maggior reddito la sola applicazione da parte del contribuente di una percentuale di ricarico diversa da quella risultante dagli studi di settore in quanto quest'ultima non costituisce in ogni caso un fatto noto sul quale fondare poi la pretesa, ma solo un dato statistico inidoneo da solo ad integrare gli estremi di una prova anche solo presuntiva. Occorrono infatti altri elementi per contestare l'attendibilità della dichiarazione del contribuente, i quali devono consistere in circostanze gravi, precise e concordanti”.